L’organizzazione mondiale che rappresenta il capitalismo-imperialismo al suo massimo livello, fondamentalmente sotto la direzione degli Stati Uniti, il Fondo Monetario Internazionale, dice “nel terzo capitolo del World Economic Outlook” di quest’anno, come riporta il Manifesto del 5 ottobre, che i padroni (le “economie” e i “mercati”) si devono preoccupare del clima, ma non si devono preoccupare per i salari degli operai: “Entro la fine del decennio, l’economia globale dovrà emettere il 25% in meno di gas serra rispetto al 2022 per poter raggiungere gli obiettivi fissati a Parigi nel 2015 ed evitare catastrofiche perturbazioni climatiche”.
È chiaro che questi obbiettivi rimarranno come tutti quelli precedenti sulla carta! E, raccomanda il FMI, bisogna agire in tempo e stare attenti ai costi che non saranno banali ma “Se le «giuste misure» nella
lotta al clima «saranno attuate immediatamente e spalmate nei prossimi otto anni i costi saranno bassi … sono gestibili e ammortizzabili dagli innumerevoli benefici a lungo termine (per la produzione, la stabilità finanziaria, [e, infine, ndr] la salute)».C’è un dato negativo, che non aiuta queste “politiche”, ed è
l’alta inflazione, ma ce n’è uno positivo, cioè quello dei bassi salari. Storicamente
una inflazione alta con relativo aumento dei prezzi porta a lotte operaie che
aumentano i salari, ma questo attualmente non sta succedendo “l’Fmi sostiene
che non c’è una spirale salari-prezzi. Anzi c’è un calo dei salari reali.”
Ammesso che si possa arrivare a qualche risultato con tutte queste
“ricette economiche” si capisce subito dopo chi deve pagare i costi della
“transizione”: le famiglie con redditi bassi, dice, infatti, il FMI: “quelle
destinate a soffrire di più il nuovo «carbon pricing»” alle quali
bisognerebbe alleggerire un po’ le tasse, suggerisce, perché “Ciò aiuterebbe
a rafforzare l’accettazione di tali politiche”. “Accettazione” che il Fondo
non vede facile perché l’alta inflazione colpisce soprattutto la classe
lavoratrice che dovrà subire i contraccolpi della prossima recessione
alimentata anche dall’aumento dei tassi delle banche centrali che così
immetteranno un po’ meno “soldi freschi” nell’economia e cioè ai padroni.
Se l’attuale livello dei salari, come si vede, non preoccupa i padroni, preoccupa però, e tanto, la classe operaia che ha bisogno urgente di mettere in campo una delle battaglie, questa per forti aumenti di salario, da fare subito in maniera unitaria e tutti insieme nelle fabbriche e posti di lavoro.
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