L'indagine
Bambini al lavoro: in Italia sono 260mila
Lo sfruttamento del lavoro minorile è un fenomeno ancora presente e radicato nel paese. Secondo un'indagine di Save the children e Fondazione Di Vittorio, oltre il 5% degli under 16 lavora, molto spesso all'interno della stessa famiglia
di rassegna.it
Lo sfruttamento del lavoro minorile è ancora una realtà radicata e diffusa in Italia. Lo testimonia l'indagine realizzata dall'Associazione Bruno Trentin e da Save the Children, e presentata oggi (11 giugno) a Roma alla vigilia della Giornata Mondiale Contro il Lavoro Minorile 2013. Un lavoro basato su 2mila interviste a minori iscritti al biennio della scuola secondaria superiore in 15 province campione e in 75 scuole campione.
Nel nostro Paese sono 260.000, più di 1 su 20, i minori sotto i 16 anni (il 5,2% del totale nella fascia di età 7-15 anni) coinvolti nel lavoro minorile. Si tratta – spiega il rapporto - di pre-adolescenti “costretti” a lavorare già giovanissimi a causa delle condizioni familiari, di un rapporto con la scuola che non funziona o per far fronte da soli ai loro bisogni, e sono 30.000 i 14-15enni a rischio di sfruttamento che fanno un lavoro pericoloso per la loro salute, sicurezza o integrità morale, lavorando di notte o in modo continuativo, con il rischio reale di compromettere gli studi, non avere neanche un piccolo spazio per il divertimento o mancare del riposo necessario.
A lavorare si inizia anche molto presto, prima degli 11 anni (0,3%), ma, si legge nell'indagine, è col crescere dell'età che aumenta l'incidenza del fenomeno (3% dei minori 11-13enni), per raggiungere il picco di quasi 2 su 10 (18,4%) tra i 14 e 15 anni, età di passaggio dalla scuola media a quella superiore, nella quale si materializza in Italia uno dei tassi di abbandono scolastico più elevati d'Europa (18,2% contro una media EU27 del 15%).
Il lavoro minorile non fa differenze di genere (il 46% dei minori 14-15enni che lavorano sono femmine). Le esperienze di lavoro dei minori tra i 14 e 15 anni sono in buona parte occasionali (40%), ma 1 su 4 lavora per periodi fino ad un anno e c'e' chi supera le 5 ore di lavoro quotidiano (24%). La cerchia familiare è l'ambito nel quale si svolgono la maggior parte delle attività.
Per il 41% dei minori si tratta infatti di un lavoro nelle mini o micro imprese di famiglia, 1 su 3 si dedica ai lavori domestici continuativi per più ore al giorno, anche in conflitto con l'orario scolastico, più di 1 su 10 lavora presso attività condotte da parenti o amici, ma esiste un 14% di minori che presta la propria opera a persone estranee all'ambito familiare. Meno della metà dei minori che lavorano tra i 14 e 15 anni dichiara di ricevere un compenso (45%), di questi solo 1 su 4 lavora all'esterno della cerchia familiare.
Tra i principali lavori svolti dai minori fuori dalle mura domestiche prevalgono quelli nel settore della ristorazione (18,7%), come il barista o il cameriere, l'aiuto in cucina, in pasticceria o nei panifici, seguito dalla vendita stanziale o ambulante (14,7%), dove si fa il commesso o toccano le pulizie, insieme al lavoro agricolo o di allevamento e maneggio degli animali (13,6%), ma non manca il lavoro in cantiere (1,5%), spesso gravoso e pieno di rischi, o quello di babysitter (4%). In ogni caso, ciò che emerge dalla ricerca partecipata qualitativa che ha coinvolto 163 minori a Napoli e Palermo, è lo scarso valore delle attività svolte da ragazze e ragazzi anche giovanissimi, che di
fatto non insegnano nulla e non possono quindi essere messe a capitale per una futura professione.
Dalle voci dei ragazzi raccolte emerge il forte legame tra lavoro minorile, disaffezione scolastica e reti familiari e sociali, che si trasforma in una vera trappola quando l'opportunità di soldi facili arriva a coinvolgere i minori in attività criminali. Tra le richieste più urgenti dei promotori, quella di un Piano nazionale sul lavoro minorile che preveda da un lato la creazione di un sistema di monitoraggio regolare del fenomeno e dall'altro le azioni da svolgere per intervenire efficacemente sulla prevenzione e sul contrasto del lavoro illegale, e in particolare delle peggiori forme di lavoro minorile.
Nel nostro Paese sono 260.000, più di 1 su 20, i minori sotto i 16 anni (il 5,2% del totale nella fascia di età 7-15 anni) coinvolti nel lavoro minorile. Si tratta – spiega il rapporto - di pre-adolescenti “costretti” a lavorare già giovanissimi a causa delle condizioni familiari, di un rapporto con la scuola che non funziona o per far fronte da soli ai loro bisogni, e sono 30.000 i 14-15enni a rischio di sfruttamento che fanno un lavoro pericoloso per la loro salute, sicurezza o integrità morale, lavorando di notte o in modo continuativo, con il rischio reale di compromettere gli studi, non avere neanche un piccolo spazio per il divertimento o mancare del riposo necessario.
A lavorare si inizia anche molto presto, prima degli 11 anni (0,3%), ma, si legge nell'indagine, è col crescere dell'età che aumenta l'incidenza del fenomeno (3% dei minori 11-13enni), per raggiungere il picco di quasi 2 su 10 (18,4%) tra i 14 e 15 anni, età di passaggio dalla scuola media a quella superiore, nella quale si materializza in Italia uno dei tassi di abbandono scolastico più elevati d'Europa (18,2% contro una media EU27 del 15%).
Per il 41% dei minori si tratta infatti di un lavoro nelle mini o micro imprese di famiglia, 1 su 3 si dedica ai lavori domestici continuativi per più ore al giorno, anche in conflitto con l'orario scolastico, più di 1 su 10 lavora presso attività condotte da parenti o amici, ma esiste un 14% di minori che presta la propria opera a persone estranee all'ambito familiare. Meno della metà dei minori che lavorano tra i 14 e 15 anni dichiara di ricevere un compenso (45%), di questi solo 1 su 4 lavora all'esterno della cerchia familiare.
Tra i principali lavori svolti dai minori fuori dalle mura domestiche prevalgono quelli nel settore della ristorazione (18,7%), come il barista o il cameriere, l'aiuto in cucina, in pasticceria o nei panifici, seguito dalla vendita stanziale o ambulante (14,7%), dove si fa il commesso o toccano le pulizie, insieme al lavoro agricolo o di allevamento e maneggio degli animali (13,6%), ma non manca il lavoro in cantiere (1,5%), spesso gravoso e pieno di rischi, o quello di babysitter (4%). In ogni caso, ciò che emerge dalla ricerca partecipata qualitativa che ha coinvolto 163 minori a Napoli e Palermo, è lo scarso valore delle attività svolte da ragazze e ragazzi anche giovanissimi, che di
fatto non insegnano nulla e non possono quindi essere messe a capitale per una futura professione.
Dalle voci dei ragazzi raccolte emerge il forte legame tra lavoro minorile, disaffezione scolastica e reti familiari e sociali, che si trasforma in una vera trappola quando l'opportunità di soldi facili arriva a coinvolgere i minori in attività criminali. Tra le richieste più urgenti dei promotori, quella di un Piano nazionale sul lavoro minorile che preveda da un lato la creazione di un sistema di monitoraggio regolare del fenomeno e dall'altro le azioni da svolgere per intervenire efficacemente sulla prevenzione e sul contrasto del lavoro illegale, e in particolare delle peggiori forme di lavoro minorile.
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Bambini: Garante per l'Infanzia:
"Poveri due milioni e mezzo di minori, servono politiche di sostengo"
(VIDEO)
Laura Eduati, L'Huffington Post | Pubblicato: 10/06/2013 11:06
CEST | Aggiornato: 10/06/2013 11:57 CEST
L'Italia non è un paese per bambini
e adolescenti. Poveri, poco competitivi a scuola e spesso in sovrappeso, i
piccoli italiani sono 11 milioni – il 17% della popolazione – e collezionano
pessime figure nelle classifiche internazionali: al ventiduesimo posto (su 29)
nella tabella Unicef sul benessere dei bimbi nei Paesi
industrializzati, al ventiquattresimo per rendimento scolastico, e
tristemente secondi nella categoria Neet che riunisce i ragazzi né in classe né al lavoro,
ovvero nullafacenti. I Neet italiani dai 15 ai 19 anni sono infatti l'11%, il
tasso più alto dopo la Spagna.
Ma a colpire sono soprattutto
le statistiche sulla povertà: il 70% dei minorenni di famiglie numerose che
nasce nelle regioni del Sud rischia di crescere con scarsi mezzi di sussistenza
e poveri lo sono – già oggi – due milioni e mezzo di bambini in tutto il
territorio nazionale, 723mila dei quali in miseria.
È un quadro davvero sconfortante
quello consegnato da Vincenzo Spadafora, garante dell'Infanzia e dell'Adolescenza, nella seconda
relazione annuale al Parlamento. Forte il rimprovero alle istituzioni per non
avere messo in campo politiche e finanziamenti a favore dei minorenni: “La
classe dirigente del Paese continua a non comprendere il valore di tali
investimenti che possono essere un antidoto per uscire dalla crisi e per non
compromettere la crescita futura”, scrive Spadafora nel documento, spiegando
come i finanziamenti dedicati alle giovanissime generazioni porterebbero “un
numero inferiore di famiglie povere da sostenere, meno sussidi per i
disoccupati, meno spese per il disagio sociale, probabilmente meno spese per i
detenuti, più lavoratori e quindi più contributi per il welfare di domani”.
Sono specialmente i bambini e
i ragazzi del Mezzogiorno a patire le conseguenze della crisi economica e della
mancanza strutturale di interventi: il 20,7% vive in una condizione di grave
deprivazione contro il 7,2% dei coetanei del Centro e del Nord. La differenza è
anche nell'alimentazione e nelle attività pomeridiane: oltre il 37% dei minori
del Sud non pratica alcuna attività fisica (contro il 17,1 del Nord e il 25 del
Centro) e come conseguenza un bambino su tre risulta in sovrappeso (il dato
nazionale è uno su quattro), ma sono quelli a mangiare giornalmente più frutta
e verdura (24,2%). I ragazzi settentrionali invece sperimentano maggiormente il
binge-drinking ovvero il bere forsennato per ubriacarsi (1,8%) e, in generale,
quasi un adolescente su dieci fuma.
Non mancano dati positivi:
l'Italia è il sesto Paese per tasso di iscrizione alle scuole materne, le
adolescenti italiane sono poco inclini a rimanere incinta rispetto alle
coetanee delle altre nazioni ricche e la mortalità infantile è minima. I
ragazzi italiani amano poi leggere, molto più degli adulti: il 57% dichiara di
aver letto uno o più libri.
Questo però, sottolinea
Spadafora, non può bastare. E nella giornata di invita ad una riflessione sulle
riforme urgenti per migliorare la vita dei bambini e degli adolescenti. In
primo luogo la concessione della cittadinanza italiana ai minori stranieri
(710mila iscritti nell'anno scolastico 2010/2011) e una seria riforma della
giustizia minorile sull'affido, le adozioni e la gestione del conflitto tra
genitori divorziati quando arrivano a contendersi i figli– stimolo che
coinvolgerà direttamente la ministra della Giustizia Annamaria Cancellieri,
presente alla relazione. E poi gli ostacoli che oramai toccano moltissimi studenti:
i rischi dell'edilizia scolastica, l'abbandono della scuola e il cyberbullismo.
Con una pesante nota a margine ovvero l'estrema difficoltà causata dai ritardi
della politica che il garante, scrive nell'introduzione Spadafora, ha
incontrato fin dal suo insediamento nel 2011: un regolamento entrato in vigore
soltanto a fine 2012, risorse al lumicino e sostanzialmente “una
discriminazione” da parte dei governanti.
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