Peggio di Berlusconi
che diceva che alle masse si può dire tutto e si bevono tutto perché sono
ignoranti, così Renzi continua: «Cresce il Pil, crescono gli occupati, meno
disoccupazione. Le riforme servono». Ecco le ultime battute di ieri che
vogliono ingannare. I dati sbandierati
in tv da Renzi fanno a pugni con tutte le analisi sull’economia fatte in Italia
e all’estero; ne riportiamo una del Sole 24 Ore dell’altro ieri che
sintetizziamo per punti:
- 1. I dati della “fiducia” nella ripresa e degli ordinativi delle imprese in Italia sono in RIBASSO
- 2. Il Pil (Prodotto interno lordo) italiano è in RALLENTAMENTO
- 3. Il MERCATO INTERNO, cioè essenzialmente la CAPACITA’ di SPESA dei LAVORATORI e delle MASSE POPOLARI, è FERMO “per le grandi imprese che producono in Italia nel 2014 le vendite sono calate del 2,2% e, sul solo mercato interno del 4,3%” e inoltre
- 4. I POSTI DI LAVORO DIMINUISCONO perché c’è nelle grandi imprese “un calo degli addetti dell’1,1% e le stime per quest’anno non si discostano di molto da questo trend.”
- 5. Il quadro generale nel mondo è di CRISI.
Per chi ha voglia di “girare”
tra le cifre e le sigle dei dati economici riportiamo l’articolo con alcune sottolineature
nostre.
***
La congiuntura. I dati
e le previsioni per le imprese
La domanda interna
grande incognita per il manifatturiero
In bilico tra l’opportunità
di consolidare la ripresa e il rischio di impantanarsi nella sindrome cinese
innescata dal rallentamento della “fabbrica del mondo”. Il quadro congiunturale
è oltremodo complicato dalle svalutazioni delle valute dei paesi emergenti e il
possibile calo dell’export mentre la scorsa settimana nel rally delle Borse
sono stati bruciati decine e decine di miliardi.
Per le imprese quello
che si presenta è uno scenario quanto mai incerto. Segnato dall'euro che tende
a rafforzarsi, dalle incognite legate al rischio della frenata della Cina e,
tra le buone notizie, i segnali positivi che arrivano dagli Usa (+ 3,7%
annualizzato l’aumento del Pil nel secondo trimestre) e Regno Unito mentre il
barile intorno ai 41 dollari potrebbe raffreddare la bolletta energetica. Un
quadro difficile a cui si aggiunge il lieve
calo della fiducia delle imprese, ad agosto è passato a 103,7 dal 104,3 di
luglio, rilevato dall’Istat e, in particolare, il dato per quelle
manifatturiere cala di un punto a 102,5. In flessione i giudizi sugli ordini (a
-15 da -12), stabili le attese sulla produzione (a11) e i giudizi sulle scorte
(a 3).
Non
tranquillizza il rallentamento nella crescita del Pil rilevato dall’Ocse.
Nel secondo trimestre quello italiano
segna un +0,2% (+0,3 nell’area euro), nel periodo gennaio-marzo era al +0,3%. A
conferma della fragilità della ripresa c’è la debolezza dei consumi interni, complice
la pressione fiscale che non allenta la morsa sulle famiglie.
Positivo il leggero miglioramento
dell’indice Markit Flash Pmi (Purchasing managers index) della produzione nella
zona Euro salito ad agosto a 54,1 punti dai 53,9 di luglio. Sul fronte della
produzione è stato un agosto caldo, che ha visto anche delle aperture
ferragostane, come è accaduto alla Electrolux. Una situazione comune a
parecchie multinazionali tascabili rimaste ugualmente in attività. Per l’export
si vedono segnali di un possibile rallentamento. La crescita attesa da
Prometeia (società di consulenza) per il terzo e quarto trimestre fissano
rispettivamente al 2,1% e allo 0,6% la variazione sul periodo precedente. Nel
complesso l’anno dovrebbe vedere una crescita a prezzi costanti del 4%. Più o
meno in linea con il 3,5-3,7% atteso dall’Ice.
Secondo Fedele De
Novellis, economista di Ref Ricerche, dato il rallentamento delle economie
asiatiche e la perdita di competitività di quelle avanzate si va verso una
crescita moderata dell’export che resterà in linea con il trend (+1,3%) del
primo semestre. Sul fronte della produttività si esaurisce l’effetto Melfi che
negli ultimi mesi ha spinto la crescita dell’industria con il traino del
comparto auto motive. Per questo l’andamento atteso della produzione nella
seconda parte dell’anno è solo leggermente positivo (+0,3% per Ref), in linea
con quello di un Pil che non riesce ad accelerare: la variazione del secondo
semestre sarebbe analoga a quella della prima parte dell’anno (0,4%). Un risultato che non compromette la stima
di una crescita nell’intero 2015 pari allo 0,7%, ma allontana la speranza di
una accelerazione per il prossimo anno. Alla luce delle ultime evoluzioni
nel 2016 il Pil italiano dovrebbe mettere a segno un +0,9 meno di quanto
indicato nel Def.
Sarà
il mercato interno, alla luce dei flebili segnali di recupero degli ultimi
mesi, a poter fare la differenza. Qui, evidenzia un report di Prometeia-Intesa
Sanpaolo, c’è il recupero degli ordinativi trainati dai beni d’investimento.
Altre indagini evidenziano un’accelerazione negli ordini attesi da parte dei
produttori di beni strumentali, oltre a condizioni meno stringenti per
l’accesso al credito e un miglior clima che agevola per gli investimenti. Un
buon segnale per i prossimi mesi che dovrebbe continuare, si legge in una nota
del Csc di Confindustria, con una spinta agli investimenti grazie alla maggiore
stabilità politica e allo stimolo di norme come la nuova Sabatini che
favoriscono i piani di rinnovamento dei beni strumentali nelle Pmi.
Gli ultimi mesi sono
anche stati all’insegna del calo nell’uso degli ammortizzatori sociali e della produzione
che riprende. Nel trimestre aprile-giugno, rileva l’Istat, è cresciuta dello
0,4% rispetto al quarto precedente ma a giugno il dato destagionalizzato è
calato dell’1,1% su maggio. La conferma al clima di incertezza arriva da un
rapporto di R&S di Mediobanca: per
le grandi imprese che producono in Italia nel 2014 le vendite sono calate del
2,2% e, sul solo mercato interno del 4,3% con un calo degli addetti dell’1,1% e
le stime per quest’anno non si discostano di molto da questo trend.
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