Ci
siamo e c’era da aspettarselo, l’ex sindaco di Firenze che non ama le
occupazioni abitative e il suo degno ministro Lupi che considera il
blocco degli sfratti una misura superata, hanno inserito un articolo
velenoso nel cosiddetto “piano casa” da presentare oggi in consiglio dei
ministri, l’articolo numero 5.
Questo passo del “piano casa” dispone anche in forma retroattiva l’assoluto divieto a concedere le residenze e gli allacci delle utenze negli spazi abitativi occupati “abusivamente”. Quindi la grande stagione di riappropriazione e degli tsunami per il diritto all’abitare, con centinaia di occupazioni in tutta Italia, subisce un violentissimo attacco dal governo Renzi. Un provvedimento pesante che interpretiamo come una diretta minaccia di sgomberi generalizzati in tutta la penisola che si allinea con le decine di misure cautelari che nei giorni scorsi hanno colpito gli attivisti e le attiviste dei movimenti sociali contro precarietà e austerity.
Ci siamo mobilitati contro il percorso tracciato da Lupi, che secondo noi è una miscela di pietismo peloso e di nuove regalie per le banche ed i costruttori, di sostegno alla proprietà ed al mercato, un pacchetto edilizio più che un provvedimento in grado di dare risposte all’emergenza abitativa sempre più consistente. Un pacchetto salutato con gioia dalla lega delle cooperative e dalla confcooperative, vere regine dell’edilizia agevolata, dagli istituti di credito e dai signori del mattone in accordo con i sindacati complici degli edili.
Ora abbiamo un motivo in più per esprimere la nostra collera. Colpire le occupazioni abitative, che oltre a porre concretamente la necessità di interventi a sostegno della precarietà alloggiativa hanno rappresentato per migliaia di persone – nell’autorganizzazione- l’unica vera risposta all’emergenza abitativa diventa così un obiettivo primario così forte da inserirlo nel decreto che dovrebbe rilanciare le politiche abitative in Italia. Sembra una contraddizione ma non lo è. Se si vuole cancellare l’edilizia residenziale pubblica e vendere i beni comuni, si deve colpire chi oggi ha riaperto una stagione di conflitto e ha imposto il tema casa nell’agenda del governo. Il problema che ciò che viene proposto va contro le richieste dei movimenti, ribadite a Lupi il 22 ottobre 2013 e sostenute dalla mobilitazione del 31 ottobre durante la conferenza stato-regioni.
Adesso è più chiaro perché chi rivendica il diritto alla casa diventa pericoloso socialmente.
La rete abitare nella crisi lancia immediatamente la mobilitazione nazionale. Assediare le Prefetture, gli enti locali, il parlamento per chiedere la cancellazione dell’articolo 5, ribaltare completamente l’impianto del decreto e sostenere la necessità che le risorse non vadano alle grandi opere inutili e ai grandi eventi ma vengano utilizzate per garantire casa, reddito e dignità.
Movimenti per il diritto all’abitare
da Abitare nella crisi
Questo passo del “piano casa” dispone anche in forma retroattiva l’assoluto divieto a concedere le residenze e gli allacci delle utenze negli spazi abitativi occupati “abusivamente”. Quindi la grande stagione di riappropriazione e degli tsunami per il diritto all’abitare, con centinaia di occupazioni in tutta Italia, subisce un violentissimo attacco dal governo Renzi. Un provvedimento pesante che interpretiamo come una diretta minaccia di sgomberi generalizzati in tutta la penisola che si allinea con le decine di misure cautelari che nei giorni scorsi hanno colpito gli attivisti e le attiviste dei movimenti sociali contro precarietà e austerity.
Ci siamo mobilitati contro il percorso tracciato da Lupi, che secondo noi è una miscela di pietismo peloso e di nuove regalie per le banche ed i costruttori, di sostegno alla proprietà ed al mercato, un pacchetto edilizio più che un provvedimento in grado di dare risposte all’emergenza abitativa sempre più consistente. Un pacchetto salutato con gioia dalla lega delle cooperative e dalla confcooperative, vere regine dell’edilizia agevolata, dagli istituti di credito e dai signori del mattone in accordo con i sindacati complici degli edili.
Ora abbiamo un motivo in più per esprimere la nostra collera. Colpire le occupazioni abitative, che oltre a porre concretamente la necessità di interventi a sostegno della precarietà alloggiativa hanno rappresentato per migliaia di persone – nell’autorganizzazione- l’unica vera risposta all’emergenza abitativa diventa così un obiettivo primario così forte da inserirlo nel decreto che dovrebbe rilanciare le politiche abitative in Italia. Sembra una contraddizione ma non lo è. Se si vuole cancellare l’edilizia residenziale pubblica e vendere i beni comuni, si deve colpire chi oggi ha riaperto una stagione di conflitto e ha imposto il tema casa nell’agenda del governo. Il problema che ciò che viene proposto va contro le richieste dei movimenti, ribadite a Lupi il 22 ottobre 2013 e sostenute dalla mobilitazione del 31 ottobre durante la conferenza stato-regioni.
Adesso è più chiaro perché chi rivendica il diritto alla casa diventa pericoloso socialmente.
La rete abitare nella crisi lancia immediatamente la mobilitazione nazionale. Assediare le Prefetture, gli enti locali, il parlamento per chiedere la cancellazione dell’articolo 5, ribaltare completamente l’impianto del decreto e sostenere la necessità che le risorse non vadano alle grandi opere inutili e ai grandi eventi ma vengano utilizzate per garantire casa, reddito e dignità.
Movimenti per il diritto all’abitare
da Abitare nella crisi
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