Non sarà solo una delle più grandi
esercitazioni Nato la «Trident Juncture 2015» (TJ15), che dal 28
settembre al 6 novembre vedrà impegnate soprattutto in Italia,
Spagna e Portogallo oltre 230 unità terrestri, aeree e navali
e forze per le operazioni speciali di oltre 30 paesi alleati
e partner, con 36 mila uomini, oltre 60 navi e 140 aerei da guerra, più
le industrie militari di 15 paesi per valutare di quali altre armi
ha bisogno l’Alleanza.
Nell’esercitazione di guerra, la Nato
coinvolgerà oltre 12 maggiori organizzazioni internazionali,
agenzie di aiuto umanitario e associazioni non-governative.
«Parteciperanno alla TJ15 anche l’Unione europea e l’Unione
africana», annuncia un comunicato ufficiale. Tra i paesi della Ue
più impegnati nell’esercitazione Nato figurano, oltre ai tre in cui si
svolgerà il grosso delle operazioni, Germania, Belgio e Olanda.
Alte personalità internazionali saranno invitate ad assistere
alla TJ15 il 19 ottobre a Trapani, il 4 novembre a Saragozza
(Spagna) e il 5 novembre a Troia (Portogallo). Così «la Nato
dimostra il suo impegno ad adottare un approccio
onnicomprensivo». In altre parole, il suo impegno a estendere
sempre più la sua area di influenza e intervento, dall’Europa
all’Africa e all’Asia, con mire globali.
In tale quadro si inserisce la
«Trident Juncture 2015», che serve a testare la «Forza di risposta»
(40mila effettivi), soprattutto la sua «Forza di punta» ad altissima
prontezza operativa. La TJ15 mostra «il nuovo accresciuto livello di
ambizione della Nato nel condurre la guerra moderna congiunta»,
provando di essere «una Alleanza con funzione di guida».
Su questo sfondo, come si può
discutere di Unione europea ignorando l’influenza della Nato e,
quindi, degli Stati uniti che ne detengono il comando? L’art. 42 del
Trattato sull’Unione europea stabilisce che «la politica
dell’Unione rispetta gli obblighi di alcuni Stati membri, i quali
ritengono che la loro difesa comune si realizzi tramite
l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico». Poiché sono
membri della Alleanza 22 dei 28 paesi della Ue, è evidente il
predominio della Nato. A scanso di equivoci, il protocollo n. 10
sulla cooperazione istituita dall’art. 42 sottolinea che la Nato
«resta il fondamento della difesa collettiva» della Ue, e che «un
ruolo più forte dell’Unione in materia di sicurezza e di difesa
contribuirà alla vitalità di un’Alleanza atlantica rinnovata».
Rinnovata sì, tanto che dal Nord
Atlantico è arrivata sulle montagne afghane, ma rigidamente
ancorata alla vecchia gerarchia: il Comandante supremo alleato in
Europa è sempre nominato dal presidente degli Stati uniti e sono in
mano agli Usa tutti gli altri comandi chiave. Tramite la Nato, al cui
interno i governi dell’Est sono legati più a Washington che
a Bruxelles, gli Usa influiscono non solo sulla politica estera
e militare della Ue, ma complessivamente sui suoi indirizzi
politici ed economici.
Trattando singolarmente con le
maggiori potenze europee – Germania, Francia, Gran Bretagna –
sulla spartizione di profitti e aree di influenza, assicurandosi
l’incondizionato appoggio degli altri maggiori paesi Ue a cominciare
dall’Italia. Su questo sfondo, come si può pensare che nella vicenda
greca non svolgano un ruolo rilevante gli Usa tramite la Nato, di cui
la Grecia è parte strategicamente importante? Come si possono
separare le questioni economiche da quelle politiche e militari,
nel momento in cui, sulla scia della strategia Usa, l’Europa viene
trasformata in prima linea di una nuova guerra fredda contro la
Russia e in ponte di lancio di nuove operazioni militari in Africa,
Medioriente e oltre, fino nella regione Asia/Pacifico?
Nessun commento:
Posta un commento