Incubo diossina, 37 anni dopo
«No al cantiere Pedemontana»
«No al cantiere Pedemontana»
I sindaci di Desio e Seveso chiedono la sospensione
dei lavori. I timori: le ruspe faranno riemergere sostanze tossiche
di Diego Colombo Marco Mologni
Torna la
paura. Come dopo il 10 luglio del 1976. E i sindaci di Seveso e Desio, due dei
comuni brianzoli più colpiti dalla nube tossica che fuoriuscì dall’Icmesa di
Meda, sono preoccupati. Molto preoccupati. Il passaggio della Pedemontana nel
Bosco delle Querce rischia di riportare in superficie la diossina che riposa
sotto uno strato di terra nei 4,5 ettari di alberi e prati di quella che una
volta era la zona A, la più colpita dalla sostanza chimica. Se le ruspe
dovessero muovere il terreno nel quale è imprigionata per far spazio alla
futura autostrada che collegherà Varese a Bergamo, i 100 mila abitanti che
vivono attorno all’area verde corrono il pericolo di andare incontro a chissà
quali malattie. Un incubo. Di qui la decisione dei primi cittadini di Desio e
Seveso di diffidare la Regione dall’aprire i cantieri lungo la superstrada
Milano-Meda finché non sarà compiuta una serie di carotaggi per monitorare la
presenza di Tcdd (la formula chimica del micidiale veleno). Anche perché le
ultime analisi effettuate nella zona B (quella immediatamente a ridosso
dell’area più inquinata dalla nube tossica) hanno rilevato a distanza di anni
lo sforamento dei limiti di legge in 56 zone agricole e in 10 zone industriali.
Un campanello d’allarme che ha convinto i due sindaci a chiedere al Pirellone
di sospendere ogni intervento in mancanza di rilievi sull’area tra Seveso,
Meda, Cesano Maderno e Desio dove passerà la Pedemontana. «È sconcertante -
afferma il primo cittadino di Seveso, Paolo Butti - che non ci siano certezze
neppure su ciò che è garantito dalla legge. Eppure a tutt’oggi è così».
Il problema
riguarda non solo il Bosco delle Querce, dove si trovano le due vasche che
contengono il terreno contaminato dalla nube tossica, ma anche lo strato di
diossina che si è depositato su larga parte del territorio dei Comuni di
Seveso, Meda, Desio, Cesano Maderno e Bovisio Masciago. Quasi 40 anni dopo quel
veleno è ancora lì, sepolto sotto pochi centimetri di terra. Recenti studi
hanno dimostrato che movimentarlo moltiplica i rischi per la salute di una
popolazione che, nel corso dei decenni, ha assorbito una notevole quantità di
Tcdd. «Abbiamo chiesto - spiega il sindaco di Desio, Roberto Corti - che anche
nel mio comune siano effettuate le analisi richieste dal Cipe. Nel 1976 furono
centinaia gli abitanti di Seveso, Meda, Desio e Cesano Maderno che ebbero
problemi con la diossina. Non siamo pregiudizialmente ostili a Pedemontana, ma
sulla salute dei nostri concittadini non si scherza». La posizione dei sindaci
è sostenuta dagli ambientalisti brianzoli. «Finora - fa notare Alberto Colombo
dell’associazione Insieme in rete per uno sviluppo sostenibile - Regione e
Pedemontana non hanno eseguito alcuna analisi. Non solo: non ci hanno neppure
dato una risposta alla nostra richiesta di accesso agli atti. Se non ci
ascolteranno, saremo costretti a dare inizio a una serie di azioni legali che
potrebbero bloccare i cantieri». «Allarmismo inutile». Così bolla la denuncia
dei sindaci l’assessore regionale alle Infrastrutture Maurizio del Tenno: «L’ho
già detto e lo ripeto fino alla noia: siamo ancora in una fase di valutazione
del progetto per il tratto tra Lentate sul Seveso e Cesano Maderno. Non appena
arriverà in Regione il tracciato definitivo, convocherò i sindaci per valutarlo
insieme».
14 marzo
2014 | 11:43
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