Perchè nell'inchiesta non ci sono i sindacalisti confederali?
Questo è impossibile e inaccettabile.
Vorremmo che i magistrati ce lo spieghino. Perchè non c'è un solo
operaio in Ilva, né un solo cittadino dei Tamburi e della città che
non sa fatti che dimostrano come i sindacalisti confederali,
Palombella in testa, siano stati un anello decisivo perchè in
fabbrica siano avvenuti tutt quei reati di disastro ambientale,
sanitario che hanno prodotto morti e malati.
L'associazione a delinquere che viene
definita nell'inchiesta ha avuto il concorso quotidiano e sistematico
dei sindacalisti confederali, che vanno distinti in quelli che
l'hanno fatto coscientemente, sapendo quello che facevano, ottenendo
privilegi piccoli e grandi, e quelli invece che l'hanno fatto
inconsapevolmente, incapaci di fare il sindacato di lotta e
antagonista sul posto di lavoro. Ma questa è l'unica distinzione che
si può fare.
Si può condannare a svariati anni di
carcere Riva e soci, e noi faremo di tutto perchè ciò avvenga, ma
se il sistema sindacale organicamente legato al sistema di interessi
e comando di fabbrica nell'Ilva continuerà ad essere inattaccabile e
trincea del ricatto occupazionale e dei privilegi, allora diciamo
chiaro ai magistrati come a tutta la città che si è fatto tanto ma
non si è fatto niente.
Certo, tocca innanzitutto agli operai e
ai lavoratori fare la loro parte. Ma quando gli operai vedono che i
sindacalisti sono così potenti da riuscire ad uscire impuniti e
indenni da un'inchiesta importante, in molte parti accurata, come
questa, è evidente che pensano che i sindacati confederali siano gli
unici protettori a cui affidarsi e, pure esprimendo il massimo
dissenso nel loro cuore e nelle loro parole, restano attaccati al
carro. Per questo è grave che finora l'inchiesta non li abbia
sfiorati. Per questo contestiamo apertamente una Magistratura che non
è in grado di andare a fondo, nonostante anche su questo le leggi
non mancano.
Gli operai vengono lasciati soli da
tutti. E sotto un comando congiunto che va dallo Stato al sindacato
confederale, un sistema capillare, un potere palese e occulto che
deve essere spezzato con tutti i mezzi e con tutte le armi, sia in
nome della vostra giustizia che della nostra.
Vendola e Stefano se ne devono andare!
Il loro coinvolgimento nell'inchiesta è inconfutabile secondo le
intercettazioni. Le loro dichiarazioni, mettiamo pure che siano
sincere, mettiamo pure che quello che hanno fatto sia stato fatto “a
fin di bene”, non cambia la realtà dei fatti, perchè il loro
esito è stato a “fin di male” al servizio di padron Riva e sono
quindi una causa minore del disastro generale che ha prodotto morti e
malati in fabbrica e fuori.
In questi casi ci si dimette e poi si
lotta caso mai in Tribunale per dimostrare di essere “innocenti”,
altrimenti, lo si voglia o no, si è come Berlusconi. Ci si considera
al di sopra e al di fuori della legge perchè “eletti”, perchè
si continua forse a pensare di godere di un consenso comunque del
sistema dei partiti, dei sindacati confederali, della stampa amica,
della burocrazia degli Enti locali, di quella parte di beneficiari
anche nel popolo di politiche spesso clientelari travestite.
Ma è interesse dei proletari e delle
masse popolari che a questo modo di governare si metta fine, a
livello nazionale come a livello locale. Per questo se ne devono
andare e subito.
Qualcuno pensa, e noi potremmo anche
essere tra questi, che non è giusto che le amministrazioni di
“centrosinistra”, Vendola, Florido, Stefano, paghino per tutti
mentre gli autentici mascalzoni che hanno governato Regione,
Provincia e Comune di centro destra, servi di Riva, dei padroni, di
Berlusconi, ladri e corrotti non entrano neanche nell'inchiesta.
Questo scandalo è vero, e noi ribadiamo che non abbiamo fiducia
nella giustizia, l'unica giustizia è quella proletaria e popolare
che scaturisca da uno Stato e governi nazionali e locali nelle mani
effettivamente del popolo.
Detto questo però, non cambia il
problema, Vendola e Stefano se ne devono andare!
Claudio Marsella operaio del Mof - la sua morte deve essere importante non vana
Un anno fa moriva Claudio Marsella,
operaio del MOF. Possiamo dire da un lato che è morto invano e
dall'altro che la sua morte è stata molto importante.
E' morto invano per padron Riva,
Ferrante, Bondi, dirigenti e capi inquisiti, alcuni ancora al loro
posto; è morto invano per gli infami sindacalisti confederali che
hanno firmato l'accordo che lo ha ucciso e hanno continuato a
difenderlo anche dopo la morte di Claudio.
Sappiano costoro che in una maniera o
nell'altra, prima o poi, pagheranno caro, pagheranno tutto! E
speriamo non solo nella aule del tribunale dove ci dovrebbero stare
tutti come imputati, sia nel processo generale che nel processo
particolare.
Ma non è morto invano, Claudio
Marsella vive nel grande sciopero che i suoi compagni di lavoro hanno
fatto per 15 giorni, cosa mai vista all'Ilva di Taranto, una pagina
nuova di vera storia in questi due anni terribili; non è morto
invano per gli operai e quelli dello Slai cobas che hanno sostenuto
la lotta, fatto piattaforme, denunce, esposti, manifestazioni di
piazza, quella nazionale promossa dall'Usb a cui lo Slai cobas ha
aderito e partecipato e quella della Rete nazionale per la sicurezza
e la salute sui posti di lavoro e territori del 22 marzo; non è
chiaramente morto invano per quei suoi compagni di lavoro che si sono
organizzati nel sindacalismo di base, l'Usb in questo caso e finora,
rompendo coraggiosamente con il clima di sudditanza, servilismo,
mancanza di dignità di quei tanti, troppi operai che non hanno osato
farlo e hanno lasciato il pallino della fabbrica nelle mani dei servi
dei padroni.
Anche questa è una pagina nuova che si
è aperta in questa fabbrica, anche se Riva e Bondi cercano di farla
pagare, ultimamente con il licenziamento dell'operaio del Mof Marco
Zanframundo.
Per noi Claudio Marsella è come se
fosse morto ieri perchè tuttora sono impuniti i responsabili,
tuttora gli operai del Mof non hanno vinto, la loro piattaforma non
stata accolta, tuttora la scelta del sindacalismo di base, giusta e
necessaria, non è stata sufficiente a ridare ai lavoratori uno
strumento reale per ricostruire, anche in nome di Claudio, un
effettivo sindacato di classe dentro l'Ilva, non basato sui
personaggi che oggi stanno con te e poi tradiscono ma basato sui
cobas che sono altra cosa da l'Usb.
Così evidentemente la sfida della Rete
nazionale del 22 marzo non è stata raccolta da operai,
organizzazioni, cittadini dei quartieri per un reale braccio di ferro
che riesca ad imporre condizioni di salute e sicurezza, per cui non
ci siano più ragazzi, operai, come Claudio, Francesco, Ciro, che
muoiono. Questa sfida è aperta, ma la lotta attuale è inadeguata e
la battaglia è prolungata,
Infine, NON SI MUORE PER IL LAVORO, NON
SI MUORE PER I PROFITTI DEI PADRONI, non si muore per un sistema in
cui la vita degli operai sta all'ultimo posto.
E' il sistema del capitale, Stato,
governi, comando di fabbrica che deve essere abbattuto. E questo
domanda non una semplice lotta sindacale con il sindacato buono, ma
la lotta per il potere operaio che scaturisce da una vera rivoluzione
proletaria.
Onorare la morte di Claudio
significa tutto questo non di meno.
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