mercoledì 22 luglio 2015

pc 22 luglio - La classe operaia non ha nazione - il nemico di classe è all'interno dei paesi del cosiddetto BRICS

I sindacati dei paesi Brics riuniti in Russia: "L'austerità non porta da nessuna parte"

Nella città russa di Ufa, la scorsa settimana si sono riuniti i vertici dei Paesi BRICS, Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa e dell’Organizzazione della Cooperazione di Shanghai (SCO), formata da Cina, Kazakistan, Kirghizistan, Russia, Tagikistan e Uzbekistan. Secondo il FMI, i Paesi BRICS hanno contribuito per metà alla crescita dell’economia mondiale nell’ultimo decennio ed il loro PIL nel 2014 ha costituito più di un quarto (27%) del PIL mondiale. Restano comunque bassi i volumi di scambi ed investimenti tra questi Paesi. Mentre infatti le esportazioni costituiscono il 16 per cento delle esportazioni globali, il commercio di beni nel blocco rappresenta solo l’1,5% del totale globale. L'incidenza complessiva di questi Paesi nell'economia globale è peraltro crescente in maniera significativa. Per questo, anche i sindacati dei cinque BRICS hanno organizzato ad Ufa il loro IV Forum, per discutere dell’impatto delle politiche neoliberiste globali sui sistemi economico-sociali dei singoli Paesi, con particolare riguardo alle sempre crescenti diseguaglianze sociali e ai diritti dei lavoratori.

Secondo quanto dichiarato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), nel 2014 il numero di disoccupati ha raggiunto i 207 milioni: questo dato preoccupante si accompagna alla precarietà delle condizioni di lavoro che caratterizza il mondo del lavoro e al forte divario economico e sociale tra i Paesi. Su queste premesse si fonda la necessità di dialogare per trovare una soluzione alternativa al sistema di relazioni attuale portato dalla globalizzazione neoliberista.

Risultato del Forum è stato una dichiarazione con la quale i rappresentanti dei sindacati sottolineano l’inefficacia delle politiche di austerity europee e degli Stati Uniti, avanzando la necessità di adottare un sistema economico basato sugli investimenti in infrastrutture, sanità, istruzione, scienza e tecnologia, ricerca e sviluppo, formazione professionale e che abbia come priorità la creazione di posti di lavoro e l’aumento dei salari. Le federazioni sindacali dei BRICS riconoscono l’importanza del loro ruolo e della collaborazione reciproca all’interno di questo processo, diretto a una più equa redistribuzione delle risorse e a un maggior rispetto dei diritti dei lavoratori, tra cui il tanto temuto diritto di sciopero.

Un nuovo modello politico, sociale ed economico dunque, in cui i sindacati si pongono come importanti rappresentanti della società civile, attore che ricopre un ruolo chiave nella spinta che si vorrebbe dare alle istituzioni e agli stessi datori di lavoro per la realizzazione di un sistema e di una crescita più sostenibili. Un modello realizzabile anche con nuovi strumenti finanziari: la New Development Bank e il Contingency Reserve Arrangement, una struttura la cui “capacità complessiva (200 miliardi di dollari) è pari a quella del Fondo Monetario Internazionale”. La New Development Bank, nata da un accordo preso durante il Vertice dei BRICS di Fortaleza del 2014, è dotata di un consiglio di amministrazione, guidato dal suo primo presidente Anton Siluanov, Ministro dello sviluppo economico russo, e sarà operativa dal 2016.

I sindacati dei Paesi BRICS si fanno portavoce di un sistema alternativo, con fini di giustizia sociale, sviluppo sostenibile e tutela dei diritti umani e del lavoro, in linea con il punto di vista dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, la quale supporta un modello di interazione basata su una collaborazione “sindacati/comunità imprenditoriale/strutture del governo” che sia in grado di dare ai lavoratori la giusta rappresentanza in sede decisionale.

Solidarietà, redistribuzione, diritti e giustizia sociale sono, dunque, i principi a cui si ispirano i sindacati dei BRICS per la realizzazione di un sistema sociale, economico e finanziario più sostenibile. Un sistema che non può nascere in modo spontaneo, ma attraverso l'attuazione di politiche che mettano in secondo piano gli interessi personali degli attori politici ed economici internazionali.                                                                       

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