...se voi pensate che la rivolta maoista è confinata nelle lontane zone del Bihar, Chhattisgarh e Jharkhand, è bene che cambiate idea...
Le organizzazioni dei maoisti sono "infiltrate" nei sindacati e nelle organizzazioni operaie a New Delhi e nella regione capitale nazionale; anzi New Delhi stà emergendo come la maggiore base urbana della estrema sinistra maoista... nonostante le organizzazioni di Fronte del PCI maoista siano state messi fuorilegge, i loro militanti sono molto attivi in tutta la capitale.
In particolare sono attivi e si estendono nelle città operaie satelliti di New delhi come Gurgaon e Ghaziabad... esiste una attività pianificata con l'obiettivo di diventare sempre più parte delle associazioni operaie e di guidarle verso azioni sempre più dure e proteste violente.
Il fronte democratico rivoluzionario Revolutionary Democratic Front è penetrato in vari socialforum, organizzazioni sindacali e gruppi operai che lottano contro l'impoverimento sociale e li indirizza verso azioni violente contro la classe dominante, e non si tratta di gruppi studenteschi come quelli del CPI (M-L), la penetrazione dei maoisti è molto più larga e radicata clandestinamente nei settori operai e popolari.
E' stata lanciata con successo ad esempio una campagna contro 'la violenza di casta'.
E ora sono 11 i distretti di New Delhi in cui i maoisti agiscono... Central, South, New Delhi, North-West, North, South-West and North East.
Inoltre si estendono in stati come Punjab, Haryana and Rajasthan.
La loro azione comincia con distribuzione di volantini e materiale di propaganda marxista-leninista-maoista, ma prosegue con l'organizzazione di concrentramenti e infine in manifestazioni di lotta che diventano sempre più violente. La strategia maoista è di creare basi urbane in città... in particolare hanno giocato un ruolo importante nelle proteste degli operai della MARUTI nell'ultimo anno e spinto verso scioperi violenti di questi operai.
A questo va aggiunto la crescente penetrazione nel movimento anticorruzione guidato da Anna Hazare e nelle grandi proteste pubbliche del movimento delle donne dopo lo stupro di gruppo del 16 dicembre....
notizie uscite anche sulla stampa italiana
"Scontri violentissimi si stanno verificando in India, nello stabilimento di Manesar, a circa 50 chilometri da Nuova Delhi, del colosso Maruti Suzuki. I lavoratori stanno mettendo a ferro e fuoco la fabbrica, nella quale è stato appiccato un incendio di vaste dimensioni. Nel corso della rivolta è stato ucciso il direttore del personale, Avnish Kumar Dev, e sono rimasti feriti mille dirigenti oltre a nove poliziotti.
Versioni contrastanti. In un comunicato, la Maruti Suzuki, ha descritto Dev come un responsabile "profondamente coinvolto nelle cordiali relazioni industriali" e ha denunciato la violenza raccapricciante che non è giustificabile con problemi legati alle "relazioni industriali", ai salari o alle condizioni di lavoro. Secondo il Gruppo i disordini sono scoppiati mercoledì mattina, quando un dipendente avrebbe colpito con violenza un caporeparto. Successivamente i dipendenti armati di spranghe hanno poi colpito alcuni responsabili "alla testa, alle gambe e alla schiena, provocando emorragie e svenimenti".
Vertenza su salari e pensioni. Totalmente opposta la versione del sindacato dei lavoratori Ram Meher, secondo il quale sarebbe stato un supervisore a maltrattare un lavoratore, sospeso poi dopo la presentazione di una denuncia contro il superiore. Questo fatto avrebbe causato diversi attriti tra dirigenza e operai; mentre si tentava una risoluzione pacifica, la "società chiamava centinaia di buttafuori sul suo libro paga per attaccare i lavoratori e sottometterli". Alla radice del clima di forte tensione, tuttavia, ci sarebbero forti controversie tra la dirigenza della Maruti Suzuki e gli operai su pensioni e salari. Una vertenza che si protrae dall'anno scorso.
Marcia degli operai della Maruti Suzuki attaccata dalla polizia
Il
19 maggio i lavoratori della Maruti Suzuki, stabilimento collocato nel
nord dell’India, hanno lanciato una giornata di mobilitazione per
chiedere il reinserimento di 546 operai a tempo indeterminato e più di
1800 operai a tempo determinato, licenziati a luglio poiché avevano
costituito Maruti Suzuki Workers Union, il primo sindacato a essere
entrato in fabbrica e composto dagli stessi operai. Inoltre, i
lavoratori chiedevano l’immediato rilascio di 147 lavoratori arrestati
in precedenza con false accuse di essere responsabili di un incidente
sul posto di lavoro che ha portato alla morte di una persona.
L’obiettivo della giornata del 19 era di andare sotto la residenza del
ministro dell’Industria e dell’Economia dello stato di Haryana, Randip
Singh Surjewala. Già dal giorno prima, il governo della Haryana ha
imposto un coprifuoco per impedire a migliaia di sostenitori della lotta
dentro la Suzuki di raggiungere il concentramento del presidio, la
cittadina di Kaithal è stata completamente militarizzata, la stazione
ferroviaria e le fermate dei bus costantemente controllate. In tarda
serata, sono stati arrestati 96 attivisti che hanno tentato di violare
il coprifuoco e in seguito, alle prime ore del mattino, la polizia ha
arrestato altri 4 lavoratori. Nonostante questi provvedimenti, il 19
maggio i lavoratori e altri circa 1500 attivisti si sono messi in marcia
verso la residenza del ministro, richiedendo anche l’immediato rilascio
delle persone arrestate la sera prima. Poco dopo, le forze dell’ordine
hanno caricato da più lati e a più riprese, hanno tirato lacrimogeni e
attivato l’idrante per disperdere la folla. Durante questa brutale
operazione sono stati feriti diversi manifestanti, alcuni sono stati
portati all’ospedale a causa delle ferite riportate e sono stati
arrestati altri 11 attivisti.
La Maruti Suzuki ha una capacità di produzione di 550.000 veicoli l’anno ed è una delle aziende primarie della zona. Allo stesso tempo, le condizioni di lavoro nella fabbrica sono molto dure: gli orari lavorativi sono molto lunghi ed estenuanti, le pause corte e rare, gli incarichi monotoni e le misure di tutela della salute e della sicurezza esigue. Inoltre a luglio dell’anno scorso, un responsabile ha insultato pesantemente e minacciato con il licenziamento un lavoratore Dalit (casta degli Intoccabili), scatenando scontri tra le guardie della fabbrica e i lavoratori; in quest’occasione sono state ferite più di centro persone e una grande parte della fabbrica ha preso fuoco. A partire da questo episodio, i lavoratori hanno costruito giornate di mobilitazioni, manifestazioni, presidi e scioperi della fame per chiedere il miglioramento delle condizioni di lavoro. Da parte sua, il governo della Haryana, che ha perennemente strizzato l’occhio ai padroni e ai responsabili della fabbrica, si è sempre girato dall’altra parte o ha cercato di reprimere la rabbia dei lavoratori con manganelli, lacrimogeni e arresti su arresti. Dopo la giornata del 19 maggio, gli operai della Maruti hanno dichiarato che la loro battaglia per avere maggiore sicurezza sul lavoro e per ottenere il reinserimento dei colleghi licenziati e il rilascio degli attivisti arrestati continuerà con ancora maggiore tenacia e determinazione.
La Maruti Suzuki ha una capacità di produzione di 550.000 veicoli l’anno ed è una delle aziende primarie della zona. Allo stesso tempo, le condizioni di lavoro nella fabbrica sono molto dure: gli orari lavorativi sono molto lunghi ed estenuanti, le pause corte e rare, gli incarichi monotoni e le misure di tutela della salute e della sicurezza esigue. Inoltre a luglio dell’anno scorso, un responsabile ha insultato pesantemente e minacciato con il licenziamento un lavoratore Dalit (casta degli Intoccabili), scatenando scontri tra le guardie della fabbrica e i lavoratori; in quest’occasione sono state ferite più di centro persone e una grande parte della fabbrica ha preso fuoco. A partire da questo episodio, i lavoratori hanno costruito giornate di mobilitazioni, manifestazioni, presidi e scioperi della fame per chiedere il miglioramento delle condizioni di lavoro. Da parte sua, il governo della Haryana, che ha perennemente strizzato l’occhio ai padroni e ai responsabili della fabbrica, si è sempre girato dall’altra parte o ha cercato di reprimere la rabbia dei lavoratori con manganelli, lacrimogeni e arresti su arresti. Dopo la giornata del 19 maggio, gli operai della Maruti hanno dichiarato che la loro battaglia per avere maggiore sicurezza sul lavoro e per ottenere il reinserimento dei colleghi licenziati e il rilascio degli attivisti arrestati continuerà con ancora maggiore tenacia e determinazione.
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