Uno studente di un'università di Istanbul racconta
le incredibili violenze subite da lui e da altri giovani arrestati
durante le manifestazioni contro il regime dell'Akp. Una "Bolzaneto"
all'ennesima potenza.
Più del 90% delle centinaia di migliaia di manifestanti
anti-governativi in Turchia, rivela uno studio, é sceso in piazza per
denunciare la svolta autoritaria di Recep Tayyip Erdogan e del suo
governo, la deriva islamista del paese, e le feroci violenze della
polizia contro le prime proteste. Da tutto il mondo sono piovute
reazioni di sdegno e condanna davanti alle durissime immagini della
repressione. Dall'inizio della protesta almeno tre manifestanti sono
stati uccisi (fonti dell'opposizione fanno lievitare il numero delle
vittime a 6), 5mila feriti. Il quotidiano Hurriyet ora ha pubblicato la testimonianza di uno studente dell'università del Bosforo, che ha raccontato con la terribile esperienza del suo arresto a Istanbul. ''Ero alle nove di sera su Barbaros Sokak, a Besiktas. Non facevo niente, non gridavo slogan, non buttavo pietre. Appena mi hanno visto mi hanno afferrato. E sono scivolato nell'inferno'', racconta Erkan. ''Ogni poliziotto presente ha iniziato a prendermi a calci e pugni. Per 150 metri, fino al bus della polizia, tutti mi hanno picchiato, maledetto, insultato: 'puttana tua madre', 'figlio di puttana'. Non finivano mai. Stavano per mettermi nel bus, altri agenti hanno chiamato: 'portatecelo qui'. Mi hanno di nuovo picchiato dietro al bus. Ho saputo poi il perche': li' non potevano arrivare le telecamere''. ''All'interno le luci erano spente. Ho sentita la vocetta di una ragazza che supplicava: 'non ho fatto nulla, signore'. Continuavano a percuotermi, nel buio potevo solo cercare di proteggermi la testa''. ''Intanto picchiavano la ragazza, che stava soffocando. Un agente in borghese, di nome Ismail, le ha detto esattamente questo: 'ti sbatto per terra e ti violento, ora'. La risposta della ragazza, con un filo di voce, ci ha spezzato il cuore: 'si', signore' ''. ''Subito dopo ci hanno costretto, con altri tre arrestati, a gridare, tra una pioggia di botte: 'Amo la polizia! Amo il mio paese!'. Urlavano: 'piu' forte, piu' forte!', ci picchiavano, ci insultavano''. ''Hanno portato un altro ragazzo. Aveva il naso rotto. Mi ha detto che due lo tenevano mentre un terzo lo picchiava''. ''Poi é arrivato un altro giovane. Mustafa, dell'Università del Bosforo. Venti agenti lo avevano attaccato. Non stava in piedi. Nel bus lo hanno ancora colpito alla testa con un casco. Non bastava. Gli hanno sbattuto il capo contro il finestrino. Perdeva sangue dalla testa. Era ammanettato. Hanno continuato a picchiarlo''. Alla fine sono stati portati al commissariato, dove li attendevano gli avvocati mandati dagli altri manifestanti. ''I poliziotti hanno cominciato a parlarci educatamente''. La giornalista di Hurriyet Belgin Tan avverte. ''Sapete che cosa succedera' ora? Erkan sara' intimidito con una infinita' di denunce dei poliziotti, che diranno che lui li ha attaccati. Il procuratore dara' la priorita' alle loro denunce. Erkan e gli altri ragazzi del bus che confermeranno il suo racconto saranno dichiarati colpevoli e condannati''.
E' la prima volta che un quotidiano turco pubblica in maniera così dettagliate le minacce e le violenze subite da alcuni manifestanti caduti nelle maglie delle forze di sicurezza. Un tale comportamento è abituale da parte della polizia turca ed era adottato anche prima dell'esplosione della protesta popolare e di massa che da più di una settimana ha occupato le piazze turche. Solo che prima sia la stampa turca sia quella internazionale preferiva guardare da un'altra parte. Come quando la tv turca Cnn invece di trasmettere le immagini della violenta repressione contro i manifestanti nel centro di Istanbul, il fine settimana scorso, trasmise un documentario. Sui pinguini...
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