- Federico Rucco
- contropiano
Marco Carrai, uomo della ristretta cerchia di Renzi, ufficialmente
imprenditore quarantenne e rampante dai molti interessi (amministra la
società Cgnal, l’AdF- aeroporto di Firenze), è tra i soci fondatori
della “Cys4”, una società dedicata alla sicurezza informatica, fondata
insieme a Leonardo Bellodi, ex manager delle relazioni esterne di Eni.
La Cys4, definita come una start up per la lotta al crimine informatico
ha tra i suoi obiettivi aziendali dichiarati “la prestazione in Italia e
all’estero di servizi di progettazione, assistenza, consulenza nonché
la vendita di prodotti inerenti agli ambiti della sicurezza fisica e
della sicurezza logistica”, oltre alla “consulenza di information
technology”. A controllare Cys4 con il 52% delle azioni è la Aicom, una
società indipendente di ingegneria fondata nel 1990 con uffici a Roma,
in Valdarno e a Milano. Le altre quote sono della Cmg (33%) e Bellodi
(15%).
La Cys4” ha come partner tecnologici anche alcuni esperti israeliani e da tempo ha fatto pressioni con
Renzi per ottenere delle commesse da Telecom, ossia la società che ha l’accesso alle comunicazioni in gran parte del paese e che giù alcuni anni fa – con lo scandalo Teveroli, il “suicidio” del capo della sicurezza Telecom Adriano Bove – è finita dentro una inchiesta e un processo per spionaggio ai danni dei cittadini italiani.
Il quarantenne Carrai, scrive l’Huffington Post, “è l’unico membro del “Giglio magico” che finora non ha avuto incarichi istituzionali, ma che ha sempre continuato a lavorare per Renzi, tessendo reti di rapporti con mondi di potere e think tank politici ed economici, italiani ed internazionali, da Israele fino a Comunione e liberazione”. Non solo. Marco Carrai è di casa a Tel Aviv, ha agevolato gli interessi delle compagnie del gas israeliano presso l’Eni, ha ottime relazioni con il governo di Netanyahu e il suo sbarco al vertice dei servizi italiani è certamente una buona notizia per Israele. In particolare, secondo la ben informata Lettera 43, sono solidi i suoi rapporti con Jonathan Pacifici, romano che da tempo si è trasferito in Israele, fondatore della Wadi Ventures Capital, società che ha sede in Lussemburgo e sostiene le start up israliane, insieme con Marco Bernabè, figlio di Franco, ex Telecom Italia e soprattutto di Eni, prima dell'arrivo di Scaroni.
Ma la notizia, se è vero quanto ha denunciato ieri il Fatto, è che a Marco Carrai, Renzi, vorrebbe affidare un comparto delicato e potente come quello della sicurezza informatica del paese. Fonti di palazzo Chigi confermano che Renzi stia pensando tirare nel proprio team operativo Carrai, ma smentiscono che il ruolo sia quello ipotizzato dal Fatto quotidiano mentre ribadiscono che prima di approdare a palazzo Chigi, dovrà sciogliere “ogni eventuale conflitto d’interesse” tra la sua attività di spione e un eventuale incarico istituzionale. Su questo settore del controllo e della sicurezza interna (riconoscimenti facciali, connessione con telecamere etc.) il governo prevede di spendere una parte dei 150 milioni che il presidente del Consiglio ha promesso al capitolo cybersecurity.
Eppure il Fatto sembra sicuro di quanto scrive, sostenendo che la Presidenza del Consiglio vuole concretizzare un decreto che farà nascere l’Agenzia per la sicurezza informatica e la inserirà al vertice del nostro sistema dei servizi segreti. Certo, ci sono da superare le resistenze dei servizi segreti (Aise e Aisi) rispetto ad un nuovo “reparto” che andrebbe integrato negli apparati e con un mandato tutto politico legato al governo, ma ogni dirigente attaccato alla sua poltrona sa benissimo che di questi tempi occorre fare buon viso a cattivo gioco se si vuole rimanere dove si è.
Insomma a Palazzo Chigi potrebbe arrivare uno spione sodale (o confratello) di Renzi, il problema è che avrebbe pieni poteri per mettere il naso, gli occhi e le orecchie sulle nostre comunicazioni. Non è affatto una notizia rassicurante.
La Cys4” ha come partner tecnologici anche alcuni esperti israeliani e da tempo ha fatto pressioni con
Renzi per ottenere delle commesse da Telecom, ossia la società che ha l’accesso alle comunicazioni in gran parte del paese e che giù alcuni anni fa – con lo scandalo Teveroli, il “suicidio” del capo della sicurezza Telecom Adriano Bove – è finita dentro una inchiesta e un processo per spionaggio ai danni dei cittadini italiani.
Il quarantenne Carrai, scrive l’Huffington Post, “è l’unico membro del “Giglio magico” che finora non ha avuto incarichi istituzionali, ma che ha sempre continuato a lavorare per Renzi, tessendo reti di rapporti con mondi di potere e think tank politici ed economici, italiani ed internazionali, da Israele fino a Comunione e liberazione”. Non solo. Marco Carrai è di casa a Tel Aviv, ha agevolato gli interessi delle compagnie del gas israeliano presso l’Eni, ha ottime relazioni con il governo di Netanyahu e il suo sbarco al vertice dei servizi italiani è certamente una buona notizia per Israele. In particolare, secondo la ben informata Lettera 43, sono solidi i suoi rapporti con Jonathan Pacifici, romano che da tempo si è trasferito in Israele, fondatore della Wadi Ventures Capital, società che ha sede in Lussemburgo e sostiene le start up israliane, insieme con Marco Bernabè, figlio di Franco, ex Telecom Italia e soprattutto di Eni, prima dell'arrivo di Scaroni.
Ma la notizia, se è vero quanto ha denunciato ieri il Fatto, è che a Marco Carrai, Renzi, vorrebbe affidare un comparto delicato e potente come quello della sicurezza informatica del paese. Fonti di palazzo Chigi confermano che Renzi stia pensando tirare nel proprio team operativo Carrai, ma smentiscono che il ruolo sia quello ipotizzato dal Fatto quotidiano mentre ribadiscono che prima di approdare a palazzo Chigi, dovrà sciogliere “ogni eventuale conflitto d’interesse” tra la sua attività di spione e un eventuale incarico istituzionale. Su questo settore del controllo e della sicurezza interna (riconoscimenti facciali, connessione con telecamere etc.) il governo prevede di spendere una parte dei 150 milioni che il presidente del Consiglio ha promesso al capitolo cybersecurity.
Eppure il Fatto sembra sicuro di quanto scrive, sostenendo che la Presidenza del Consiglio vuole concretizzare un decreto che farà nascere l’Agenzia per la sicurezza informatica e la inserirà al vertice del nostro sistema dei servizi segreti. Certo, ci sono da superare le resistenze dei servizi segreti (Aise e Aisi) rispetto ad un nuovo “reparto” che andrebbe integrato negli apparati e con un mandato tutto politico legato al governo, ma ogni dirigente attaccato alla sua poltrona sa benissimo che di questi tempi occorre fare buon viso a cattivo gioco se si vuole rimanere dove si è.
Insomma a Palazzo Chigi potrebbe arrivare uno spione sodale (o confratello) di Renzi, il problema è che avrebbe pieni poteri per mettere il naso, gli occhi e le orecchie sulle nostre comunicazioni. Non è affatto una notizia rassicurante.
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