
Il produttore di armi tedesco ha fatto sapere che nei prossimi due anni prevede di assumere 8.000 lavoratori, passando dagli attuali 32.000 a circa 40.000
Rheinmetall, il più grande produttore di armi in Europa, sta valutando di rilevare da Volkswagen lo stabilimento di Osnabrück, una delle tre fabbriche che il gruppo auto vuole chiudere in Germania. L’acquisto dipenderà dall’aumento degli ordini di carri armati, ha sottolineato Rheinmetall che dall’inizio della guerra in Ucraina ha decuplicato il suo valore di Borsa.
Il piano di Rheinmetall
Il numero uno di
Rheinmetall, Armin Papperger, parlando coi giornalisti dopo aver
previsto una forte crescita delle vendite per il 2025, ha affermato
che, sebbene Rheinmetall potrebbe riconvertire più stabilimenti
automobilistici, è anche possibile acquistare siti dalle case
automobilistiche, alle giuste condizioni.
Papperger ha
spiegato che lo stabilimento Volkswagen di Osnabrück sarebbe
«molto adatto» a una riconversione alla produzione militare. A
dicembre Volkswagen aveva fatto sapere che stava valutando scenari
alternativi per il futuro utilizzo del sito, lasciando intendere che
tra le opzioni potesse esserci la vendita. Un’operazione che
potrebbe tutelare i lavoratori e far risparmiare alla casa
automobilistica i costi di ristrutturazione. Ieri il ceo della
Volkswagen Oliver Blume ha dichiarato all'emittente televisiva ZDF
che, sebbene non siano stati avviati colloqui approfonditi con
l'industria della difesa in merito al futuro dello stabilimento, c'è
ampio spazio per possibili opzioni.
Rheinmetall assumerà 8.000 lavoratori
Rheinmetall ha fatto sapere che nei prossimi due anni prevede di assumere 8.000 lavoratori, passando dagli attuali 32.000 a circa 40.000, considerando anche i contratti di lavoro interinale. L'approvazione da parte del Parlamento europeo del Piano di riarmo apre nuove prospettive di crescita per l’industria della difesa del Vecchio Continente: le vendite militari in Europa potrebbero raggiungere i 100 miliardi di euro entro il 2030, se tutti i governi aumentassero i loro bilanci per la difesa ad almeno il 3,5% del Pil. «È iniziata un'era di riarmo in Europa che richiederà molto a tutti noi», ha sottolineato il ceo di Rheinmetall. L'azienda ha dichiarato che il suo fatturato complessivo, nel 2024, è salito a 9,8 miliardi di euro (10,7 miliardi di dollari) rispetto a quello del 2023 pari a 7,2 miliardi di euro dell'anno precedente, con un aumento del 36%.
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Il produttore di armi tedesco ha fatto sapere che nei prossimi due anni prevede di assumere 8.000 lavoratori, passando dagli attuali 32.000 a circa 40.000
Rheinmetall, il più grande produttore di armi in Europa, sta valutando di rilevare da Volkswagen lo stabilimento di Osnabrück, una delle tre fabbriche che il gruppo auto vuole chiudere in Germania. L’acquisto dipenderà dall’aumento degli ordini di carri armati, ha sottolineato Rheinmetall che dall’inizio della guerra in Ucraina ha decuplicato il suo valore di Borsa.
Il
numero uno di Rheinmetall, Armin Papperger, parlando coi giornalisti
dopo aver previsto una forte crescita delle vendite per il 2025, ha
affermato che, sebbene Rheinmetall potrebbe riconvertire più
stabilimenti automobilistici, è anche possibile acquistare siti dalle
case automobilistiche, alle giuste condizioni.
Papperger ha spiegato che lo stabilimento Volkswagen di Osnabrück sarebbe «molto adatto» a una riconversione alla produzione militare.
A dicembre Volkswagen aveva fatto sapere che stava valutando scenari
alternativi per il futuro utilizzo del sito, lasciando intendere che tra
le opzioni potesse esserci la vendita. Un’operazione che potrebbe
tutelare i lavoratori e far risparmiare alla casa automobilistica i
costi di ristrutturazione. Ieri il ceo della Volkswagen Oliver Blume ha
dichiarato all'emittente televisiva ZDF che, sebbene non siano stati
avviati colloqui approfonditi con l'industria della difesa in merito al
futuro dello stabilimento, c'è ampio spazio per possibili opzioni.
Rheinmetall assumerà 8.000 lavoratori
Rheinmetall ha fatto sapere che nei prossimi due anni prevede di assumere 8.000 lavoratori, passando dagli attuali 32.000 a circa 40.000, considerando anche i contratti di lavoro interinale. L'approvazione da parte del Parlamento europeo del Piano di riarmo apre nuove prospettive di crescita per l’industria della difesa del Vecchio Continente: le vendite militari in Europa potrebbero raggiungere i 100 miliardi di euro entro il 2030, se tutti i governi aumentassero i loro bilanci per la difesa ad almeno il 3,5% del Pil. «È iniziata un'era di riarmo in Europa che richiederà molto a tutti noi», ha sottolineato il ceo di Rheinmetall. L'azienda ha dichiarato che il suo fatturato complessivo, nel 2024, è salito a 9,8 miliardi di euro (10,7 miliardi di dollari) rispetto a quello del 2023 pari a 7,2 miliardi di euro dell'anno precedente, con un aumento del 36%.
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Stellantis Cassino, il dibattito strisciante sulla riconversione militare del sito e dell’indotto

Solamente per i piani europei, e limitatamente all’Italia, è stato valutato che gli investimenti per la difesa potrebbero arrivare a valere circa 18 miliardi di euro di prestiti. Senza contare le spese derivanti dall’adeguamento al 2% del Pil, come richiesto da Trump. In questo scenario Leonardo è l’asset centrale – oltretutto con capacità industriali limitate – e per questo sta concretizzando due joint venture: una con Rheinmetall, sede a Roma e proprietà paritetica tra italiani e tedeschi: partirà con una maxi commessa da 23 miliardi di euro in un orizzonte di 10-15 anni per produrre circa 280 carri armati e 1000 mezzi di fanteria leggeri per l’Esercito Italiano. L’altra joint venture è con i turchi di Baykar nei sistemi aerei senza pilota: la nuova società si rivolgerà ad un mercato europeo valutato in circa 100 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni. Può salvarsi, inserendosi in questa spesa militare da vertigine, il settore automotive, a partire dall’indotto, ormai ridotto allo stremo dopo quattro anni di massacro sistematico e senza sosta portato avanti dalla proprietà francese di Stellantis (Eliseo e famiglia Peugeot con Elkann al seguito) e aggravato dalla crisi dell’elettrico?
Una domanda che si fa strada anche nel Cassinate dove lo stabilimento di Piedimonte San Germano è ridotto ad essere la spettrale rappresentazione di quel che è stato per 50 anni: mezzo stabilimento desertificato con capannoni abbandonati e perfino la palazzina uffici messa in mostra sulla bacheca delle agenzie immobiliari. L’occupazione diretta è stata dimezzata dai tempi di Marchionne ad oggi: da 4300 a 2400 lavoratori. Sono in contratto di solidarietà 700 persone che restano fisse a casa anche quando lo stabilimento è in funzione. Del totale dei dipendenti, 1200 sono gli addetti a presse e plastica che lavorano anche per altri stabilimenti del gruppo. Quanto alla produzione diretta dei modelli cassinati – Alfa Stelvio, Alfa Giulia e Maserati Grecale – in carrozzeria restano 1300 dipendenti mentre, settimanalmente quando si accendono le linee, in officina va solo il 50% di questa forza lavoro. Siamo, insomma, ai titoli di coda qualunque cosa dicano i top manager Stellantis ed il governo italiano.

Iveco-Leonardo, il governo caldeggia la fusione militare
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