Bufera sulla prova d'esame al Politecnico di Torino: «C'è da bombardare l'Iraq, il candidato calcoli gli effetti sull'aereo»
La prova di appello del 2021 è stata riproposta alcune settimane fa in una esercitazione del corso «Progettazione di veicoli aerospaziali». Il caso finisce al Senato accademico
Il candidato organizzi un bombardamento al confine tra Siria e Iraq e ne studi gli effetti aerodinamici dopo lo sgancio degli ordigni o nel caso in cui l’aereo venga colpito. Questo, in estrema sintesi e tradotto dal linguaggio tecnico della fisica, il testo dell’esame di «Progettazione di veicoli aerospaziali», al secondo anno del corso di laurea magistrale in ingegneria aerospaziale. «Si vuole organizzare - si legge nel testo che tanto sta facendo discutere - una missione di bombardamento con partenza da portaerei in Golfo Persico e obiettivo Iraq-Siria a 1900 km di distanza».
Un esame del Politecnico ambientato in uno scenario di guerra. Un aereo partito dal golfo Persico, carico di esplosivo, pronto ad essere sganciato proprio in una delle aree più calde del Medioriente. Le armi tornano a dividere l’università e questa volta le bombe sono entrate addirittura dentro gli esami e il materiale didattico di insegnamento. Studenti e professori, una decina in tutto, hanno firmato un documento, che porteranno all’interno del Senato Accademico di giovedì, per chiedere una moratoria sull’uso dei testi a lezione o negli appelli. I riferimenti alla guerra devono sparire o, comunque, essere fortemente limitati nel rispetto di tutti, in particolare di chi proviene da paesi in conflitto.
Da settimane, tra le chat del Politecnico, gira una delle esercitazioni caricate sulla pagina web del corso oggetto di discussione. Si tratta dei cosidetti compiti a casa su cui lavorare in attesa dell’esame vero e proprio. Il documento, come recita anche il titolo, prende spunto da un appello di settembre 2021 e poche settimane fa è stato sottoposto di nuovo alle persone presenti a lezione. In un clima di grande attenzione ai conflitti, all’etica della ricerca e alla necessità di tenere ben distanti l’ambito militare e quello civile, la questione non è passata inosservata.
A segnalare il «caso» per primi sono stati gli studenti di origine mediorientale, una presenza sempre più numerosa nei corridoi dell’ateneo.
«Non è difficile immaginare con quale stato d'animo la comunità studentesca in particolare coloro che hanno familiari e amicizie in quei territori (ma non solo),
possa aver affrontato l'esame e le esercitazioni. Inoltre, desideriamo
sottolineare il grave danno d'immagine che il nostro ateneo subisce
«Questi riprovevoli eventi - proseguono i firmatari - hanno evidenziato che il grande impegno del nostro ateneo sul tema dell'etica della ricerca, sebbene considerevole, non copre ancora tutti gli aspetti. Pertanto, chiediamo di inserire quanto prima il tema dell'etica della didattica all'ordine del giorno di una seduta del Senato Accademico, al fine di poter approfondire tale questione e soprattutto trovare delle adeguate soluzioni».
Politecnico di Torino, dagli accordi con Israele ai riferimenti bellici nei testi. Così si è arrivati al «caso» dell’esame che simula un bombardamento in Iraq
Il Rettore Corgnati parla di «campanello d’allarme massimo», sono partite le verifiche interne per capire cosa sia successo
«Quando esce una cosa del genere il campanello d’allarme è massimo. Mi ha subito colpito e allertato profondamente, sono in corso le verifiche interne». È con queste parole che il Rettore del Politecnico, Stefano Corgnati, interviene a seguito della notizia, riportata da Corriere Torino, sul testo d’esame di «Produzione veicoli spaziali» che ha suscitato non poche polemiche. La prova chiedeva ai candidati di simulare un bombardamento al confine tra Iraq e Siria, analizzandone le conseguenze aerodinamiche.
«Si tratta di questioni - prosegue il rettore - che vanno trattate con assoluto rigore. Stiamo cercando di capire com’è successo, perché è venuto fuori adesso. È chiaro che le esercitazioni e gli esami debbano essere fatti nel rispetto di tutti, è una questione di buon senso che non credevo nemmeno andasse regolamentata». Dopo la nuova escalation del conflitto israelo-palestinese, il dibattito su guerra ed etica della ricerca è tornato nuovamente al centro dell'attenzione negli atenei italiani. In particolare, le università sono state teatro di numerose proteste che chiedevano una netta separazione tra ricerca scientifica a scopi civili e studi con potenziali applicazioni militari.
Nel mirino dei manifestanti (in particolare di studenti e collettivi pro Palestina) sono finiti gli accordi di collaborazione con Leonardo, colosso dell'industria della difesa, oggetto di contestazioni fino ad un mese, quando la sua sede è stata brevemente occupata. Al centro delle critiche anche i progetti legati alla nascente Cittadella dell’Aerospazio e i relativi investimenti, visti come potenziale ponte tra innovazione tecnologica e industria bellica.
Le tensioni sono culminate la scorsa primavera, con la messa in discussione di tutti gli accordi scientifici tra il Politecnico di Torino e partner israeliani o connessi al contesto geopolitico mediorientale. Ad aprile 2024, durante un'assemblea straordinaria, studenti, ricercatori e persino alcuni docenti hanno chiesto la cessazione di queste collaborazioni. Una richiesta che poi non fu accolta dal Senato Accademico.
In risposta alle crescenti preoccupazioni, sia al Politecnico che all'Università di Torino sono state istituite commissioni dedicate all'analisi delle tecnologie «dual use», ovvero quelle che possono avere applicazioni sia civili che militari. Un passo che sottolinea come l'etica della ricerca stia diventando sempre più centrale nel dibattito accademico contemporaneo. L'ultimo episodio mette in luce l'estrema sensibilità sul tema e apre un potenziale nuovo fronte di dibattito. Dopo aver passato al vaglio gli accordi scientifici per individuare possibili «tracce» di armi, ora l'attenzione potrebbe spostarsi sui testi d’esame. Sottoposti a un controllo più rigoroso per garantire il rispetto delle sensibilità di tutti.
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