Per le multinazionali la pandemia è un business per enormi profitti mentre intanto licenziano i lavoratori
La multinazionale statunitense del farmaco – tra le prime società a vendere vaccini contro il Covid – si appresta ad “allontanare” sessanta operai ed impiegati dal sito di Ascoli Piceno, specializzato nella produzione di compresse e capsule di antinfiammatori, farmaci oncologici e del sistema nervoso centrale e di un antivirale impiegato proprio per la cura del coronavirus.15 Dicembre 2020 18:09
di Davide Falcioni
Per decine di operai e impiegati dello stabilimento Pfizer di Ascoli Piceno il prossimo non sarà un buon Natale. L'azienda farmaceutica statunitense, tra le prime al mondo nel settore della ricerca, produzione e commercializzazione di farmaci, si accinge infatti ad allontanare nelle prossime settimane almeno 17 lavoratori assunti in staff leasing dalle società Ranstad e Adecco, mentre altri 43 potrebbero perdere il posto nel corso del 2021. "Allontanare", e non "licenziare", dal momento che formalmente quegli uomini e donne sono dipendenti delle due società di "somministrazione di lavoro" con tanto di contratto a tempo indeterminato.
Nonostante Pfizer sia stata la prima azienda a commercializzare il vaccino contro il Covid-19 in Europa
– dove ne sono state già acquistate 200 milioni di dosi al prezzo di 15,50 euro a dose prima ancora dell'approvazione da parte dell'EMA – e nonostante le quotazioni in borsa siano decollate da alcune settimane a questa parte, sembra non esserci più spazio per una sessantina di operai e impiegati del sito produttivo di Ascoli Piceno, specializzato nella produzione di compresse e capsule di antinfiammatori, farmaci oncologici e del sistema nervoso centrale e di un antivirale impiegato proprio nella cura al Covid. Lo stabilimento marchigiano è – per stessa ammissione dell'azienda – "uno dei principali fornitori-chiave per Pfizer". Molti dei farmaci sviluppati nello stabilimento sono distribuiti in tutto il mondo: negli oltre 164.000 metri quadrati si produce un antitumorale per il cancro al tratto gastrointestinale stromale e per il tumore del rene di rilevanza internazionale. "Il sito di Ascoli Piceno – spiega Pfizer – serve più di 100 mercati. La fetta più grande è quella europea (29%) in cui non va però ricompresa quella italiana (ulteriore 17%). Poi ci sono i mercati Ceer (Central and Eastern Europe Region, 14%), asiatico (20%), americano (4%), Afme (Africa e Medio Oriente, 6%), Usa (9%)". Insomma, la fabbrica di Ascoli Piceno è considerata di importanza fondamentale per la produzione di farmaci da utilizzare contro malattie che, come tutte le altre, non sono certo scomparse a causa della pandemia di coronavirus.
Com'è possibile, quindi, che una società che nel 2019 ha fatturato oltre 51 miliardi di dollari si appresti a cessare 60 contratti di lavoro, annunciano nel frattempo la donazione di 150 pasti per i poveri di Ascoli Piceno? Sentita da Fanpage.it, Pfizer ha spiegato che a causa della pandemia vi è stato un calo della produzione di farmaci nello stabilimento marchigiano: "Abbiamo chiarito sin da subito e in maniera trasparente, durante gli incontri con le organizzazioni sindacali, che i vari contratti in staff leasing, essendo correlati a specifiche esigenze e volumi di produzione, avrebbero avuto una durata limitata nel tempo. Nel 2021, a causa di una riduzione di circa il 25% dei volumi produttivi rispetto all’anno precedente, il sito, al momento, non si avvarrà più del contributo di 17 lavoratori in staff leasing (operatori ed impiegati), fino ad arrivare potenzialmente a un massimo di 60 lavoratori in somministrazione. Tale numero dipenderà dall’andamento della domanda di prodotto durante l’anno".
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