Con la firma del decreto Ilva ieri sera l’attuale presidente
della Repubblica, Napolitano, si è assunto un’altra grande responsabilità sul
piano dell’attacco all’attuale impianto della Costituzione.
Ma Napolitano è un vecchio volpone, sempre al servizio dei
padroni, e pur di tentare di far passare un decreto che non si poteva firmare
ha suggerito di cambiare qualcosa rispetto alla prima bozza, ha suggerito per
esempio di cambiare nome al decreto per salvaguardare “i requisiti di
generalità e astrattezza che una norma dovrebbe avere”. E l’esperto chiamato
dal Sole 24 Ore di oggi a dare un suo parere continua: “Qui l’intervento è
dichiaratamente preso per bloccare gli effetti di una pronuncia della
magistratura. Il che in un ordinamento giuridico che ha ancora a base la
separazione tra i poteri dello Stato presenta sicuramente forti elementi di criticità”.
Nei fatti Napolitano ha avallato un decreto ad hoc per
salvare l’Ilva, il suo padrone e i suoi profitti.
Per il giurista Vigevani, interpellato dal Sole 24 Ore,
infatti, il decreto prevede anche “in ogni caso la prosecuzione dell’attività dell’Ilva
non solo rispetto all’attuale misura di sequestro, ma anche per tutte quelle
che la magistratura dovesse prendere in futuro. Un intervento che va a menomare
l’autonomia dell’autorità giudiziaria".
E ancora “Si configura in buona sostanza una sorta di
diritto speciale per l’Ilva con un decreto legge… E su questo passaggio Vigevani ricorda che in un
recente passato, era il 2009, Napolitano rifiutò di firmare il decreto legge
approvato dal Governo Berlusconi nella vicenda di Eluana Englaro che obbligava
l’alimentazione e l’idratazione dei soggetti non autosufficienti. Una
decisione, quella del Capo dello Stato, presa nel nome della separazione dei
poteri perché anche in quel caso le misure del Governo andavano contro una pronuncia,
allora definitiva, della magistratura.” In quel caso Napolitano non firmò
perché non era in gioco l’interesse del padrone!
Contro tutte le chiacchiere ipocrite di Napolitano sui morti
sul lavoro, questo decreto nega il diritto alla salute previsto dall’articolo
32 della Costituzione. E ora infatti: “Ora, quello che potrebbe accadere,
all’esito dell’udienza di giovedì sull’istanza di dissequestro, è una chiamata
in causa della Corte costituzionale da parte del Gip di Taranto sotto un doppio
profilo, spiega Vigevani. Potrebbe sollevare una questione di costituzionalità,
per una possibile violazione da parte del decreto legge dell’articolo 32 della
Costituzione, norma a presidio del diritto alla salute, e/o (perché le ipotesi
non sono alternative) promuovere un conflitto di attribuzioni tra i poteri
dello Stato. I tempi? “Medio lunghi – conclude Vigevani. Ma nel frattempo resterebbe
in vigore il decreto”.
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