Molti a sinistra, ieri, gongolavano sulle piattaforme social per la denuncia e il fascicolo aperto dalla Procura di Agrigento – e precisamente dal duro procuratore Luigi Patronaggio – ai danni del Ministro degli Interni, Matteo Salvini. Indagato per sequestro di persona, arresto illegale e abuso d’ufficio.
Dunque, a sinistra si continua, con una pervicace e irritante inerzia autolesionista e masochistica, ad invocare il ricorso allo strumento giudiziario a fini politici. E nulla, in sostanza, si è imparato dalla vicenda Berlusconi; il quale, dai continui attacchi della
Magistratura – invocata, proprio da sinistra, con frequenza giornaliera – sembrava trarre vantaggi personali e politici straordinari, con l’unico risultato di rafforzare, irrimediabilmente, il proprio prestigio per più di vent’anni.
Magistratura – invocata, proprio da sinistra, con frequenza giornaliera – sembrava trarre vantaggi personali e politici straordinari, con l’unico risultato di rafforzare, irrimediabilmente, il proprio prestigio per più di vent’anni.
Lo strumento giudiziario, d’altra parte, rappresenta prepotentemente – qualora non lo si fosse ancora compreso appieno – uno di gangli principali di quello stato borghese (repressivo o assolutorio, a seconda degli interessi in gioco) che, marxianamente, si dovrebbe quanto meno combattere, per mutarne radicalmente gli assetti. Se proprio non si ha l’intelligenza e la forza di capire, da comunisti, che quello stesso Stato, con il sistema che lo ha generato, andrebbe sovvertito nella sua essenza economica, produttiva, politica e culturale. Dunque, in buona sostanza, governamentale. Pena, il rischio di incorrere, ciclicamente, nelle derive autoritarie e nelle distorsioni democratiche, cui stiamo assistendo in questi giorni.
Ci si ostina a non capire, quindi – o forse fa comodo non capire – che la stessa Magistratura indagherà coloro che, proprio ieri l’altro, hanno protestato e manifestato, a Catania, per la liberazione dei migranti. E che, con ogni probabilità, verranno puniti severamente.
È la stessa Magistratura che ha indagato, con la grottesca accusa di “terrorismo” – per un compressore rotto – i compagni No Tav.
È la stessa Magistratura che, all’epoca dei fatti di Piazza Fontana (correva il 1969), con l'”imparziale” giudice, Gerardo D’Ambrosio – appartenente alla corrente progressista e di “sinistra” di Magistratura Democratica – inventò, di sana pianta (con la scandalosa sentenza del 1975) la fattispecie di “malore attivo” per l’omicidio di Pino Pinelli, ucciso dal commissario Luigi Calabresi e dai suoi sgherri.
È la stessa Magistratura che ha indagato Berlusconi innumerevoli volte, senza che mai una sentenza (se si eccettua quella Mediaset) sia passata in giudicato, per condanna avvenuta. Assoluzioni, prescrizioni, depenalizzazioni, fatti insussistenti hanno costellato, infatti, l’iter giudiziario di Mr B. Il quale ancor oggi, d’altro canto, imperversa, sardonico e strafottente, dietro le quinte del teatrino politico italiano. Giusto un po’ offuscato dall’età…
È quella stessa Magistratura che ha indagato i vertici della Thissenkrupp (l’ex a.d. Harald Espenhahn e l’ex consigliere Gerald Priegnitz) per l’omicidio colposo di sette operai, e che li ha condannati, certo. Purtuttavia, questi girano ancora liberi, senza che quello stesso potere giudiziario abbia mai preteso che venisse rispettata la sentenza.
È la stessa Magistratura di Mani Pulite, probabilmente la più grande farsa giudiziaria di questo paese, messa su per liquidare una classe dirigente oramai obsoleta – rispetto ai mutati assetti mondiali, dopo la caduta del Muro di Berlino e la fine della Guerra Fredda – e far quindi posto, in buona sostanza, a Forza Italia.
Quello che qui intendiamo dire, insomma, è che i nemici – tale riteniamo il governo gialloverde – non si sconfiggono adendo sistematicamente alla via giudiziaria. Si sconfiggono con la forza delle nostre idee e delle nostre lotte. E battendosi per mutare, definitivamente, il dominante e trionfante pensiero unico neoliberista – di cui i suddetti nemici sono l’incarnazione politica – qui in Italia come altrove. Se ci si riesce e ammesso che se ne abbia l’intenzione, al di là di qualche post indignato sui social.
Inneggiare alle manette, al carcere e ad un sommario “giustizialismo”, invece, equivale ad innaffiare, lasciandola rigogliosamente germogliare, proprio la pianta di quella cultura di destra, demagogica ed autoritaria, i cui frutti avvelenati hanno prodotto la Lega, con il suo razzismo ed il suo apparato ideologico para fascista; e i Cinque Stelle, con la loro ridicola politica-slogan dell’Onestà, priva di qualsiasi progettualità futura sul modello di società da proporre.
Equivale a restare passivi nella speranza – l’illusione – che qualcun altro risolva I nostri problemi.
Del resto, l’astuto e politicamente avveduto Salvini, la denuncia l‘ha cercata con indiscutibile ostinazione e l’ha ottenuta. Ed è un evento politico certamente non nuovo.
Qualcosa di simile, d’altronde, si era verificata già per i fatti accaduti nel 2011, al tempo della massiccia immigrazione di tunisini in Italia e in Europa. L‘Italia fu condannata dalla Corte Europea per il caso Khlaifia. In quella circostanza, si verificò il trattenimento di tre cittadini tunisini, arrivati in Italia e costretti all’interno del “Centro di primo soccorso e accoglienza” di Lampedusa, in condizioni da essi descritte come inumane e degradanti. In seguito ad un incendio che aveva reso inutilizzabile la struttura, i tre cittadini tunisini, insieme agli altri migranti presenti sull’isola, furono poi trasferiti a Palermo e collocati all’interno di tre imbarcazioni, attraccate nel porto. I cittadini tunisini furono infine rimpatriati, in ragione dell’accordo Italo-tunisino del 5 aprile 2011. Specifiche circostanze che indussero la Grande Camera a confermare la violazione dei diritti umani.
Allora, contro l’omologo di Salvini al Viminale, quel Roberto Maroni anch’egli leghista, il tribunale dei ministri – dove finirà l’inchiesta anche stavolta – respinse la richiesta a procedere. Un’eventualità che, con tutta probabilità, siamo pronti a scommettere, si ripeterà probabilmente anche in questo caso. Lasciando così naufragare l’ingenuo entusiasmo di quella “sinistra”, ormai preda del demone legalitario, sugli aguzzi scogli dell’interesse politico e di parte.
Or dunque, quelli sopra esposti sono solo alcuni degli aspetti che, negli ultimi 40 anni, hanno segnato la fine culturale, prima ancora che politica, della sinistra italiana. Per questo, nulla mette a tacere la mia intima convinzione e il mio profondo timore che, come successe per Berlusconi, questa denuncia – da Salvini stesso invocata – lo rafforzerà presso il suo elettorato, che lo vedrà ancor più come un eroe. L’uomo forte capace di sfidare, lui sì, il potere costituito e la sinistra buonista, cui la Magistratura, nella vulgata popul-fascista, sarebbe asservita.
Con il prevedibile risultato – se solo si fosse imparato qualcosa dal recente passato – che, alle prossime elezioni, il boss in camicia verde vedrà aumentare sensibilmente la sua percentuale di voti. Surclassando quei pentastellati che – smaniosi di gestire finalmente il potere, più di quanto un adolescente non smani per il suo primo rapporto sessuale – dallo scaltro Matteo si sono lasciati sedurre e sottomettere. Nel nome del perverso gioco elettorale e dell’oscuro godimento razzista, classista e perfino fascista.
Fintantoché non verranno, con ogni probabilità, abbandonati sull’altare, poco prima del definitivo sì. Traditi da una più schietta compagnia di destra.
In conclusione, quello che le sinistre largamente intese, legalitarie e statolatre, sembrano non aver ancora capito -o se lo hanno compreso se ne infischiano: la base, nel nome del quieto vivere democraticista; i vertici, nel segno della succulenta rendita di potere- è che l’italiano medio non vuole né onestà né democrazia. Ma un duro padre padrone che glielo faccia sentire tutto, il potere della disciplina e del manganello. Del resto, Minniti docet. Alla faccia dei Diritti Costituzionali e con buona pace della Magistratura Democratica
Nessun commento:
Posta un commento