domenica 9 febbraio 2025

pc 9 febbraio - La guerra dei dazi voluta da Trump entra nel vivo, si acuisce la concorrenza mondiale tra i paesi imperialisti

[guardando la media del grafico riportato da la Repubblica si intuisce quanto possa influire sul commercio mondiale l'aumento anche di poco dei dazi esistenti]

Le decisioni di Trump di procedere con l’imposizione di dazi nei confronti di diversi Stati, minaccia che era stata fatta durante tutta la campagna elettorale, hanno messo in subbuglio soprattutto i paesi imperialisti concorrenti sul mercato mondiale, scatenando infine la guerra commerciale, che in tanti avrebbero volentieri evitato, almeno in queste forme acute (visto che la guerra commerciale “normale” sulle merci più diverse, gli imperialisti la fanno contro tutti e dura praticamente da sempre).

In questo senso anche sui quotidiani si ammette che “I dazi minacciati da Donald Trump contro l’Ue non sono certo «una novità assoluta perché se ne è parlato sotto diverse amministrazioni a stelle e strisce” ma visto il livello della crisi mondiale, questi dazi “oggi sono un’incognita ancora più grande con le politiche commerciali in rapida evoluzione e difficilmente prevedibili».”

Insomma, il mondo corre veloce, e queste decisioni gettano ancora di più nella “incertezza” i mercati, nella “volatilità” le borse, gettano il mondo nel “caos” come dicono alcuni intellettuali borghesi.

Dopo le chiacchiere, quindi, è arrivata la tempesta. Trump ha voluto cominciare con i dazi, con la tassa sulle merci che arrivano dal Canada, 25%, dal Messico, 25% e dalla Cina, per adesso del 10%, ma minaccia di aumentarli e si prepara ad applicare, dalla prossima settimana, quelli all’Unione Europa, al Giappone e a chiunque non si adegui alle richieste dell’attuale rappresentante dell’imperialismo americano.

Il Canada e il Messico sono accusati di non aver fermato al confine i migranti e il contrabbando di

droga, tra cui il fentanyl (che uccide migliaia di persone negli USA, di cui la Cina è il primo paese esportatore); i paesi dell’Unione Europea (l’Europa, come dice Trump) sono accusati di “trattare male gli Stati Uniti” perché “Non prendono le nostre auto, i prodotti agricoli. In sostanza non prendono quasi nulla”, introducendo tra l’altro nel discorso una valutazione di tipo morale, mentre la morale come sanno tutti i padroni e Trump per primo, non c’entra affatto con gli affari, con l’economia.

I dazi, e cioè le tasse sulle merci che entrano in un Paese, servono allo Stato per incassare soldi, per rendere più difficile, alzandone i prezzi, l’entrata delle merci di altri produttori nel Paese e in questo senso spingere le masse interne a comprare di meno o a comprare ciò che producono le fabbriche nel Paese e “proteggendo”, così, le proprie aziende dalla concorrenza…

Ma tutto questo è solo una parte del problema, l’altro obbiettivo, proprio come dice Trump, è costringere gli altri a comprare prodotti americani. L’elenco di Trump è fatto di auto, gas e petrolio, moto Harley Davidson e vini (questo soprattutto per il Canada), i satelliti di Musk e naturalmente tante armi.

Servono, quindi, MERCATI, “nuovi mercati” come suggerisce il Sole24Ore, dove smerciare i prodotti, ma visto che il mondo è già completamente diviso, e non si può ancora andare su Marte come vorrebbe l’amico dei neonazisti Elon Musk, si può solo rispartirsi il pianeta terra, rispartirsi in maniera diversa i “mercati” esistenti.

I mercati, però, nel sistema capitalista-imperialista, si “conquistano” soprattutto con i bassi prezzi delle merci, e i bassi prezzi, imbattibili, li fa la Cina, e adesso anche il Vietnam ecc.; è per questo che la Cina è stata definita dagli Stati Uniti nemico numero uno; “la Cina invade i mercati del mondo con i suoi prodotti a basso costo” (riferendosi soprattutto alle auto elettriche, ma praticamente a tutti i prodotti) è stato detto a voce alta dai rappresentanti dei paesi imperialisti durante lo scorso G7 tenutosi in Puglia.

Quali effetti reali avranno questi dazi di Trump sull’andamento dell’economia mondiale (e i conseguenti effetti politici!), lo vedremo nei prossimi giorni e mesi, nel frattempo il Canada e il Messico hanno già risposto a muso duro, tanto da aver portato già Trump a “negoziare”, con sospensione dei dazi per un mese, visto comunque l’immenso interscambio tra questi Paesi; il Canada ha alzato i dazi su alcuni beni importati dagli Stati Uniti, mentre il Messico ha fatto buon viso a cattivo gioco promettendo di mandare 10.000 militari ai confini per impedire ai migranti il passaggio negli USA, mossa utile a ridimensionare immediatamente la percentuale dei dazi.

Ma è proprio questo è il modo di “lavorare” del padrone immobiliare Trump abituato a contrattare con i clienti, battere i pugni sul tavolo mantenendo una pressione costante sull’avversario (soprattutto la Cina e sempre la Cina), facendo una propaganda anche sui numeri e le cifre piena di menzogne, e alla fine sperare di partire da un punto di forza per imporre il suo “prezzo” o comunque ottenerne uno vantaggioso.

Ma la risposta non è arrivata solo da Canada e Messico, è arrivata anche dalla Cina che ha subito alzato i dazi per alcune merci degli Stati Uniti: una tassa del 15% su carbone e gas naturale liquefatto, un dazio del 10% sul petrolio e i macchinari agricoli, restrizioni sulle esportazioni di tecnologie industriali e difensive, un’indagine anti-monopolio contro Google, e nuove sanzioni commerciali verso altre aziende statunitensi; e anche gli stati imperialisti europei si stanno attrezzando: “non bisogna perciò lasciarsi prendere dal panico” suggeriscono, infatti, alcuni esperti che invitano l’Europa e in particolare l’Italia a non «cedere all’allarmismo», ad “essere più consapevoli dei propri punti di forza e puntare sulla diversificazione dei prodotti e dei mercati di approdo per confermarsi resilienti e competitive».”

Anche qui si suggerisce, con un linguaggio di guerra appunto, di “conquistare” mercati, anche con il bazooka come dice un giornalista. Per quanto riguarda l’Italia, per esempio, “Per tutelarsi – dice l’ad Ricci di Sace, una delle casseforti del governo italiano - il Made in Italy deve essere capace di «cogliere i segnali che arrivano soprattutto dai mercati al di fuori delle rotte tradizionali” e si fa l’elenco dei nuovi mercati dovenel corso del 2024 si è registrato un incremento delle esportazioni tricolore verso il Vietnam del 25%, verso l’Arabia Saudita del 28%, verso la Serbia del 17%, nonché verso il Messico e il Brasile del 10%.” Mentre addirittura “L’area «più effervescente in questo momento è il Medio Oriente»,”. Effervescente! Ha una bella fantasia l’ad di Sace! Che aggiunge, inoltre, che non bisogna “sottovalutare infine il potenziale dell’Africa.” E cioè il cosiddetto “Piano Mattei, dal cui avvio Sace ha garantito 1,5 miliardi di euro di operazioni (che hanno abilitato progetti dal valore di 13,5 miliardi) e ne ha allo studio ulteriori 8,7 miliardi in tutto il continente.”

Pecca di ottimismo l’amministratrice delegata di una delle agenzie dell’imperialismo italiano, perché le aree principali di interscambio mondiale sono quelle Usa/Europa/Cina, che vale poco meno di 10.000 miliardi, il resto può in qualche modo aiutare, è futuro, e non può risolvere il problema di oggi.

Le mosse di Trump, che sono anche di risposta politica interna, possono rivelarsi un boomerang, sia perché spingono gli altri comunque a dover fare alleanze, perché ogni paese (o gruppo di paesi) deve fare i propri interessi e trovare il proprio spazio nel mercato mondiale, appunto, sia perché colpiscono innanzi tutto le masse popolari di tutti i paesi, dagli stessi Stati Uniti a resto del mondo, come ricorda il Sole24Ore del 17 novembre scorso: “i dazi tendono ad avere un effetto regressivo, in quanto sono le famiglie meno abbienti che spendono una quota maggiore del proprio reddito sui beni importati a basso costo … se Trump applicasse i dazi previsti (60% o più sulla Cina e 10% sul resto del mondo) il potere d’acquisto delle famiglie più povere verrebbe penalizzato del 4,2%” mentre quelle ricche, naturalmente, non ne risentirebbero.

Quella del boomerang può essere una immagine utile della situazione attuale: ogni mossa dell’imperialismo, in questo caso di quello Usa a guida Trump, torna indietro, si ritorce contro e si avviluppa sempre più nella crisi da sovrapproduzione oramai eterna del capitalismo-imperialismo; non bastano nemmeno più gli investimenti nell’alta e altissima tecnologia che sono i settori che danno sfogo ai capitali in cerca di profitto, perché anche questi settori si ingolfano immediatamente e comunque ci vuole tempo per avere profitti e l’imperialismo non ha più tempo. E comunque, anche questi settori, prima o poi diventano “produzioni di massa” (come dimostra proprio la Cina con lo sviluppo del sistema DeepSeek che sfida gli USA in quello che era il loro dominio nel campo dell’intelligenza artificiale!) e i profitti calano, come cala la qualità, come diceva già Marx, e basta vedere i satelliti di Musk che cominciano a cadere dal cielo…

E, inoltre, anche per questi settori c’è bisogno di materie prime rare che costano e sono nelle mani di altri paesi come la Cina, ma anche l’Africa, la stessa Ucraina… e per averle si deve fare la guerra. Questa sensazione di ineluttabilità che i capitalisti-imperialisti sentono come pressione sul loro cervello, che bisogna fare qualcosa, è stata anche questa espressa all’ultimo G7 in Puglia, dove per la prima volta non si è parlato di come fermare le guerre in corso, ma si è parlato di come prepararsi alla guerra, per tornare ad essere grandi come dice Trump, Make America Great Again, o come ripetono i vari moderno fascisti europei, Make Europe Great Again. Slogan da campagna pubblicitaria che deve stimolare la fantasia del “popolo”, deve propagandare una “visione” come piace dire alla Meloni…

E in questa preparazione alla guerra, Trump fa in grande quello che le borghesie più reazionarie, fasciste, naziste, di ogni paese fanno a livello di singolo stato, in “piccolo”, innanzi tutto smantellare il sistema di controllo dell’operato dei governi e dei loro padroni. E poi servono soldi, tanti soldi da poter gestire a piacimento, da qui la richiesta di Trump ai suoi esperti di istituire un “fondo sovrano” statunitense da migliaia di miliardi di dollari, di una tale “potenza di fuoco” da poter eguagliare anche qui la Cina, per manovrare anche “politicamente”, soddisfare le proprie clientele, con una visione più a lungo termine che serve alle esigenze dell’imperialismo nel suo complesso, alla perpetuazione della borghesia come classe dominante, visto che i singoli imperialisti mirano al profitto immediato.

Ma se c’è la necessità di tornare ad essere grandi è perché gli imperialisti si sentono stretti tra contraddizioni insormontabili… è da questo che nascono le guerre, l’ineluttabilità di questa soluzione diventa parte del pensiero normale della borghesia, come è diventato parte del loro pensiero il pericolo delle masse che diventano tutte “marxiste” come dicono Trump e Musk, come diceva Berlusconi e come ripete la fascistella Meloni per cui anche tutti i magistrati sono comunisti, perché in realtà nel loro cervello si palesa l’unica “alternativa” a questo caos, che innanzi tutto è quella che può portare ad essere espropriati delle loro ricchezze, del loro potere.

Un potere che passa da catastrofe a catastrofe non solo perché costringe alla povertà miliardi di persone, costringe alla moderna schiavitù del lavoro salariato, ma perché con la tendenza alla guerra totale minaccia la stessa esistenza di tutta l’umanità.

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