Care, Cari,
coloro che sono interessate/i all’ indirizzo http://www.valeriobruschini.info/?p=653 e a seguire troveranno delle informazioni sui 4 operai uccisi non dal terremoto, ma dal lavoro salariato/schiavistico.
Saluti
Valerio.
QUANDO MUOIONO 4 OPERAI TUTTO PROSEGUE COME PRIMA
Quando
muore un operaio è come se non fosse morto niente
e
la vita riprende come prima, senza sussulti e senza
cambiamenti.
Quando
muore un operaio la tv si indigna, ma per finta.
Subito
si annoia di una banalità scontata.
Trent’anni,
o giù di lì. Padre di famiglia.
E
si schiude uno sbadiglio in dissolvenza.
Quando
muore un operaio c’è qualcuno che domanda:
Ma
che ci sono ancora gli operai? Non si sono estinti
per
via di un cataclisma o trasformati in stormi
per
volare lontano, in Cina, in India o in Romania?
[1]
1)
SCRIVONO I GIORNALI E SQUITTISCONO LE TELEVISIONI
Quattro
delle sette vittime del terremoto sono operai.
Nicola
Cavicchi, 35 anni, e Leonardo Anselmi, 45 anni, sono morti sotto le macerie
della ditta Ceramiche di Sant’Agostino. Stavano lavorando al reparto
monocottura. Cavicchi aveva sostituito un collega malato.
Alla
Tecnopress, una fonderia, che produce pezzi in alluminio per motori (serve anche
Bmw, Audi e Daimler), la vittima è stata un operaio di 57 anni, Gerardo
Cesaro, di Molinella (Bologna), ma di origine napoletana. Anche
lui avrebbe terminato il turno alle 6. Non era lontano dalla
pensione.
Tarik
Naouch di soli 29 anni, è morto a Ponte Rodoni di Bondeno nel crollo, che ha
interessato la ditta Ursa che produce polistirolo. Il giovane era residente a
Crevalcore.
Tutti
turnisti dalle 20 alle 6 del mattino, sotto i rispettivi capannoni, così
movimentati e assordanti da non accorgersi della prima scossa, quella dell’una
di notte.
Tutti
assunti, regolari, Ansaloni e Casaro con moglie e figli da mantenere, i più
giovani Cavicchi e Tarik con il sogno della famiglia.
“Nicola
si era fatto un mutuo e una casa e voleva sposarsi, pensava a questo” ha detto
suo fratello Cristiano.
Ha
dell’incredibile che quattro delle sette vittime del terremoto d’Emilia siano
operai del turno di notte, di tre stabilimenti diversi.
Così
il terremoto si è portato via gli operai del buio, i lavoratori del terzo turno,
i laboriosi in mezzo al riposo degli altri.
Quando
muore un operaio c’è sempre qualcuno che ti dice
“E’
stata una triste fatalità!”.
E
così i padroni si autoassolvono al pensiero
di
non essere padroni del destino.
Quando
muore un operaio i politici sono solidali,
vestono
la faccia di sgomento e dicono: “Mai più!
Prenderemo
misure efficaci,
valuteremo
l’opportunità di attenzionare…”.
2)
IN
QUELLO CHE È ACCADUTO NON VI È NULLA D’INCREDIBILE.
Chiunque
comprende che i 4 operai non sono morti a causa del terremoto, ma sono stati
uccisi da fabbriche costruite risparmiando sulla sicurezza di chi ci
lavora.
Questo
è ciò che è accaduto in una delle sedicenti zone più avanzate della Penisola,
ove i criteri di costruzione e di controllo sono andati a farsi
benedire.
Non
vi è stata nessuna “tragica fatalità”, che è solo la formula magica, che serve
per occultare le responsabilità di decine di persone, sia di quelle che hanno
guadagnato nella costruzione, sia di quelle che non hanno fatto ciò per cui sono
pagate con il denaro dei contribuenti.
D’altra
parte, è pur vero che mica ci dovevano lavorare loro in quegli edifici, bensì
quegli schiavi contemporanei, che, per convenzione, sono chiamati
operai.
Tra
l’altro, uno era di origini napoletane ed uno, addirittura, marocchine;
provenivano, cioè, da luoghi in cui la sicurezza sul lavoro è un miraggio;
potevano avere la pretesa di trovarla qui?
E,
poi, non appartengono a “razze, che non hanno voglia di
lavorare?”
Infine,
tenuto conto del fatto che, pur lavorando di notte, pur aggiungendovi la tariffa
festiva, questi “operaiacci” avranno preso, a dir tanto, 1.500/1700 Euri al
mese, cosicché erano proprio degli sfigati, come dicono gli attuali Governanti
non eletti.
Mica
erano dei “Dottor Sottile” come Giuliano Amato:
pensione/mese
lorda + stipendio lordo
22.048,00
INPDAP
9.363,00
Parlamento
?
stipendio di Deutsche Bank
Il
punto interrogativo sta ad indicare che non sappiamo quanto prenda, ma
“qualcosina” prende pure dalla Deutsche Bank.
NOTE
[1] Borzini Francesco; “Requiem in blu”, scritto nel Dicembre 2009, in occasione della morte di Diego Bianchina, operaio della fabbrica Acciai Speciali Terni, avvenuta l’1 Dicembre 2009
[1] Borzini Francesco; “Requiem in blu”, scritto nel Dicembre 2009, in occasione della morte di Diego Bianchina, operaio della fabbrica Acciai Speciali Terni, avvenuta l’1 Dicembre 2009
Di
seguito, il testo originale:
Quando
muore un operaio è come se non fosse morto niente
e
la vita riprende come prima, senza sussulti e senza
cambiamenti.
Quando
muore un operaio la tv si indigna, ma per finta.
Subito
si annoia di una banalità scontata.
Trent’anni,
o giù di lì. Padre di famiglia.
E
si schiude uno sbadiglio in dissolvenza.
Quando
muore un operaio c’è qualcuno che domanda:
Ma
che ci sono ancora gli operai? Non si sono estinti
per
via di un cataclisma o trasformati in stormi
per
volare lontano, in Cina, in India o in Romania?
Quando
muore un operaio scopri il suono di parole nuove,
sodio
solfidrato e acido cloridrico.
Ma
come cazzo si fa a lavorare tra quella roba lì?
E
finisci per baciare con trasporto la scrivania.
Quando
muore un operaio c’è sempre qualcuno che ti dice
“E’
stata una triste fatalità!”.
E
così i padroni si autoassolvono al pensiero
di
non essere padroni del destino.
Quando
muore un operaio i politici sono solidali,
vestono
la faccia di sgomento e dicono: “Mai più!
Prenderemo
misure efficaci,
valuteremo
l’opportunità di attenzionare…”.
Quando
muore un operaio mica è morto un militare
che
tutti si mettono all’impiedi per salutare i “nostri
ragazzi”
caduti
difendendo l’onore della Patria.
Si
rimane seduti, quando muore un operaio.
Quando
muore un operaio
ti
accorgi che ha la tua stessa età e la tua stessa
faccia
le
stesse scarpe da calcetto
sporche
di erba e di terriccio.
Quando
muore un operaio
tutti
ti diranno che è morto un giovane,
un
padre, un figlio o un italiano. Non un operaio.
Perché
quella parola è morta prima di lui.
Quando
muore un operaio, infatti, è come se non fosse
morto
niente
e
la vita riprende come prima: occhi bassi e rabbia
muta
in corpo.
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