Smaltire 175mila tonnellate di
reflui chimici in area urbana? In Lombardia forse si può
La Regione è chiamata a esprimersi sul progetto
presentato dalla società israeliana Elcon, che intende trattare rifiuti
farmaceutici e industriali "con un metodo innovativo", adeguando un
impianto già esistente a Castellanza (Varese). Si mobilitano comitati di
cittadini: "Non ci sono garanzie sulle emissioni, il fatto che l'area sia
già inquinata non significa che si debba infierire". I Comuni della zona
si oppongono, ma i partiti di centrodestra, che guidano la città e il
Pirellone, restano freddi e non lo escludono
E’ a meno di
venti chilometri dalla sede di Expo 2015, dove si discuterà di
alimentazione sana, acqua potabile, prevenzione di malattie e stili di vita
sostenibili. Eppure per Castellanza, cittadina al confine tra le
province di Varese e Milano, il futuro si gioca molto prima. Entro un
mese Regione Lombardia dovrà decidere se dare il definitivo via
libera all’insediamento di un polo industriale pensato per smaltire reflui
chimici e farmaceutici. Un’industria che accoglierà ogni anno 175mila
tonnellate di rifiuti classificati come “pericolosi” prodotti nel nord
Italia (ma il collegamento ferroviario già esistente con un interporto potrebbe
allargare gli orizzonti) “restituendo all’ambiente circostante - secondo
chi si oppone al progetto – liquidi, fanghi, fumi derivanti dal processo di
lavorazione”. In una zona, quella dell’altomilanese, già provata dalla presenza
di inceneritori, discariche, concentrazioni di pm10 tra le più alte del paese.
E pure un aeroporto internazionale (Malpensa) che
crea non pochi problemi ecologici all’area del Ticino.
A proporre
il progetto è Elcon Italy Srl, emanazione della Elcon Recycling,
una società israeliana fondata ad Haifa nel 2003, che ha sviluppato una
tecnologia per il trattamento e lo smaltimento chimico e fisico dei rifiuti
liquidi (pericolosi e non), principalmente scarti di aziende chimiche e
farmaceutiche. Attualmente l’unico impianto esistente è stato realizzato
proprio ad Haifa, è funzionante dal 2004. Ma da allora, in tutto il mondo, la
tecnologia proposta (che utilizza enormi volumi di acqua per i processi
di raffreddamento) non ha trovato altre applicazioni. L’area scelta per
realizzare l’impianto è quella dell’ex Montedison, già utilizzata negli
ultimi vent’anni da altre aziende chimiche. Elcon propone di utilizzare circa
10mila metri quadrati dei circa 130mila dell’intera area. All’epoca in cui
Montedison si insediò in questa zona gli impianti non si trovavano al centro
dell’abitato. Negli anni l’espansione urbanistica ha finito per inglobare il
polo chimico in un grande agglomerato di nove comuni (comprese le città di
Busto Arsizio e Legnano) che conta 300mila abitanti (una zona classificata
“A1″, cioé agglomerato ad alta densità abitativa). A opporsi sono diversi
comitati di cittadini che hanno fatto campagne di informazione e raccolto
migliaia di firme, convincendo i consigli comunali dei comuni limitrofi a
dare parere contrario al progetto: “La valutazione negativa si impone ancor più
se si considera che l’impianto si inserisce a ridosso, anzi all’interno, di un centro
abitato. Ne è una dimostrazione il fatto che a poche decine di metri si
trovano due scuole, due cliniche, una casa di riposo, un cimitero”, si legge
nelle osservazioni che il comitato civico “Valle Olona respira” ha
presentato in Regione come “controcanto” a quelle di Elcon. Documenti,
obiezioni e manifestazioni, come quella indetta poche settimane fa dall’altro
comitato, “Assemblea popolare No Elcon“:
QUALI TIPI DI RIFIUTI – Ma quali rifiuti entrerebbero nell’impianto di Castellanza per essere
trattati e smaltiti? Nello studio di impatto ambientale curato
da Bp Sec per Elcon e presentato a Regione e comuni
interessati, viene spiegato il processo industriale dei reflui
chimici: “L’impianto previsto ha come capacità massima annuale di trattamento
dei rifiuti 175.000 tonnellate l’anno equivalenti a circa 500 al giorno.
L’impianto riceverà rifiuti liquidi e solidi portati all’impianto con mezzi
pesanti (prevalentemente autobotti). Le acque reflue in entrata possono essere
di diversi tipi e derivanti da differenti tipologie di aziende, tipo: acque
reflue farmaceutiche, acque reflue chimiche, acque
reflue di industrie cosmetiche e di detergenti, acque reflue
di industrie chimiche/veterinarie, acidi, basi e acque di lavaggio per la
rifinitura e lavorazione di metalli, fanghi”. Alla fine del
documento, in cui Elcon cita l’inquadramento ufficiale dell’area di intervento
come A1 (agglomerato urbano) e precisa che si tratta di un’area esente dal
vincolo ambientale del d.lgs 42/04 in cui è prevista la tutela dei
fiumi, Bp Sec aggiunge un dettaglio che fa capire come il progetto, osteggiato
da molti cittadini, non sia così malvisto dalle istituzioni: “Sono già in
programma accordi con università del territorio, Liuc di
Castellanza, per lo sviluppo di un Centro Ricerche in materia di gestione
rifiuti presso l’impianto”.
LE RAGIONI DEL “NO” – La tecnologia utilizzata da Elcon, secondo la relazione redatta dai
comitati, “non garantirebbe l’abbattimento degli inquinanti e delle
sostanze nocive immesse in atmosfera e in acqua”. Il volume di reflui che
verranno trattati dalla Elcon Italy, secondo quanto dichiarato dalla stessa
azienda, sarà di 175 mila tonnellate annue. Di questi gran parte è costituito
da acqua (che dovrà a sua volta essere trattata da un depuratore prima di
essere immessa nel fiume Olona), il 10% da residui organici, il rimanente 10%
da residui inorganici che si traducono in 30 tonnellate al giorno di fanghi e
sali nocivi da avviare allo smaltimento. “L’incompatibilità con il territorio è
evidente”, spiega Stefano Catalano di Valle Olona Respira, che ricorda
anche i problemi e i rischi legati alla viabilità: in una zona già
congestionata circolerebbero 500 tonnellate al giorno di rifiuti pericolosi su
una trentina di mezzi pesanti (secondo quanto dichiarato da Elcon. Almeno il
doppio secondo gli ambientalisti) che dovrebbero raggiungere l’area industriale
in pieno centro abitato.
LA PARTITA POLITICA: LEGA “ALLA FINESTRA” – L’attesa è tutta per il pronunciamento di
Regione Lombardia, che completerà la fase istruttoria l’11 luglio (doveva
essere l’11 maggio, ma i tecnici si sono presi altri 90 giorni). Solo allora si
saprà se il progetto è approvato, sospeso o bocciato. Intanto la politica si
muove. Sì, perché se a livello locale i comuni interessati si sono
schierati contro (anche se proprio nella città destinata a ospitare l’impianto,
Castellanza, l’amministrazione si è schierata contro il progetto solo pochi
mesi fa e il sindaco Fabrizio Farisoglio, contattato dal Fatto,
preferisce non parlare), non è ben chiara la linea dei partiti. E chi si
aspetta una Lega Nord sulle barricate come avvenne quando si
trattava di ospitare l’immondizia del Sud negli inceneritori lombardi, in
questo caso resterà deluso. Il centrodestra si tiene lontano dalle proteste.
Per questo il consigliere regionale Alessandro Alfieri (Pd) ha
presentato una mozione con l’intento dichiarato di stanare eventuali posizioni
a favore del nuovo insediamento: “Durante la campagna elettorale per le
regionali tutte le forze politiche hanno espresso la loro posizione contraria
al progetto. Vogliamo vedere chi veramente è contro e chi invece è a favore.
Chiaramente il dubbio che la Lega stia facendo un altro gioco c’è perché non si
è ancora interrotto l’Iter in regione”. Nella mozione, che verrà discussa
martedì 11 giugno, Alfieri mira a impegnare direttamente la Giunta regionale “ad
esprimere parere negativo nei confronti della richiesta di autorizzazione
avanzata da Elcon”. Ilfattoquotidiano.it ha raggiunto anche il
capogruppo della Lega Nord in Regione Lombardia, Massimiliano Romeo,
chiedendogli di rispondere in anticipo alla mozione del Pd, sebbene sia
indirizzata alla giunta e non al consiglio. Romeo risponde così: “Sul caso
Elcon siamo allineati con la posizione dell’amministrazione comunale di
Castellanza, che è sostenuta anche dalla Lega”. Il vicesindaco leghista di
Castellanza Luca Galli, il 21 marzo 2012,
parlava di “investimento che potrebbe portare grandi vantaggi” (video). Romeo non si sbilancia invece
sulle voci che attribuiscono al suo partito o ad alcuni suoi esponenti, la
volontà di portare in porto il progetto a tutti i costi: “Queste sono solo
voci, ci sono strutture tecniche preposte che stabiliscono se un progetto è o
non è ammissibile”.
Le
“controdeduzioni” del comitato civico, invece, ruotano attorno al rischio
ambientale di un’area provata e compromessa: “La giustificazione che l’impianto
verrà insediato in una zona già industriale non convince. La semplice equazione
che un’area già inquinata debba essere, necessariamente, il luogo maggiormente
idoneo all’insediamento di nuove e più pericolose attività contrasta con il diritto
dell’uomo a vivere in un ambiente salubre”. Solo dopo l’11 luglio si saprà
se a essere considerate attendibili e documentate da Regione Lombardia saranno
state le ragioni dei cittadini o quelle dell’aspirante investitore.
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