martedì 6 dicembre 2011

pc 5-6 dicembre - i giornali borghesi che sostengono monti fanno un calcolo dei costi della manovra

Addizionali, Imu sulla casa, Iva, benzina
tasse e rincari da 600 euro a famiglia

Tre tipologie di famiglie a confronto: la MILANO - Tanti (soldi), maledetti e subito. I mercati non attendono. Frau Merkel ci aspetta con la matita rossa per controllare se abbiamo fatto i compiti a casa. Il Governo Monti così, causa tempi stretti, ha partorito una manovra che ha il pregio di riavvicinare l'Italia al pareggio di bilancio e all'Europa - come dimostra la retromarcia degli spread di ieri - ma fatica ancora, complici i tempi stretti, a tener alta la bandiera dell'equità.

Certo, come ha detto il premier, i sacrifici non riguardano solo "i soliti noti": l'aumento dell'Iva colpisce sia i contribuenti virtuosi che i furbetti del fisco, ci sono l'una tantum sui capitali rientrati con lo scudo e la stangata su yacht, elicotteri e auto di lusso (gettito, va detto, poche decine di milioni). Mentre il ritorno sotto mentite spoglie dell'Ici e l'aumento degli estimi catastali spostano dal reddito al patrimonio il carico dei sacrifici.

Il risultato finale però è uguale: a cantare e portare la croce, anche nell'era del governo tecnico, sono sempre gli stessi. Il costo medio per famiglia del decreto "Salva-Italia" - ha calcolato l'ufficio studi della Cgia di Mestre - sarà di 635 euro, mentre secondo le stime delle associazioni dei consumatori arriverebbe addirittura a 1700 euro.

Ma proprio i provvedimenti "lineari" nati per spalmare la manovra sulle spalle di tutti hanno il paradossale effetto
di penalizzare di più chi già ha il fiato corto: i lavoratori dipendenti che guadagnano di meno.

I casi elaborati dal think tank degli artigiani lagunari che riportiamo di seguito parlano da soli: il conto finale della stangata per una famiglia con il reddito inferiore ai 30mila euro è (in proporzione) superiore del 15% rispetto a chi di euro ne guadagna 50mila e addirittura del 60% a quello di una famiglia nelle cui tasche ne entrano 150mila, sfuggita in zona Cesarini all'aumento delle aliquote Irpef.

LA SIMULAZIONE: TRE FAMIGLIE A CONFRONTO

1. In proporzione pagano più i poveri
in arrivo un salasso da 480 euro
Famiglia bireddito. Un figlio a carico. Rendita abitazione: 600 euro
Un'auto a benzina che percorre 10mila km l'anno. Reddito annuo: 30.000 euro
Poveri e pure infelici. I redditi più bassi fino ai 30mila euro (34 milioni sui 41,5 dei contribuenti tricolori) sono quelli che, in proporzione, pagano il conto più salato al decreto "Salva-Italia". Presi uno per uno, i loro sacrifici paiono poca roba: un centinaio di euro in più per l'addizionale Irpef, un salasso (203 euro) per l'Imu, qualche decina di euro per il pieno dell'auto e gli aumenti Iva. Risultato finale: 480 euro l'anno di tasse in più. In totale l'1,6% del loro reddito, il 60% in più di chi di euro ne guadagna 150mila l'anno.

2. La pressione fiscale sale dell'1,6%
l'esborso massimo è di 790 euro
Famiglia monoreddito. Due figli a carico. Rendita abitazione: 800 euro
Un'auto a gasolio che percorre 20mila km l'anno. Reddito annuo: 50.000 euro
Sale un poco lo stipendio (gli italiani che dichiarano tra 30mila e 50mila euro sono circa 4 milioni) e per assurdo il carico fiscale della manovra diminuisce. In termini assoluti, naturalmente, chi guadagna 50mila euro l'anno pagherà più nuove tasse di chi è fermo a quota 30mila: 790 euro contro 480. Ma fatte le debite proporzioni le uscite aggiuntive pesano un filo meno sul bilancio di famiglia: l'1,58 per cento, con un esborso annuo tra Ici, addizionale Irpef, Iva e accise in crescita da 1.112 a 1902 euro.

3. Graziati dal mancato aumento Irpef
Il fisco chiede solo l'1% delle entrate
Famiglia monoreddito. Tre figli a carico
Rendita abitazione: 1100 euro. Seconda casa non affittata, rendita 1000 euro
Un'auto a gasolio che percorre 20mila km l'anno. Reddito annuo: 150.000 euro
Ricchi (abbastanza) e felici. Una famiglia con 150mila euro di reddito dopo le novità del decreto Salva-Italia paga 1.483 euro in più di gabelle. Una bella cifra, per carità, ma solo lo 0,98% delle entrate di casa. Gli italiani in questa fascia di reddito (pochissimi, tra i 70mila e i 150mila euro ce ne sono solo 780mila) se ne sono fatti rapidamente una ragione dopo aver scampato il pericolo del rialzo delle aliquote Irpef. Fossero state aumentate di due punti per scaglione dopo la soglia dei 70mila euro, ogni famiglia avrebbe pagato altri 1.600 euro in più.


Peggio ancora - si era capito dalle lacrime agrodolci di Elsa Fornero - va ai pensionati con assegni previdenziali appena superiori ai mille euro lordi, non certo una fortuna da Paperoni. Colpiti alla voce uscite con gli aumenti delle tasse (la falce di Imu, Iva e accise varie non sta a guardare la data di nascita sulla carta d'identità) e beffati pure dalla sterilizzazione della rivalutazione degli assegni previdenziali.

Piove sul bagnato: l'Ocse ha certificato ieri che l'Italia è uno dei paesi più avanzati con la maggiore disuguaglianza dei redditi. Una leadership consolidata negli ultimi anni in cui il divario tra ricchi e poveri tricolori si è allargato a ritmi da primato: la penisola è all'ottavo posto (su 34 nazioni) nella hit parade per la disparità sociale, mentre viaggia al quinto posto nella graduatoria per l'allargamento della forbice tra inizio anni '80 e 2010.

Il decreto "Salva-Italia", purtroppo, rischia di farci guadagnare ancora qualche posizione in classifica. Anche perché chi ne esce meglio - manco a dirlo - sono davvero i soliti noti: quei professionisti dell'evasione fiscale che nascondono ogni anno al fisco 220 miliardi di euro. Pagheranno un po' più di Iva e di Ici, sborseranno qualche euro in più per il pieno all'auto. Si faranno furbi per dribblare l'asticella (non proprio insormontabile) del tetto ai mille euro per il contante. Ma tutto lì. Almeno a loro, per ora, è andata bene.

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