Anche
quest’anno a Torino nella piazza del primo maggio era ben visibile la
frattura tra il rituale stanco e imbalsamato di sindacati e istituzioni
davanti alla forza e la partecipazione di uno spezzone sociale vivo, che
voleva dare voce alla voglia di riscatto di lavoratori e lavoratrici,
precari, studenti, operai della logistica e fattorini.
La giornata è stata aperta dall’iniziativa della rete torinese di Non Una di Meno,
che alla partenza del corteo ha deciso di bloccare la testa della
manifestazione composta dai sindacati confederali per portare in piazza
la lotta contro la violenza sulle donne e la questione del lavoro
riproduttivo e di cura. Un lavoro ancora troppo spesso invisibilizzato e
scaricato unicamente sulle spalle delle donne (complice anche il
progressivo smantellamento di qualsiasi forma di welfare), che spesso si
trasforma in vero e proprio strumento di ricatto e subordinazione. Non
appena il gruppo di donne di NUDM, reggendo cartelli e oggetti simbolo
del lavoro di cura, ha cercato di entrare tra i sindacati confederali -
gli stessi che lo scorso 8 marzo hanno ignorato, quando non boicottato,
lo sciopero femminista globale – Digos e celere sono intervenute
circondandole, malmenandole e spingendole in un angolo. Una dinamica che
ormai da anni si ripropone davanti a qualunque tentativo di disturbare
la passeggiata sindacale. Per alcuni sfilare scortati da due ali di
celerini sembra ormai essere una grottesca abitudine dentro il corteo
del primo maggio. Con determinazione il gruppo è riuscito comunque a
portare avanti la propria iniziativa, ripercorrendo a ritroso tutti gli
spezzoni sindacali con slogan e interventi, fronteggiando anche le
provocazioni e gli spintoni degli uomini dei servizi d’ordine di CGIL,
CISL e UIL, praticamente indistinguibili dall’operato delle forze
dell’ordine.
Nel frattempo lo
spezzone sociale muoveva i primi passi portando in piazza i bisogni
reali di una delle città più impoverite del Nord Italia e l’opposizione a
modelli di gestione del territorio improntati su grandi eventi e grandi
opere. Dalla lotta No Tav, a quella studentesca contro lo sfruttamento
dell’alternanza lavoro, passando per le mobilitazioni dei rider delle
grandi aziende di consegne a domicilio, fino all’opposizione alle
Olimpiadi che la giunta a 5Stelle ha recentemente scelto di riproporre
mentre il debito lasciato dai Giochi del 2006 ancora strozza la città.
Negli
ultimi anni la sfilata di sindacati venduti e amministrazione cittadina
era stata sempre garantita dalla Questura a suon di manganellate contro
chiunque osasse levare una voce di contestazione, spezzando il corteo
con plotoni di celerini per decidere arbitrariamente chi poteva entrare
nella piazza del comizio e chi no. Quest’anno lo spezzone sociale ha
invece conquistato con determinazione ogni metro del percorso, entrando
nella piazza di arrivo cantando Bella Ciao. Qui sindacati e istituzioni
avevano già levato le tende dopo aver recitato in fretta e furia la
propria formuletta, per evitare di attirarsi la banché minima
contestazione. Lo spezzone sociale si è quindi preso il palco dei
sindacati, dal quale tanti interventi si sono alternati portando una
ventata di realtà e di rabbia in una piazza ancora gremita. Sempre dal
palco è stata data alle fiamme una bandiera turca, mentre Davide,
compagno torinese e combattente italiano delle YPG, ricordava
l’aggressione in corso contro la rivoluzione della Siria del Nord e la
complicità del nostro governo con l’assassino Erdogan.
Nel
frattempo alcuni rider di foodora, justeat e deliveroo si sono staccati
dal corteo per un'azione di protesta alla vicina hamburgeria di Eataly
davanti cui hanno srotolato lo striscione "Dall'alternanza al food
delivery, lo sfruttamento è made in Italy" prima di unirsi di nuovo al
resto dei manifestanti in piazza San Carlo
Lo abbiamo detto, lo abbiamo fatto: il primo maggio è di tutti i lavoratori, i precari e disoccupati non solo di CGILCISLUIL!
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