Nei discorsi delle ultime settimane da parte di chi partecipa alle mobilitazioni contro il Green Pass non possono che sottolinearsi una serie di fallacie argomentative, alcune si tenterà di affrontare qui di seguito.
Ovviamente ci si rifiuta a priori di prendere in considerazione le posizioni più anti-scientifiche e complottiste sull’origine del virus, sul vaccino come dispositivo di controllo di massa, quelle della serie “è una banale influenza” e simili. Tali posizioni, seppur fortemente diffuse in tali mobilitazioni, hanno a che fare con l’analfabetismo di massa e/o con teorie che spargono ad arte confusione e deliri, utilissime nel loro inibire qualsiasi possibilità di lettura critica ed efficace della realtà.
Andiamo per punti prendendo in esame alcune delle affermazioni che meritano quantomeno di essere confutate:
1) “Le mobilitazioni sono contro il Green Pass, non contro il vaccino”
Al di là del fatto che tale posizione non è certo egemone nelle mobilitazioni contro il Green Pass, nei discorsi di chi partecipa a tali mobilitazioni si parte da questa premessa (che può avere persino il suo senso) per poi però – smentendo la stessa premessa – argomentare che tali mobilitazioni hanno la loro ragione proprio nei dubbi sulla validità del vaccino (!!!) e che – quindi – si considera legittimo che l’adesione o meno alla campagna vaccinale sia il più possibile “libera”, frutto della “scelta individuale”.
Le mobilitazioni in questione, infatti, non presentano certo le istanze di chi NON PUO’ vaccinarsi, di chi, ad esempio, a causa delle disfunzioni dell’andamento della campagna vaccinale rischia di non esser vaccinato nel nostro paese (le categorie di immigrati irregolari e senzatetto hanno ad esempio percentuali bassissime di vaccinati, nonostante teoricamente sia garantito l’accesso al vaccino, ma evidentemente il Governo non ha nessun interesse a spingere sulla tutela di queste categorie o a facilitare loro l’accesso al Green Pass) o altresì di chi non può vaccinarsi al di fuori del nostro paese (le popolazioni dei paesi oppressi dall’imperialismo in cui la campagna vaccinale prosegue a dir poco a rilento).
Le mobilitazioni – al contrario – sono impregnate delle istanze di chi NON VUOLE vaccinarsi, anzi di PUO’ NON VOLER vaccinarsi.
Ben lungi dal chiedere il libero accesso al vaccino per tutti i paesi, o dal pretendere che la campagna vaccinale sia garantita per tutti, ad esser invece quasi esclusivamente rappresentata da chi si sta mobilitando nelle piazze contro il Green Pass è la protesta che parte da una posizione di privilegio di chi (crede) di potersi non vaccinare. Poco cambia che tale privilegio racchiuda chi può evitare il vaccino per condizioni economiche, lavorative e sociali o chi crede di non essere una persona fragile (ma qui siamo alla pura superstizione, dato che queste valutazioni poggiano su un dilettantismo elevato a verità clinica).
Insomma, si dice di non essere contro il vaccino ma si pretende che la propria scelta di mettere in discussione il vaccino sia legittima e possa esser lasciata indisturbata nonostante le conseguenze sociali.
2) “Nelle mobilitazioni ci sono anche tanti vaccinati”
E quindi? Il problema delle mobilitazioni è quello che si chiede. In tal senso non si capisce il significato del presunto vanto (ripetuto e ostentato all’infinito) rispetto al fatto che in tali mobilitazioni ci sarebbe anche gente vaccinata. Cosa questo dovrebbe significare non è mai chiarito, ma spesso copre la vera assenza in queste mobilitazioni: la voce di chi non può vaccinarsi SUO MALGRADO. Il fatto che ci sia gente vaccinata non nobilita tali mobilitazioni che, al contrario, sono squalificate anche dall’assenza di gente che non può avere accesso al Green pass. La loro rivendicazione principale sarebbe infatti in tal caso: “voglio anche io avere accesso al vaccino” (per chi magari soffre sulla propria pelle le disfunzioni della burocrazia verso gli immigrati irregolari, per chi magari abita in un paese povero, ecc…) ma queste parole d’ordine sono il contrario di quello che si sente in queste mobilitazioni.
Restano in piazza le persone che decidono che il vaccino non sia abbastanza sicuro per la loro salute, cioè chi ha il privilegio di poter evitare di vaccinarsi e far così valere la presunta libera scelta individuale. Si deve invece sottolineare quanto questa “libera” scelta individuale sia invece “prigioniera” del proprio individualismo antisociale.
3) “Ma tanti non vogliono vaccinarsi per paura”
Su questo il discorso meriterebbe un profondissimo approfondimento sulla capacità di lettura critica della realtà, individuale e collettiva, sulle implicazioni sociali della scienza e sul qualunquismo politico e scientifico che la pandemia sta contribuendo ad alimentare e diffondere. Una sorta di “notte in cui tutte le vacche sono grigie” in cui ognuno crede di avere la legittimità di esser lasciato “libero”, nelle proprie superstizioni e disinformazioni, di prendere la propria “scelta” individuale al di là delle conseguenze sociali della stessa; scelta sulla quale si pensa che gli altri debbano metter bocca il meno possibile, lasciando così che ognuno si crogioli nelle proprie paure, nella giungla dei propri link su internet e nella propria individualistica tutela di sé stessi, nonostante gli effetti sugli altri della scelta di non vaccinarsi.
Ma il punto è che la paura degli effetti collaterali del vaccino (sui quali esiste una disinformazione enorme che poche strutture organizzate hanno tentato concretamente di contrastare) viene posta al di sopra della possibilità di fare tutti in modo che ci siano spazi collettivi più sicuri per tutti (e in particolare le persone più fragili). Una scala di valori che non si può non rigettare.
Questa è una decisione politica, etica e ideologica individualistica e antisociale che pone le proprie paure individuali (spesso mal riposte e mal informate) ben al di sopra dei benefici che concretamente la diffusione della campagna vaccinale può dare a tutti.
La paura non può essere una rivendicazione per far sì che la gestione del vaccino sia applicata nel proprio caso individuale in deroga alle indicazioni scientificamente più rilevanti. Non si può pretendere che chi abbia paura degli immigrati possa decidere se nel proprio condominio debbano o meno starci. Non si può pretendere che chi abbia paura di vaccinare i proprio figli mandi a scuola bambini senza vaccini.
Tantissime persone che anche solo per caratteristiche caratteriali avevano una enorme paura del vaccino hanno deciso di farselo lo stesso, proprio perché al di là della paura individuale era la scelta collettivamente più giusta per sé e per gli altri.
4) “I “no vax” sono una categoria del terrorismo mediatico e una mobilitazione non può esser giudicata solo a causa dei tentativi di infiltrazione fascista”
Che i “no vax” siano (anche) una categoria usata dal terrorismo mediatico è senz’altro vero, ma ciò non toglie che il giudizio sulle mobilitazioni delle ultime settimane e sull’ideologia che le attraversano debbano esser messe sotto la lente della critica e non possono esser lasciate in pace solo perché prese di mira anche dal Governo o dalla stampa (davvero, prese poi così di mira? Anche dalle componenti più fasciste del Governo? Se le paragoniamo ad altre mobilitazioni qualche dubbio viene e le informazioni che trapelano sull’enorme percentuale di non vaccinati nelle forze dell’ordine sembrano essere un ulteriore elemento di conferma).
Molte delle persone che stanno partecipando alle mobilitazioni sottolineano che il giudizio sulle stesse non può essere vincolato esclusivamente alla presenza o meno dei fascisti. Anzi, secondo questa idea la presenza dei fascisti sarebbe strumentale proprio a deviare e a destabilizzare la composizione di queste mobilitazioni, prese di mira dalle infiltrazioni proprio a causa della loro pericolosità per l’ordine costituito.
Si vuole in questo testo evitare di argomentare il fatto che in tanti contesti e luoghi della mobilitazione contro il Green Pass l’estrema destra sia egemone (elemento assolutamente da non trascurare e preoccupante) e si vuole prendere per ipotesi a beneficio del discorso che tale presenza non sia organica ma sia esclusivamente “esterna”, da fuori, “infiltrata”, “subita”.
In realtà il principale problema di queste mobilitazioni e la loro permeabilità da parte della destra non dipendono altro – banalmente – che da quello che tali mobilitazioni chiedono.
Gli ingredienti del discorso contro il vaccino mettono così sul piedistallo:
- una visione individualista e antisociale della libertà di non vaccinarsi anche a scapito della sicurezza della collettività (magari anche nelle sue componenti più fragili)
- una visione della scienza nebulosa e irrazionalistica che – ben lungi dal tendere a liberare la scienza dagli ostacoli del nostro modo di produzione – la vuole appiattire a uno tra gli altri delle visioni possibili
- una visione del sistema di produzione capitalistico e delle sue “colpe” nella situazione pandemica che stiamo affrontando (che ci sono eccome, e sono sistemiche) assolutamente appiattita, qualunquista, antidialettica e incapace di dare una vera lettura critica di quello che sta avvenendo.
È quindi poi così strano che in tale contesto le forze dell’estrema destra fascista, retrograda, antisociale trovino così facilmente un brodo di cultura, un terreno propizio?
5) “Ma i vaccini hanno degli effetti collaterali”
Sì, nonostante sul tema ci sia una fortissima disinformazione, i vaccini possono avere degli effetti collaterali. Ciò che sappiamo su tali effetti collaterali giunge a noi principalmente grazie agli organismi di controllo e dalle pubblicazioni nelle riviste scientifiche. Ma ciò non toglie che l’utilizzo del vaccino sia il metodo più efficace in questa fase per limitare i danni sociali e umani della pandemia.
Assistiamo al fatto che un pezzo di popolazione possa decidere di credere non alle principali pubblicazioni scientifiche sull’andamento del covid e le modalità per sconfiggerlo, ma ad altre cose lette altrove. Come i testimoni di Geova che pretendono di mantenere la libera scelta sulla possibilità di ricevere trasfusioni. La scienza moderna è da mettere in critica per il suo nascere in un contesto determinato dalle esigenze del capitale. Ma ciò non vuol dire che si debba smettere di credere alla scienza a causa di questo suo travaglio storico. La critica alla scienza del capitale, di cui ce ne è un gran bisogno, al fine di avere una scienza più sociale, non può certo partire dalla valutazione così antisociale della tutela della propria individuale libertà di non vaccinarsi nonostante i benefici che la campagna vaccinale – la più estesa possibile – avrebbe per tutti.
Quindi, chi decide di cautelare principalmente la propria possibilità individuale di non vaccinarsi, oltre a godere di una situazione privilegiata (non così diffusa), afferma che gli effetti collaterali possibili sul proprio corpo valgono sul piatto della bilancia più che la possibilità di fermare o limitare il virus.
La principale critica che proviene sull’uso di questo vaccino anche da parte della comunità scientifica nasce al contrario proprio dalla sua ancor limitatissima diffusione mondiale.
Come tutto ciò che caratterizza il nostro mondo, anche il vaccino porta con sè i difetti e i pregi del contesto socio-economico nel quale viviamo. Il principale effetto di tale genesi è proprio l’ostacolo alla sua maggiore diffusione e socializzazione.
6) “Perché hanno deciso di fare il vaccino e nel resto dei campi non fanno nulla?”
Anche questa idea è in fondo sballata e fuori fuoco. Prima di tutto, chi – come chi scrive – crede nel vaccino e nell’importanza dell’estensione maggiore possibile di questo strumento, non pensa certo che il resto delle cose non vada fatto. Il vaccino è uno strumento che agisce sulla diffusione del coronavirus ma lascia sul tappeto tutte le contraddizioni e le brutture di sistema che rendono possibile la nascita di una pandemia di fronte a una popolazione mondiale così disarmata. Tra gli strumenti di cui siamo privati, però, oltre alla sanità territoriale, alla prevenzione, ecc… si dimentica proprio quello più potente: il libero accesso ad un vaccino la cui distribuzione mondiale non sia vincolata agli interessi delle grandi aziende e alla geografia dell’imperialismo.
L’immagine di una comunità scientifica compatta che sostiene le grandi multinazionali farmaceutiche non risponde alla realtà ma è un appiattimento che consegna una delle armi di cui dobbiamo riappropriarci (la scienza e la critica scientifica delle realtà) al nemico di classe. Da parte di tantissimi medici, esperti e da parte di diversi studi stanno venendo fuori proprio i limiti della gestione della pandemia (dovuta proprio al fatto di vivere in un mondo capitalista) ma senza da questo trarne l’idea del vaccino come uno strumento che possa essere usato a macchia di leopardo o secondo la libera coscienza di ognuno. Anzi, la sperequazione nell’accesso al vaccino è la principale “tara” che questo vaccino sconta a causa della sua produzione legata al modo di produzione capitalista.
In tal senso, proprio questa gestione del vaccino da parte di governi e multinazionali farmaceutiche, gode del persistere di una nicchia di persone che non si vaccinano permettendo così alla circolazione del virus di proseguire in maniera più offensiva, sviluppare varianti, ecc... Cosa c’è di meglio di una pandemia endemica per una casa farmaceutica? E per renderla tale, quale situazione migliore che una gestione dei vaccini che taglia fuori una enorme parte della popolazione mondiale (non certo per scelta individuale, ma – nella gran parte del mondo – per costrizione socio-economica)?
L’obiezione che dice “si sarebbe potuto fare altro” è vera. Si sarebbe certamente potuto fare altro e fare meglio. La gestione da parte dei governi nel capitalismo non è mai sufficiente e rispondere ai bisogni della popolazione, ma questo nulla a che fare con la possibilità di non vaccinarsi.
Ma davvero si chiede che il coronavirus non venga affrontato con lo strumento universalmente riconosciuto del vaccino (che se funziona dovrebbe prevenire e debellare) ma con palliativi come la “cura”, il distanziamento sociale, ecc? Accetteremmo davvero che contro le malattie contro le quali già ci vacciniamo si torni indietro e si cerchi non più di prevenirne la diffusione ma solo di contrastarle con la “cura”? In molti paesi del mondo l’accesso ai vaccini è ostacolato dall’imperialismo e contro tante malattie già potenzialmente debellate tante persone sono costrette a limitarsi a tentare di “curarsi”.
Anche rispetto al coronavirus gestione del vaccino da parte delle multinazionali sta impedendo a tantissimi di avere accesso al vaccino, che se fosse svincolato dal profitto sarebbe invece di tutti e per tutti. Mentre adesso il target che si persegue è vaccinare finché è profittevole, se fosse svincolato dal profitto sarebbe “tutti vaccinati, senza se e senza ma”.
7) “Se scelgo di non vaccinarmi metto in pericolo solo me stesso”
Il vaccino non è una scelta individuale per motivi ormai acclarati anche dal punto di vista scientifico:
- il vaccino inibisce (ancora non abbastanza purtroppo) la circolazione del virus, quindi se il virus circola meno ci sono meno morti e meno contagi
- una persona vaccinata può trasmettere il virus, ma in maniera minore rispetto ad una persona non vaccinata che contragga il covid
- uno dei principali ostacoli al successo della campagna vaccinale contro il diffondersi del covid è che tale campagna è gestita dai governi dell’imperialismo e delle grandi case farmaceutiche
Quindi, se una persona decide di non vaccinarsi sta assumendo il rischio di prendere il covid, ma anche di essere più pericoloso per gli altri di quanto non lo sarebbe se non ci vaccinasse. La paura degli effetti collaterali (che tutti possono provare e temere, al di là delle posizioni sul vaccino) non può diventare il privilegio di conservarsi una nicchia individuale di libertà in cui la tutela degli altri è congelata a fronte dei timori sul vaccino.
La paura di affrontare qualcosa non per il tornaconto personale e mettendo in gioco il proprio corpo è profondamente antisociale e – in questa fase – sembra essere il puntello perfetto proprio per proseguire la gestione della pandemia in modalità repressive e antipopolari.
8) “il Green Pass e la campagna vaccinale sono strumento del capitale contro di noi”
Il fatto che si giudichi il vaccino in sé alla luce delle storture che il sistema provoca sullo stesso è un discorso che non ha alcun senso. Nella nostra società qualsiasi strumento è condizionato dal sistema socio-economico, anche il calcio, l’arte, la medicina, l’accesso al cibo. Nonostante questo si continua a seguire il calcio, mangiare, apprezzare l’arte e – sopratutto – prendere le medicine. Se così non fosse non si capirebbe dove passa la linea di demarcazione tra questo e credere che il covid sia un’invenzione dell’establishment? Si deve al contrario continuare a credere nella medicina combattendo perché tale sapere sia il più sociale possibile. Così come ci si vaccina combattendo perché si possano vaccinare anche nei paesi poveri.
Il vaccino è inquinato dalla ricerca del profitto? Certo, ma infatti questo lo si vede principalmente nelle difficoltà di accesso al vaccino che ha gran parte della popolazione mondiale che VUOLE vaccinarsi ma non PUO’ a causa del sistema socio-economico nel quale viviamo. Il fatto che il vaccino – come la scienza tutta – sia frutto di questo specifico travaglio storico-sociale non vuol dire che si possa pensare di rinunciarvisi.
La “scoperta” che il capitale utilizzi tutti i contesti e gli strumenti per una curvatura che permetta al governo del capitale di approfondire e radicalizzare la propria capacità di disciplinamento sociale è sempre vera. Anche con il covid, certo. Proprio per questo se si pensa che sia questo il fattore specifico del vaccino, si sta dicendo una cosa parzialissima e per questo sostanzialmente “sbagliata” o quantomeno fuori fuoco rispetto alle esigenze della battaglia attuale contro le posizioni emerse in queste settimane.
Tutto storicamente è stato curvato al disciplinamento sociale dal capitale e come tale questo aspetto va combattuto: questo non c’entra con la libertà di non vaccinarsi a discapito degli altri.
Non aiuta la comprensione delle vicende se non si offre una analisi critica che al contempo apra alla possibilità di una visione “altra”, più sociale, più razionale che mi pare in questo momento faccia a pugni con la libertà di rifiutare di vaccinarsi.
Vaccinarsi permette di rendere collettivamente i contesti collettivi più sicuri per tutti.
Stante così la situazione non può esserci la libertà di evitare di correre un (presunto) rischio individuale, inficiando un beneficio collettivo (evidente).
Stiamo assistendo ad una campagna vaccinale distorta dagli interessi economici e che nonostante tutto (e nonostante il capitale!) a livello globale sta portando i sui effetti e il cui limite principale – anche a detta di chi critica dal punto di vista scientifico la campagna vaccinale – è proprio che non sia ancora abbastanza estesa e generalizzata a tutta la popolazione.
Le misure proposte dalle autorità sanitarie sono, OVVIAMENTE, distorte dagli interessi delle grandi multinazionali e dagli interessi dei governi rispetto al controllo sociale. Infatti non dobbiamo smettere di combattere per la socializzazione di tali strumenti. Ma questo non apre nessuno spiraglio alla possibilità di abbandonare il campo dello scontro sui vaccini per preservare l’assurda possibilità di non vaccinarsi.
Questa è sì una presa di posizione individualista. Perché anche a causa della scelta di molti che non si vaccinano, la campagna vaccinale è meno efficace per tutti. Questo è incontrovertibile.
E tale posizione, qui in Italia, in un paese imperialista, si basa su un privilegio.
Il privilegio della popolazione di un paese imperialista accompagnata a una lettura antidialettica delle contraddizioni (pensare ad esempio che il male sia il vaccino e non i limiti che il capitale sta ponendo allo stesso) è spesso il puntello per derive ideologiche.
Che in tale contesto l’estrema destra abbia trovato un terreno in cui decidere di investire in modo profittevole non può quindi stupire.
Vladimir P. - compagno di Torino
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