L'aveva voluto fortemente Giovanardi e approvato dai
governi Prodi e Berlusconi, ma il progetto della Erg sul primo deposito di gas
metano in Italia doveva nascere dove è stato l'epicentro del sisma, in una
frazione di San Felice sul Panaro. Fosse stato attivo avrebbe provocato un
disastro
E alla fine
anche il ministro Clini dice no al deposito gas di Rivara. Da oggi,
il primo impianto di stoccaggio in Italia di metano situato come da
progetto proprio nell’epicentro del terremoto avvenuto sabato scorso tra Finale
Emilia e San Felice sul Panaro, avrà vita ancora più difficile.
E’ stato
proprio il ministro dell’Ambiente Corrado Clini a intervenire riconsiderando
la posizione del governo dopo le dichiarazioni del committente, Erg
Rivara Storage (Ers), che proprio ieri aveva ribadito, nonostante il sisma
di 5.9 della scala Richter di voler portare comunque avanti il progetto del
deposito di gas: “È evidente che l’evento sismico va valutato con grande
attenzione. Lo stoccaggio è un tema che va riconsiderato. Devono essere fatti
ulteriori accertamenti”.
Risale allo
scorso febbraio il parere positivo del ministero sulla perforazione per tre pozzi
di ricerca. Per la loro realizzazione, però, sarebbe dovuto arrivare anche l’ok
del ministero dello Sviluppo economico in accordo con la Regione
Emilia-Romagna, da sempre contraria allo stoccaggio.
Parole,
quelle di Clini, che se non sono un vero e proprio stop, sono almeno un invito
alla cautela oggettivamente doveroso: “Venne data solo una valutazione
favorevole all’esplorazione e alla ricerca per la valutazione della fattibilità
del progetto di stoccaggio”.
La storia
del deposito voluto da Giovanardi. 2.800 metri di profondità, 3,7 miliardi di metri cubi
di metano per 19 pozzi d’estrazione. Questo il progetto del primo deposito di
stoccaggio di gas metano acquifero in Italia che secondo Erg Rivara Storage
(Ers) doveva essere costruito a Rivara, piccolo paese sulla statale tra San
Felice sul Panaro e Finale Emilia.
E se non ci
fosse stato il secco no di un agguerrito comitato di cittadini, e lo
schieramento trasversale tra le forze politiche locali, sabato scorso durante
la notte, con il sisma di 5.9 magnitudo della scala Richter che ha avuto come
epicentro proprio quell’area, si sarebbero dovuti calcolare ben più danni di
quelli avvenuti.
“Spero che
una cosa positiva questo sisma ce la porti – ha detto domenica scorsa Alberto
Silvestri, il sindaco del piccolo comune del modenese – una pietra tombale sul
deposito gas di Rivara”. Gli 11 ettari e i 19 pozzi infatti, sarebbero stati
interrati proprio nella zona colpita dal sisma, a cavallo delle province di
Modena, Ferrara e Bologna: San Felice sul Panaro, Finale Emilia, Medolla,
Mirandola e Camposanto. Facile immaginare quale tragedia sia stata sventata,
anche grazie al veto della Regione Emilia Romagna, enti locali e comitati di
cittadini che non si sono mai arresi di fronte a una costruzione ritenuta altamente
rischiosa proprio in quanto soggetta a rischio sismico. “Abbiamo interpellato
esperti, geologi e tecnici: tutti confermano che l’area è altamente sismica –
aveva raccontato a febbraio al fattoquotidiano.it Lorenzo Preti,
del Comitato Ambiente e Salute Rivara.
Via libera
alla prima fase per il deposito invece, era arrivata dal ministero
dell’Ambiente. Il progetto dell’Ers aveva difatti ottenuto a
febbraio l’autorizzazione a procedere con gli accertamenti preliminari
necessari a un’eventuale costruzione del sito di stoccaggio. Procedura bloccata
con un no definitivo dalla Regione proprio lo scorso 27 aprile, con una
delibera approvata all’unanimità. Cosa che non era tuttavia bastata all’azienda,
che fino poco più di due di settimane fa (il 2 maggio), aveva confermato
“l’obiettivo di andare avanti con il progetto, che consideriamo sicuro”, come
aveva sottolineato l’amministratore delegato Nash.
Il progetto
era stato portato avanti caparbiamente dalla Indipendent Gas Management S.r.l
fin dal 2004, e la prima versione (“The Rivara Project”) ebbe, dopo
l’autorizzazione del Governo Berlusconi
per studiare siti idonei, e in seguito l’ok dall’allora Governo Prodi.
Mai però,
l’approvazione della comunità locale: la trasversale opposizione ha visto
unirsi insieme schieramenti politici, cittadini e istituzioni. In questa
storia, i fronti opposti sono sempre stati più geografici che di partito: in
sede locale praticamente unanimi per un no sposato al “principio di
precauzione”, dai palazzi della Capitale, più inclini a vederne gli aspetti
economici positivi (sottolineati anche da Nomisma Energia). Unico paladino
politico del deposito è sempre stato il senatore Carlo Giovanardi (Pdl),
modenese, che aveva spinto proprio per l’approvazione dei lavori preliminari di
monitoraggio. Se non fosse che proprio il suo partito è stato tra i primi, con
la Lega nord, a schierarsi contro, seguito poi dal centrosinistra al
completo.
Un progetto
bocciato una prima volta e ciò nonostante ostinatamente riproposto: tanto che
la Ers (costola nata appositamente nel 2008 dalla casa madre britannica) si era
addirittura offerta di pagare di tasca propria i 20 milioni di euro
necessari per ricostruire un modello del territorio con un’approssimazione
minima (linea sismica in 3D), tale da poter dimostrare che le faglie sismiche
non sarebbero state pericolose per il deposito. Ecco che, se non è bastato il
ripetuto e ufficializzato diniego della Regione Emilia Romagna, è stata la
natura a opporsi definitivamente e tragicamente all’azienda petrolifera.
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