Le
decisioni di Trump di procedere con l’imposizione di dazi nei confronti di
diversi Stati, minaccia che era stata fatta durante tutta la campagna
elettorale, hanno messo in subbuglio soprattutto i paesi imperialisti
concorrenti sul mercato mondiale, scatenando infine la guerra commerciale, che
in tanti avrebbero volentieri evitato, almeno in queste forme acute (visto che
la guerra commerciale “normale” sulle merci più diverse, gli imperialisti la
fanno contro tutti e dura praticamente da sempre).
In
questo senso anche sui quotidiani si ammette che “I dazi minacciati da Donald
Trump contro l’Ue non sono certo «una novità assoluta perché se ne è parlato
sotto diverse amministrazioni a stelle e strisce” ma visto il livello della
crisi mondiale, questi dazi “oggi sono un’incognita ancora più grande
con le politiche commerciali in rapida evoluzione e difficilmente
prevedibili».”
Insomma,
il mondo corre veloce, e queste decisioni gettano ancora di più nella
“incertezza” i mercati, nella “volatilità” le borse, gettano il mondo nel “caos”
come dicono alcuni intellettuali borghesi.
Dopo
le chiacchiere, quindi, è arrivata la tempesta. Trump ha voluto cominciare con
i dazi, con la tassa sulle merci che arrivano dal Canada, 25%, dal Messico, 25%
e dalla Cina, per adesso del 10%, ma minaccia di aumentarli e si prepara ad
applicare, dalla prossima settimana, quelli all’Unione Europa, al Giappone e a
chiunque non si adegui alle richieste dell’attuale rappresentante
dell’imperialismo americano.
Il Canada e il Messico sono accusati di non aver fermato al confine i migranti e il contrabbando di
droga, tra cui il fentanyl (che uccide migliaia di persone negli USA, di cui la Cina è il primo paese esportatore); i paesi dell’Unione Europea (l’Europa, come dice Trump) sono accusati di “trattare male gli Stati Uniti” perché “Non prendono le nostre auto, i prodotti agricoli. In sostanza non prendono quasi nulla”, introducendo tra l’altro nel discorso una valutazione di tipo morale, mentre la morale come sanno tutti i padroni e Trump per primo, non c’entra affatto con gli affari, con l’economia.I
dazi, e cioè le tasse sulle merci che entrano in un Paese, servono allo Stato
per incassare soldi, per rendere più difficile, alzandone i prezzi, l’entrata
delle merci di altri produttori nel Paese e in questo senso spingere le masse
interne a comprare di meno o a comprare ciò che producono le fabbriche nel Paese
e “proteggendo”, così, le proprie aziende dalla concorrenza…
Ma
tutto questo è solo una parte del problema, l’altro obbiettivo, proprio come
dice Trump, è costringere gli altri a comprare prodotti americani. L’elenco di
Trump è fatto di auto, gas e petrolio, moto Harley Davidson e vini (questo
soprattutto per il Canada), i satelliti di Musk e naturalmente tante armi.
Servono, quindi, MERCATI, “nuovi mercati” come suggerisce il Sole24Ore, dove smerciare i prodotti, ma visto che il mondo è già completamente diviso, e non si può ancora andare su Marte come vorrebbe l’amico dei neonazisti Elon Musk, si può solo rispartirsi il pianeta terra, rispartirsi in maniera diversa i “mercati” esistenti.
I
mercati, però, nel sistema capitalista-imperialista, si “conquistano”
soprattutto con i bassi prezzi delle merci, e i bassi prezzi, imbattibili, li
fa la Cina, e adesso anche il Vietnam ecc.; è per questo che la Cina è stata
definita dagli Stati Uniti nemico numero uno; “la Cina invade i mercati del
mondo con i suoi prodotti a basso costo” (riferendosi soprattutto alle auto
elettriche, ma praticamente a tutti i prodotti) è stato detto a voce alta dai
rappresentanti dei paesi imperialisti durante lo scorso G7 tenutosi in Puglia.
Quali
effetti reali avranno questi dazi di Trump sull’andamento dell’economia
mondiale (e i conseguenti effetti politici!), lo vedremo nei prossimi giorni e
mesi, nel frattempo il Canada e il Messico hanno già risposto a muso duro,
tanto da aver portato già Trump a “negoziare”, con sospensione dei dazi per un
mese, visto comunque l’immenso interscambio tra questi Paesi; il Canada ha
alzato i dazi su alcuni beni importati dagli Stati Uniti, mentre il Messico ha
fatto buon viso a cattivo gioco promettendo di mandare 10.000 militari ai
confini per impedire ai migranti il passaggio negli USA, mossa utile a
ridimensionare immediatamente la percentuale dei dazi.
Ma
è proprio questo è il modo di “lavorare” del padrone immobiliare Trump abituato
a contrattare con i clienti, battere i pugni sul tavolo mantenendo una
pressione costante sull’avversario (soprattutto la Cina e sempre la Cina),
facendo una propaganda anche sui numeri e le cifre piena di menzogne, e alla
fine sperare di partire da un punto di forza per imporre il suo “prezzo” o
comunque ottenerne uno vantaggioso.
Ma
la risposta non è arrivata solo da Canada e Messico, è arrivata anche dalla
Cina che ha subito alzato i dazi per alcune merci degli Stati Uniti: una tassa del 15% su carbone e gas naturale
liquefatto, un dazio del 10% sul petrolio e i macchinari agricoli, restrizioni
sulle esportazioni di tecnologie industriali e difensive, un’indagine
anti-monopolio contro Google, e nuove sanzioni commerciali verso altre aziende
statunitensi; e anche gli stati imperialisti europei si stanno attrezzando: “non
bisogna perciò lasciarsi prendere dal panico” suggeriscono, infatti, alcuni
esperti che invitano l’Europa e in particolare l’Italia a non «cedere
all’allarmismo», ad “essere più consapevoli dei propri punti di forza e puntare
sulla diversificazione dei prodotti e dei mercati di approdo per confermarsi
resilienti e competitive».”
Anche
qui si suggerisce, con un linguaggio di guerra appunto, di “conquistare”
mercati, anche con il bazooka come dice un giornalista. Per quanto riguarda
l’Italia, per esempio, “Per tutelarsi – dice l’ad Ricci di Sace, una
delle casseforti del governo italiano - il Made in Italy deve essere capace di
«cogliere i segnali che arrivano soprattutto dai mercati al di fuori delle
rotte tradizionali” e si fa l’elenco dei nuovi mercati dove “nel
corso del 2024 si è registrato un incremento delle esportazioni tricolore verso
il Vietnam del 25%, verso l’Arabia Saudita del 28%, verso la Serbia
del 17%, nonché verso il Messico e il Brasile del 10%.” Mentre
addirittura “L’area «più effervescente in questo momento è il Medio Oriente»,”.
Effervescente! Ha una bella fantasia l’ad di Sace! Che aggiunge, inoltre, che
non bisogna “sottovalutare infine il potenziale dell’Africa.” E cioè il
cosiddetto “Piano Mattei, dal cui avvio Sace ha garantito 1,5 miliardi
di euro di operazioni (che hanno abilitato progetti dal valore di 13,5
miliardi) e ne ha allo studio ulteriori 8,7 miliardi in tutto il continente.”
Pecca
di ottimismo l’amministratrice delegata di una delle agenzie dell’imperialismo
italiano, perché le aree principali di interscambio mondiale sono quelle Usa/Europa/Cina,
che vale poco meno di 10.000 miliardi, il resto può in qualche modo aiutare, è
futuro, e non può risolvere il problema di oggi.
Le
mosse di Trump, che sono anche di risposta politica interna, possono rivelarsi
un boomerang, sia perché spingono gli altri comunque a dover fare alleanze,
perché ogni paese (o gruppo di paesi) deve fare i propri interessi e
trovare il proprio spazio nel mercato mondiale, appunto, sia perché colpiscono
innanzi tutto le masse popolari di tutti i paesi, dagli stessi Stati Uniti a
resto del mondo, come ricorda il Sole24Ore del 17 novembre scorso: “i dazi
tendono ad avere un effetto regressivo, in quanto sono le famiglie meno
abbienti che spendono una quota maggiore del proprio reddito sui beni importati
a basso costo … se Trump applicasse i dazi previsti (60% o più sulla Cina e
10% sul resto del mondo) il potere d’acquisto delle famiglie più povere
verrebbe penalizzato del 4,2%” mentre quelle ricche, naturalmente, non ne
risentirebbero.
Quella
del boomerang può essere una immagine utile della situazione attuale: ogni
mossa dell’imperialismo, in questo caso di quello Usa a guida Trump, torna
indietro, si ritorce contro e si avviluppa sempre più nella crisi da
sovrapproduzione oramai eterna del capitalismo-imperialismo; non bastano
nemmeno più gli investimenti nell’alta e altissima tecnologia che sono i
settori che danno sfogo ai capitali in cerca di profitto, perché anche questi
settori si ingolfano immediatamente e comunque ci vuole tempo per avere
profitti e l’imperialismo non ha più tempo. E comunque, anche questi settori,
prima o poi diventano “produzioni di massa” (come dimostra proprio la Cina con
lo sviluppo del sistema DeepSeek che sfida gli USA in quello che era il loro
dominio nel campo dell’intelligenza artificiale!) e i profitti calano, come
cala la qualità, come diceva già Marx, e basta vedere i satelliti di Musk che cominciano
a cadere dal cielo…
E,
inoltre, anche per questi settori c’è bisogno di materie prime rare che costano
e sono nelle mani di altri paesi come la Cina, ma anche l’Africa, la stessa
Ucraina… e per averle si deve fare la guerra. Questa sensazione di
ineluttabilità che i capitalisti-imperialisti sentono come pressione sul loro
cervello, che bisogna fare qualcosa, è stata anche questa espressa all’ultimo
G7 in Puglia, dove per la prima volta non si è parlato di come fermare le
guerre in corso, ma si è parlato di come prepararsi alla guerra, per tornare
ad essere grandi come dice Trump, Make America Great Again, o come ripetono i
vari moderno fascisti europei, Make Europe Great Again. Slogan da campagna
pubblicitaria che deve stimolare la fantasia del “popolo”, deve propagandare
una “visione” come piace dire alla Meloni…
E
in questa preparazione alla guerra, Trump fa in grande quello che le borghesie
più reazionarie, fasciste, naziste, di ogni paese fanno a livello di singolo
stato, in “piccolo”, innanzi tutto smantellare il sistema di controllo
dell’operato dei governi e dei loro padroni. E poi servono soldi, tanti
soldi da poter gestire a piacimento, da qui la richiesta di Trump ai suoi
esperti di istituire un “fondo sovrano” statunitense da migliaia di miliardi di
dollari, di una tale “potenza di fuoco” da poter eguagliare anche qui la Cina,
per manovrare anche “politicamente”, soddisfare le proprie clientele, con una
visione più a lungo termine che serve alle esigenze dell’imperialismo nel suo
complesso, alla perpetuazione della borghesia come classe dominante, visto che
i singoli imperialisti mirano al profitto immediato.
Ma
se c’è la necessità di tornare ad essere grandi è perché gli imperialisti si
sentono stretti tra contraddizioni insormontabili… è da questo che nascono le
guerre, l’ineluttabilità di questa soluzione diventa parte del pensiero normale
della borghesia, come è diventato parte del loro pensiero il pericolo delle
masse che diventano tutte “marxiste” come dicono Trump e Musk, come diceva
Berlusconi e come ripete la fascistella Meloni per cui anche tutti i magistrati
sono comunisti, perché in realtà nel loro cervello si palesa l’unica
“alternativa” a questo caos, che innanzi tutto è quella che può portare
ad essere espropriati delle loro ricchezze, del loro potere.
Un
potere che passa da catastrofe a catastrofe non solo perché costringe alla
povertà miliardi di persone, costringe alla moderna schiavitù del lavoro
salariato, ma perché con la tendenza alla guerra totale minaccia la stessa
esistenza di tutta l’umanità.
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