domenica 3 marzo 2019

pc 3 marzo - Lo Stato borghese si prepara alle elezioni europee all'insegna della repressione contro i marxisti/leninisti, il movimento antagonista, e del fiancheggiamento di Salvini e fascisti contro le manifestazioni antifasciste e antirazziste

    Relazione annuale dei servizi segreti, 124 pagine) 

Lo spettro dei marxisti-leninisti
La relazione dei servizi di sicurezza, da tempo inquadra come capitolo specifico quelli che definisce i “circuiti marxisti-leninisti”, d
I ristretti circuiti dell’estremismo marxista-leninista hanno continuato ad evidenziarsi per l’impegno propagandistico-divulgativo della stagione brigatista, inteso ad accreditarne l’attualità e a promuovere l’indottrinamento di “nuove leve”. Questo, come di consueto, facendo perno soprattutto su una lettura in chiave rivoluzionaria dei più recenti sviluppi della congiuntura interna e internazionale. In tale quadro, sono rimasti centrali la lotta alla “repressione”, l’“antifascismo”, l’“antimperialismo” e l’esteso panorama delle istanze sociali, a partire dall’emergenza abitativa e dalle vertenze occupazionali.
Il tema forte è sempre quello della solidarietà ai “prigionieri politici”, anche stranieri, che ha animato iniziative contro il “carcere duro”, quali i presidi del 4 maggio e del 28 settembre presso il Tribunale dell’Aquila in occasione di scadenze processuali a carico di Nadia Desdemona Lioce, ristretta nel capoluogo abruzzese e leader delle “Nuove Brigate Rosse” responsabili degli omicidi di Massimo D’Antona e Marco Biagi”.

Nella prospettiva della “lotta di classe” hanno continuato a trovare spazio i richiami, a fini di
proselitismo, ad un “nuovo proletariato urbano” composto da lavoratori immigrati, precari, disoccupati e “senza casa”
 nella relazione si indica che tra i soggetti eversivi “si inscrivono nel filone internazionalista ed “antimperialista” le manifestazioni in appoggio alla resistenza palestinese ed in chiave “anti-israeliana”, come la protesta in occasione del Giro d’Italia, che per l’edizione 2018 ha preso il via da Gerusalemme Ovest”.
Avevamo fino ad oggi ritenuto che manifestazioni e contestazioni all’occupazione coloniale israeliana della Palestina fossero una “preoccupazione” relativa solo per il Mossad, scopriamo invece che lo sono anche per i servizi segreti italiani.
Il movimento antagonista
Nella relazione si scrive che: “L’eterogenea galassia dell’antagonismo si è distinta soprattutto per il tentativo di superare una persistente tendenza alla “parcellizzazione delle lotte”, così da dare maggiore compattezza al fronte della contestazione. Ancorché declinato su specifiche realtà del territorio nazionale, il dinamismo antagonista sul versante delle proteste ambientaliste ha ricercato convergenze e sinergie, con l’obiettivo di strumentalizzare in chiave oltranzista l’attività dei cd. “Fronti del No”, che si oppongono alla realizzazione di infrastrutture di vario genere (grandi opere, installazioni energetiche e militari, ripetitori, inceneritori etc.)
Tra le preoccupazioni “sovversive” che spiccano nella relazione di quest’anno c’è quella dell’antifascismo militante al quale viene riservata anche una scheda particolare (vedi più avanti). E’ scritto: “Gli attivisti hanno provato a serrare i ranghi concentrando la protesta antisistema sull’“antifascismo” e sull’“antirazzismo”, come testimoniato dalla manifestazione nazionale di Macerata del 10 febbraio, organizzata all’indomani del raid omicida a sfondo razzista compiuto nella città marchigiana da un simpatizzante di estrema destra ed indicata, nella propaganda d’area, come punto di partenza per favorire il rilancio di un percorso di mobilitazione il più possibile comune e condiviso.
Anche l’organizzazione degli immigrati su vari terreni di lotta inerenti i propri bisogni materiali sembra provocare particolare attenzione da parte dei servizi di sicurezza. “In tale quadro, ha assunto specifico rilievo strategico, nelle progettualità antagoniste, il coinvolgimento nelle mobilitazioni della popolazione straniera, ritenuta, in particolare dai segmenti più oltranzisti, un bacino di reclutamento “capace di produrre conflitto” – è scritto nella relazione annuale – “Una linea, questa, evidenziatasi anche a livello locale, ove i vari “movimenti per l’abitare” hanno mostrato interesse verso la “propensione ribellistica” delle fasce più disagiate e precarie, pure attraverso appelli ad una ripresa delle occupazioni abusive, intese quale “pratica militante di riappropriazione del reddito”. L’impegno antagonista sulla tematica migratoria ha continuato a qualificarsi come un ambito sensibile per l’ordine pubblico in ragione del concorrente attivismo di componenti della destra radicale, con il rischio di un’intensificazione di episodi di conflittualità fra opposti estremismi.
ancora sulla mobilitazione “antifascista”
 Colpisce l’attenzione e la finta preoccupazione dei servizi segreti sul fatto che l’antifascismo abbia fatto un piccolo “salto di qualità”, passando da un antifascismo sostanzialmente costituzionale e culturale al piano militante. Una sottolineatura che pare funzionale a preparare una legittimazione alla repressione della mobilitazione antifascista di fronte – invece – al pieno sdoganamento dei fascisti che mostrano ormai apertamente le evidenti coperture fornite dagli apparati repressivi e istituzionali: “Nell’ambito della mai sopita ostilità tra estremismi di opposta matrice, l’”antifa” definisce la posizione più avanzata e intransigente dell’antagonismo di sinistra nel contrasto alla destra, consistente in un impegno militante che privilegia la “dimensione combattiva” rispetto al confronto politico-culturale. Nel 2018, la propaganda e le pratiche della mobilitazione “antifa” hanno evidenziato una rinnovata radicalizzazione in reazione ad una percepita crescita di visibilità e protagonismo dell’estrema destra su questioni riguardanti la sicurezza, l’immigrazione e il disagio sociale. In questo quadro sembrano inserirsi taluni episodi di aggressione contro attivisti della destra radicale, danneggiamenti a sedi aggregative nonché la divulgazione sul web di documenti e “dossier” dai toni istigatori. L’accentuata propensione allo scontro rischia di aggravare la conflittualità tra i due fronti, con una possibile intensificazione di provocazioni, aggressioni e reazioni in grado di generare criticità sul piano dell’ordine pubblico.
Gli internazionalisti in Rojava e in Donbass
Colpiscono infine due schede dedicata a chi è andato in questi anni a dare sostegno internazionalista in Rojava e in Donbass. E’ la prima volta che si dedica a questo una attenzione così esplicita. Nel primo caso, il Rojava, la relazione scrive che: “Spunti di attivazione sono stati colti anche negli ambienti dell’estremismo marxista, tradizionalmente sensibili alla causa curda, che, in collaborazione con omologhi circuiti esteri, sono stati impegnati a sostenere le formazioni combattenti attraverso specifiche campagne finalizzate alla spedizione di materiale medico”.
Nel secondo caso, il Donbass, i servizi segreti scrivono che: L’operazione “Ottantotto” del luglio 2018 coordinata dalla Procura della Repubblica di Genova, che ha coinvolto diversi soggetti accusati di “associazione a delinquere, aggravata dalla transnazionalità, finalizzata al reclutamento di mercenari e al combattimento in un conflitto in un territorio controllato da uno Stato estero”, ha riportato all’attenzione generale il tema della presenza nel teatro di crisi ucraino di cittadini italiani o di stranieri residenti in Italia”.
Ma sul Donbass, diversamente che in Rojava, per i servizi di sicurezza il monitoraggio verso il sostegno internazionalista si complica per la diversificazione dei soggetti attivizzatisi (militanti della sinistra ma anche gruppi di destra) e della diversità di collocazione “sul fronte”. Nella relazione è scritto infatti che: “Sin dal principio, infatti, la crisi ucraina ha suscitato l’interesse dell’estrema destra, scatenando però un vivace dibattito interno che ha determinato il formarsi di due fronti: l’uno, favorevole alle istanze nazionaliste di Kiev; l’altro, solidale con gli indipendentisti delle regioni orientali dell’Ucraina, sostenuti da Mosca. Tale contrapposizione si è tradotta nella rilevata presenza in entrambi gli schieramenti di militanti dell’ultra-destra italiana, spinti da motivazioni tanto ideologiche quanto economiche. Più nel dettaglio, mirati approfondimenti informativi hanno rilevato che: a favore dei lealisti ucraini si è mobilitata una parte della destra radicale nazionale, in considerazione del ruolo di rilievo ricoperto dai movimenti ultranazionalisti nel corso delle note proteste di piazza del novembre 2013 (cd. Euromaidan); a sostegno dei separatisti si è invece schierata una componente di estrema destra più numerosa, d’impronta più propriamente identitaria, che sostiene le posizioni russe in chiave anti-USA e anti-UE”.
“L’allarme sugli anarchici”, come sempre, da sempre
Nella relazione, ovviamente e come è ormai consuetudine, ci sono diverse pagine dedicate agli anarchici, in particolare “sull’anarco-insurrezionalismo, confermatosi come l’espressione più insidiosa, capace di tradurre in chiave offensiva gli appelli istigatori della propaganda d’area, specie quella riconducibile alla Federazione Anarchica Informale/Fronte Rivoluzionario Internazionale (FAI/FRI).Nonostante l’incisiva azione di contrasto degli ultimi anni e le divergenze tra le varie componenti, il movimento si è reso protagonista di numerose sortite, rivendicate e non, che hanno preso di mira obiettivi riferibili ai tradizionali fronti di attivazione libertaria: “lotta alla repressione”, non solo nella consueta accezione di “solidarietà rivoluzionaria ai compagni prigionieri”, ma sempre più anche in chiave “antifascista” e “antirazzista”; campagna contro le grandi opere (Trans Adriatic Pipeline-TAP in primis); antimilitarismo; opposizione al “dominio tecno-scientifico”.
 antifascismo militante e mobilitazioni popolari/ambientali sembrano essere le aree più attenzionate dai servizi di sicurezza. Ma, come detto sopra, guai ad abbassare la guardia sul fronte della risposta repressiva ai conflitti sociali, soprattutto se l’evidente avvitarsi della crisi economica accentuerà una crisi sociale nei settori popolari. A quel punto per gli apparati repressivi, tutto quello che si metterà di traverso avrà un suo potenziale sovversivo da colpire, anche quando si muove sul terreno della lotta “legale”. Non sarà la commissione del reato l’oggetto delle misure repressive, ma il soggetto “sovversivo” in quanto tale.
Il testo integrale della Relazione annuale: http://www.sicurezzanazionale.gov.it/sisr.nsf/Relazione-2018.pdf

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