Circa cinquecento persone stanno, da stamattina,
bloccando le principali vie d’accesso/uscita dalla
città di Gela; operai dell’indotto Eni, sindacati,
disoccupati e famiglie stanno dando vita ad
una protesta contro “la morte della città”
cui secondo loro sarebbe destinata proprio G
ela di fronte al disinvestimento sulla raffineria.
I manifestanti chiedono l’immediata apertura
di un tavolo d’emergenza da parte del
governo nazionale e di Renzi in persona;
insistono inoltre su un’accelerazione del
processo di bonifica e riconversione del
petrolchimico da parte di Eni in “green rafinery”,
interventi che – a detta soprattutto dei sindacati –
aiuterebbero a mantenere i livelli occupazionali e,
dunque, le possibilità di sopravvivenza per Gela.
Questi lavori erano stati annunciati nel 2014 ma,
a causa dei mancati accordi programmatici con Stato,
Regione e sindacati, non sono mai stati realizzati.
Intanto domani dovrebbero aggiungersi i diretti dipendenti di
Eni per uno sciopero nazionale dei chimici già da tempo annunciato.
I sindacati annunciano una protesta ad oltranza e, nel frattempo,
organizzano i blocchi: quello sulla strada verso Catania,
il secondo sulla strada diretta a Licata, e il terzo proprio
di fronte la raffineria.
Vale la pena ricordare come proprio il sito Eni di Gela sia
stato negli ultimi mesi al centro di polemiche in occasione
della firma (presenti sindacati, Stato e Regione) del
cosiddetto “protocollo di Gela” che vincola il rilancio del sito
e la sua riconversione green in cambio delle licenze per le
trivellazioni esplorative a largo di Licata.
Insomma un ricatto da parte della multinazionale partecipata
dallo stato: investimenti in cambio di nuovi sfruttamenti ambientali.
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