giovedì 16 febbraio 2017

.pc 16 febbraio - Cosa farà la Nato a Napoli? La domanda è: cosa faremo noi, comunisti, proletari, antimperialisti, movimenti, ecc. a Napoli?


La base Nato di Napoli diventerà anche un hub internazionale per valutazioni e analisi sul terrorismo del fronte Sud, quello caldissimo che attraversa il Mediterraneo verso il Nordafrica e più a est si allarga al Medio Oriente. La creazione della struttura sarà formalizzata durante il vertice tra i ministri della Difesa dei paesi membri dell’Alleanza, in programma al quartier generale Shape di Bruxelles tra martedì e mercoledì. Nota importante: parteciperà anche il capo del Pentagono James Mattis, e dunque tutto avrà la benedizione ufficiale di Washington. D’altronde, è la Casa Bianca di Donald Trump che ha più volte battuto (già ai tempi della campagna elettorale) sulla necessità che l’obiettivo dell’alleanza fosse spostato maggiormente sulla lotta al terrorismo globale. Viene da lì la famosa espressione “è obsoleta”, perché, secondo Trump, dovrebbe invertire il focus: rallentare sul contenimento delle minacce del fronte orientale (che hanno un nome: Russia) e concentrarsi maggiormente su quella globale rappresentata dal terrorismo; che per Trump ha una sol declinazione, quello di matrice islamico-fanatica.

LA STRUTTURA
A Napoli saranno circa novanta le persone focalizzate sul tema: obiettivo, lo studio approfondito delle dinamiche della minaccia, della radicalizzazione e degli spostamenti dei gruppi. Per esempio, in questi giorni un’inchiesta Reuters ha raccontato che in Libia, dopo la caduta di Sirte, lo Stato islamico è comunque attivo, disperso nelle aree centrali del paese; questioni che richiedono un follow-up continuo. Da qui un altro dei target della struttura: aumentare la collaborazione con i paesi amici, dal Maghreb al Medio Oriente, per sfruttare le conoscenza specifiche del territorio e formare tra gli eserciti di queste nazioni unità speciali addestrate allo standard Nato (corsi simili, ma più approfonditi, di quelli che il Joint Force Command di Napoli sta già tenendo in Iraq, per esempio). La Frankfurter Allgemeine ha scritto che inizialmente si tratterà di un punto di studio per “un’accurata valutazione della situazione”, ma non è escluso che successivamente diventi il comando di riferimento per le operazioni counter-terrorism. Sul lato tecnico probabilmente maggiori informazioni saranno diffuse nei prossimi giorni.

IL RETROSCENA
A diffondere la notizia, lo scorso giovedì, è stata la Deutsche Presse-Agentur, agenzia stampa tedesca (più nota come dpa) e questo è di per sé un segnale politico. La creazione della struttura interna alla base partenopea era in discussione da diversi mesi (ossia, già dai tempi del più apertamente atlantista Barack Obama), ma l’impulso finale è stato dato dall’amministrazione Trump. Un circostanza che inverte lo scetticismo del nuovo presidente americano spesso raccontato a proposito delle sue visioni sull’alleanza? A battere la notizia per primi i tedeschi, che nei giorni passati hanno cercato di basare sul comune pilastro difensivo nord-atlantico la costruzione di un rapporto complicato già in partenza con i nuovi amministratori americani (il 17 febbraio Mattis sarà alla Security Conference di Monaco). L’amministrazione Trump infatti in queste settimane ha attaccato Berlino per la politica economico-monetaria, mandando messaggi all’alleato sulla necessità di riequilibrare la bilancia commerciale per poter mantenere in piedi la partnership (attacchi trasversali avevano interessato l’Unione Europea, facendo sponda con la Brexit e il ruolo della Germania nello scacchiere internazionale).

LO SCENARIO
Alle forti critiche era stata abbinata una linea più diplomatica, espressa negli incontri tra il ministro degli Esteri tedesco e il suo omologo americano. La Nato era stata anche al centro dei colloqui con l’Italia, quando Mattis aveva parlato con la ministro della Difesa Roberta Pinotti. Il generale americano ha ricoperto ruoli importanti nell’alleanza, e sicuramente sente l’impalcatura militare più vitale di quanto non la senta Trump (le cui critiche oltre che sul focus strategico si concentrano sulla scarsa partecipazione economica degli alleati che non rispettano il patto del 2 per cento di Pil per gli investimenti militari). Mattis, secondo diversi analisti come per esempio il generale italiano Vincenzo Camporini (membro del Senior Expert Group della Nato), rappresenta la parte riflessiva della politica di difesa di Trump e probabilmente in questo momento sta giocando un ruolo nel rassicurare la Nato e il mondo sugli impegni americani. Pochi giorni fa nel readout della conversazione telefonica tra Trump e il presidente turco Recep Tayyp Erdogan la Turchia veniva definita “un partner strategico e un alleato Nato”, un altro messaggio evidenziato dagli osservatori perché raro in quello che finora è stato l’atteggiamento critico della Casa Bianca nei confronti dell’Alleanza.

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