Sabato 03 Dicembre 2011 17:42
Dall’Ambra Jovinelli un No chiaro a Monti: “non ci stiamo”
di Marco Santopadre
"Dobbiamo candidarci a rappresentare e organizzare l’opposizione politica e sociale in questo paese. Non possiamo lasciare alla Lega l’opposizione al governo dei banchieri e della Trilateral". Il sindacalismo di base si prepara alla battaglia contro il Governo di Mario Monti.
Mentre la sala dell’Ambra Jovinelli di Roma si riempie di lavoratori arrivati da tutta Italia Paolo Leonardi (Usb) spiega qual è l’ambizione dei sindacati di base nel nuovo quadro determinato dall’ascesa di Mario Monti a Palazzo Chigi: “Dobbiamo candidarci a rappresentare ed organizzare l’opposizione politica e sociale in questo paese. Non possiamo lasciare alla Lega l’opposizione al governo dei banchieri, della Trilateral e della Bce. Le parole d’ordine frutto delle mobilitazioni di questi mesi sono valide e condivise: no al pagamento del debito, fuori dall’Unione Europea e fuori dall’Eurozona”. Ieri si doveva tenere uno sciopero generale dei sindacati di base convocato quando ancora la controparte era Berlusconi. La sua rimozione ha cambiato – e peggiorato – il quadro. E quindi Usb, Slai Cobas, Snater, Unicobas e Usi hanno deciso di prendersi un momento in più per ragionare sulle nuove sfide e di investire di questo compito i propri quadri e militanti. Lo sciopero generale è solo rimandato, e le caratteristiche di classe e i sostegni interni e internazionali di cui può disporre Monti obbligano ad un percorso di mobilitazione non formale né rituale. “Questo governo esprime le esigenze e gli interessi della borghesia e del padronato italiano ed europeo, che evidentemente in tempi di crisi il governo Berlusconi non era in grado di difendere e imporre” chiarisce Giorgio Sestili, della rete studentesca Ateneinrivolta.
Che fare? Spiega Leonardi: “Dobbiamo lavorare alla costruzione di un grande sciopero generale che non veda la mobilitazione solo dei militanti delle organizzazioni sindacali indipendenti e conflittuali. Dobbiamo costruire nei luoghi di lavoro, nei territori, nelle aziende una grande mobilitazione popolare. Dobbiamo mettere in moto la nostra capacità di generare conflitto dentro ogni posto in cui esso si può sviluppare. Lo sciopero è uno strumento prezioso e importante e non può essere sprecato o fatto a comando perché qualcuno ha bisogno di rappresentare la propria esistenza in vita”. La polemica è con chi in questi anni ha fatto ricorso allo sciopero esclusivamente per potersi accreditare al tavolo della concertazione: i sindacati confederali, in particolare la Cgil.
La riflessione è complessa, articolata, non scontata. Il problema è lo stesso Leonardi a evocarlo: “Siamo immersi in una melassa vomitevole, in questa luna di miele generalizzata con questo banchiere che tiene il paese col fiato sospeso. Anche dentro l’area sociale che ha vissuto per decenni di solo antiberlusconismo prevale l’attendismo, il bisogno di ‘stare a vedere che comunque sempre meglio di Berlusconi’”. Un attendismo che rappresenta un indubbio problema per chi si pone da subito all’opposizione del governo e delle sue politiche. Ma davvero bisogna aspettare che arrivi la stangata per cominciare a muoversi? “Il suo programma Monti lo ha già annunciato nei suoi primi interventi. Su due punti fondamentali - la riforma Gelmini e il metodo Marchionne - il banchiere ha dato giudizi inequivocabili: ‘Grazie alla caparbietà della Gelmini e di Marchionne noi risolveremo degli handicap che abbiamo nella formazione e sapremo costruire migliori automobili’” ricorda Stefano D’Errico dell’Unicobas, che poi aggiunge: “Chi oggi pensa che tutto sommato dopo Berlusconi stiamo meglio e abbiamo un esecutivo più presentabile perché fatto di esponenti della Bocconi noi dobbiamo dire di non fare la figura dei ‘bocconi’, come diciamo a Roma, di quelli che abboccano alla trappola”. Anche per lo Slai Cobas non c’è affatto bisogno di concedere tempo a Monti per esprimere giudizi. Racconta Vittorio Granillo: “Nelle fabbriche della Fiat onestamente lo abbiamo già visto il governo Monti, incarnato da Marchionne. In Fiat hanno cominciato con l’attaccare e ridurre la democrazia che per i lavoratori sembra sempre qualcosa di astratto rispetto ad esempio al salario o ad altri elementi tangibili. Ma poi dopo anni ti accorgi che la democrazia è qualcosa che si mangia… perché senza è impossibile difendere salario e diritti. Il sistema Monti è il sistema Marchionne, come lui il Premier parla per diktat e non accetta discussioni”.
L’avvocato Carlo Guglielmi, animatore del Forum Diritti/Lavoro, non ha dubbi sulle intenzioni dell’uomo della Goldman Sachs: “Monti ha detto alle Camere: “intendiamo perseguire lo spostamento del baricentro della contrattazione collettiva verso i luoghi di lavoro come ci viene chiesto dalle autorità europee e come i patti sociali hanno iniziato a fare”. In questo controrivoluzione sembra che Monti abbia assunto e ribaltato, a favore dei padroni, il vecchio slogan del maggio francese ‘Ce n'est qu'un début continuons le combat!’ Un combinato disposto tra l’accordo del 28 giugno e l’articolo 8 o come dice la Marcegaglia‘l’uno lubrificante dell’altro’…” Il problema è la cortina fumogena nella quale si nasconde Monti, sostiene Leonardi: “Assistiamo a un tentativo dei media di narcotizzare l’opinione pubblica svelando un pezzetto alla volta di quello che sarà il contenuto di una manovra che già è arrivata a 25 miliardi, dopo gli altri 140 di Berlusconi solo quest’anno. Ci tolgono la pensione di anzianità, l’aggancio della pensione al costo della vita, ci faranno lavorare fino a 70 anni e però ci vogliono convincere che ci dobbiamo ritenere soddisfatti perché ripristinano la tassa sul posto barca”.
Monti e chi lo sostiene chiedono ai lavoratori, ai precari e ai pensionati di sopportare i sacrifici in nome della salvezza dell’Italia promettendo equità. “Non esiste l’equità in un sistema in cui si allarga sempre di più la distanza tra il 99% e l’1% della società. Che equità c’è in una buonuscita di 5 milioni ad un personaggio come Guarguaglini che ha devastato parecchi impianti produttivi in questo paese?”
“L’unica equità che ci interessa – attacca Daniela Cortese dello Snater - è la redistribuzione del reddito e il taglio dei privilegi dei manager pubblici e privati. Questo governo di banchieri, prefetti, professori e generali sta mettendo in campo una vendetta storica del Capitale contro i lavoratori. Prima ci hanno precarizzato i figli, e ora ci tengono in ‘galera’ – il lavoro - fino a 70 anni...”
La situazione è gravissima, e il contesto internazionale si aggiunge alle condizioni di crisi tipiche del ‘sistema Italia’: “C’è una crisi che attraversa il mondo occidentale, una crisi del capitale che sta producendo devastazioni ovunque. La competizione globale tra poli imperialisti dentro una crisi di sistema produce drammatiche riduzioni di diritti a favore del capitale e della speculazione finanziaria. L’appartenenza all’UE e all’Eurozona sono la vera malattia che sta colpendo i lavoratori e i cittadini in Italia e in Europa”.
Di fronte a questo attacco concentrico in tutta Europa si sta sviluppando una mobilitazione sindacale e conflittuale imponente. Pur senza arrivare al record dei 7 scioperi generali convocati in Grecia solo quest’anno, rimanendo agli ultimi giorni Leonardi cita il massiccio sciopero generale in Portogallo del 24 novembre e quello del pubblico impiego in Gran Bretagna di pochi giorni fa.
In Italia, però, il movimento sindacale e di classe nel suo complesso sembra in difficoltà e l’attendismo nei confronti di Monti ne è la più cristallina dimostrazione. “E’ il risultato di una devastazione del tessuto politico a sinistra – spiega Leonardi - che con il suo anti-berlusconismo in questi anni ha minato alla radice la capacità di comprensione, tra i lavoratori e i giovani, dei veri nodi della crisi che il capitale sta attraversando.” Che l’antiberlusconismo abbia fatto danni enormi lo si capisce anche da ciò che i partiti dell’ex opposizione propongono, dice Granillo: “Siamo al paradosso che molta sinistra dice che per favorire l’occupazione bisogna liberalizzare e rendere più facili i licenziamenti”.
“Siamo di fronte ad un governo che ha il 95% dei consensi parlamentari, che si definisce tecnico e non lo è, abbiamo alle porte una ripresa della concertazione coi sindacati confederali schiacciati dentro la disponibilità ad essere collaboratori e complici di tutti i processi che verranno messi in atto con la scusa che così si esce dalla crisi. Non possiamo permettere che il patto sociale e la concertazione sindacale tornino ad essere il punto di riferimento per milioni di lavoratori”.
La sfida, lanciata da Leonardi, rimane al centro degli interventi di militanti sindacali che si susseguono durante la mattinata all’Ambra Jovinelli. Nei prossimi giorni l’agenda della mobilitazione è già fitta: si va dalla contestazione alla kermesse di presentazione della nuova Panda alle mobilitazioni dei lavoratori dei trasporti. Ma il problema è approfondire e allargare le mobilitazioni affinché confluiscano in uno sciopero generale capace di incidere veramente, di spostare gli equilibri nella società: ne parlano nei loro interventi Vittorio Granillo dello Slai Cobas, il rappresentante dell’Usi. Per riuscirci bisogna rompere il clima di concordia e di illusione sociale in cui si muove finora indisturbato Mario Monti. Ci torna Daniela Cortese: “In questo massacro mediatico che ci racconta che il francescano Monti e i suoi missionari vengono a salvare l’Italia gli unici che non possono essere ingannati sono i lavoratori e le lavoratrici di quest’assemblea. Il problema è riuscire ad aprire gli occhi a milioni di lavoratori che pure sono insoddisfatti e intravedono la pericolosità di questo progetto autoritario senza avere ancora la capacità di trasformare la preoccupazione in lotta. Altrimenti il rischio è che sia l’estrema destra a capitalizzare la rabbia e il disagio”.
Sembra ottimista Carlo Guglielmi: “Da lunedì lo straordinario consenso sociale che ha il governo Monti comincerà rapidamente a franare”. E invita ad approfittare delle contraddizioni aperte dallo spostamento della contrattazione collettiva dal piano nazionale a quello aziendale: se i lavoratori non vogliono che i contratti aziendali deroghino dai diritti garantiti dai contratti nazionali non devono fare altro che dare la disdetta di sindacati concertativi e iscriversi e impegnarsi nei sindacati conflittuali. Nel dibattito, in vari interventi, ricorre la parola d’ordine del non pagamento del debito. Può e deve essere unificante, si dice, ma va riempito e messo all’opera. “Non basta più dire che non dobbiamo pagare il debito. (...) Serve una forza uguale e contraria che blocchi i diktat della borghesia e dell’UE, serve un’occupazione delle piazze” (Daniela Cortese). Giorgio Sestili cita il meccanismo che ad Oakland, negli Stati Uniti, ha portato i sindacati a scioperare grazie alla mobilitazione del resto dei soggetti sociali non sempre sindacalmente rappresentabili, impegnati comunque a bloccare la città, oltre alla produzione. “Quello della riappropriazione – dice Sestili - è il tema centrale sul quale agire per riprenderci la ricchezza che ci hanno sottratto, riprenderci i diritti ed attaccare i profitti”. Un tema ripreso da Paolo di Vetta, dei Blocchi Precari Metropolitani: “Noi dobbiamo dire: ‘Non contate su di noi!’ Il discorso sulla coesione non ci sta bene, non crediamo alle propaganda sull’equità, pensiamo che il conflitto debba fare un passo avanti. Affinché le esistenze cambino ora, nel presente. Bisogna costruire a livello sociale le complicità che servono per spiegare a milioni di persone che l’imbroglio che sta dietro Monti ci toglierà la vita, abbatterà la qualità della nostra esistenza. C’è un mondo intero fuori dai posti di lavoro che dobbiamo decidere di organizzare per costruire e consolidare conflitto: studenti, precari, intere generazioni. L’unica maniera per darci una prospettiva è data dalla riappropriazione: ciò che ci viene negato ce lo dobbiamo riprendere e riprendere ora perché altrimenti la questione del non pagamento del debito rimane esclusivamente ad un livello di evocazione”.
Qual è allora la proposta dei movimenti sociali? “Se le tariffe cominciamo a ridurle ed autoridurle, se le case le occupiamo, se gli aumenti di affitto li contestiamo e non li paghiamo più, se l’insolvenza diventa un meccanismo consapevole e di massa, se riusciamo a sottrarre il suolo delle nostre città alla speculazione allora cominceremo davvero a non pagare il debito”.
Dal palco viene dato un primo appuntamento. Il Comitato No Debito invita tutte e tutti ad una conferenza stampa lunedi 5 dicembre alle Galleria Colonna alle ore 17.00, proprio mentre Monti sta presentando alla Camera e poi al Senato la sua manovra e la nostra dannazione.
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