Sulla crisi, e possibile chiusura, delle raffinerie del
complesso industriale petrolchimico di Priolo il quotidiano dei padroni, Il
Sole 24 Ore, scrive quasi quotidianamente e non certo perché, come dice il
giornalista, “in ballo ci sono sì i 3000 posti di lavoro della Isab (mille diretti)
ma soprattutto i 10.000 posti di lavoro dell'intero potenziale della provincia
di Siracusa nel triangolo tra Augusta, Melilli e Priolo”, ma perché verrebbe
meno il contributo alla produzione industriale complessiva del Paese “il 25%
del prodotto raffinato ogni anno in Italia” grazie al “complesso industriale il
cui cuore sono due raffinerie”!
Mentre la produzione è già in calo e si aspetta l’ultimo rifornimento di petrolio dalla Russia, “l'ultimo carico è in arrivo per il 28 novembre, poi scatterà l'embargo e le raffinerie siciliane potranno andare
avanti solo per qualche settimana … prima di spegnere gli impianti”, le banche, che dovrebbero prestare i soldi per permettere alla multinazionale di comprare petrolio sul mercato mondiale (650-700 milioni, di fatto spiccioli!), e che si sentono sotto ricatto degli Stati Uniti per eventuali sanzioni, non si accontentano delle parole del ministro Urso!“La garanzia sulla reputazione, prima di tutto. E poi
l'aumento della garanzia Sace sul credito in questo momento ritenuta
insufficiente. Ma soprattutto il coinvolgimento degli istituti di credito
seguendo la via del consorzio in modo da impegnare tutto il sistema bancario in
una operazione così delicata anche per i risvolti internazionali.” Praticamente
vogliono una garanzia totale da parte dello Stato e non “rischiare” proprio
niente!
Tanto che l’Abi, l'Associazione bancaria italiana, “si è
tirata fuori” con una bella scusa: il suo rappresentante, dice infatti che l’Abi:
“non è mai stata invitata a tavoli che affrontano singoli casi aziendali, perché
per normativa antitrust deve astenersi dall'essere coinvolta nelle scelte
gestionali dei propri associati”.
E di fronte a tutto questo il ministro Urso da parte sua se
la prende abbastanza comoda: “pur non escludendo in ultima analisi la
nazionalizzazione di questi impianti, ha annunciato al termine del vertice che
si è tenuto a Roma la scorsa settimana che avrebbe avviato un confronto con le
banche e avrebbe riconvocato un nuovo vertice a Roma entro la metà di
dicembre.”
Lo sciopero del 18 novembre di Cgil e Cisl (la Uil che prima
aveva detto sì allo sciopero ha poi deciso, invece, di fare un sit-in al
Ministero) non ha sortito un effetto immediato nonostante l’“emergenza” sia
riconosciuta da tutti! lasciando gli operai nell’incertezza più assoluta…
Questa incertezza rende più urgente da parte operaia la “presa in carico” diretta della vertenza che, come si vede benissimo, non si può lasciare nelle mani dei sindacati confederali, delle banche, dei padroni e dei loro rappresentanti al governo.
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