L’aspetto di maggior visibilità, maggior attivismo contro la guerra e l’attacco della borghesia è un fatto positivo, ma la natura incancrenita, elettoralista, piccolo borghese e riformista, al di là delle parole, dei gruppi che sono in questo campo, rende da un lato impotente questa opposizione, dall’altro assai difficile che possa intercettare le istanze di protesta e di coscienza dei proletari e delle masse popolari.
Giorni fa a Roma è stata ufficialmente lanciata “Unione Popolare”, la nuova proposta della sinistra radicale che si ispira alla “Nuovelle Union Populaire ècologieque et sociale” (NUPES) e che ha come principale obiettivo la realizzazione della lista alle prossime elezioni politiche
Ma il suo rappresentante è Luigi De Magistris.
Il riferimento è chiaramente il risultato della "sinistra" nelle recenti elezioni in Francia, de la France Insoumise di Mélenchon. E dicono: "Di fronte al vecchio mondo e alla vecchia politica fatta di guerra, salari e pensioni da fame e ripudio della democrazia, abbiamo il dovere di riunire tutte e tutti coloro che vogliono progettare un futuro più giusto. Come in Francia e Colombia, così anche in Italia abbiamo bisogno di una Unione Popolare".
A parte che non si tratta affatto di "vecchia politica" a cui contrapporre una nuova, ma di "normale azione del sistema capitalista/imperialista, che proprio perchè in crisi diventa sempre più feroce, i riferimenti (Francia e Colombia) non hanno certo portato novità positive nè sono rassicuranti per le masse, in Francia sta ancora Macron e Le Pen ha scalato un bel pò di posti; per la Colombia rimandiamo all'intervista fatta a UOC per comprendere come stanno realmente le cose: https://proletaricomunisti.blogspot.com/2022/07/pc-12-luglio-importante-ed-esclusiva.html
Non bastano, certo, poi le parole e i cosiddetti "propositi" proclamati da De Magistris, di cui i proletari,
i disoccupati di Napoli negli anni della sua gestione della città da sindaco hanno ben conosciuto: parole "rivoluzionarie" e pratica meschina, o peggio, di cui al massimo ha avuto qualche vantaggio la piccola borghesia, ma non i proletari e le masse povere sui terreni del lavoro, del salario, del diritto alla lotta.Su Rifondazione comunista non abbiamo nulla da dire, non vuole altro che rientrare nel parlamento - d'altra parte che altro potrebbe fare?
Noi avevamo messo in guardia dall'inizio e fatta una critica fraterna che puntava ad attaccare la malattia riformista per curare il malato. Ma il malato è diventato inguaribile. E le energie che ci sono, se sono genuine, devono prendere atto e decidere e agire di conseguenza.
Riportiamo una parte dell'opuscolo fatto nell'aprile 2018 su Potere al popolo "La strategia del gambero", che purtroppo non ha avuto smentite, ma solo conferme.
C'è da aspettarsi che andranno a marce forzate e anche il lavoro di massa buono che fanno viene indirizzato verso le elezioni – nel loro appello infatti scrivono: “iniziamo per non smettere, per costruire qualcosa che vada da qui a cinque, a dieci anni.”.
Qual’è la posizione, la filosofia in cui inquadrano questa decisione?
- un discorso interclassista: il “popolo” che sostituisce le classi e si espande sempre di più (tra l'altro spesso sostituito di fatto dalla nuova formulazione “gli esclusi” (che è anche utile come denuncia della politica del governo, dello Stato per esempio verso i migranti, ma che poi diventa una categoria sociale generale che abbraccia tutti i proletari e gli sfruttati). Ora, nella campagna elettorale il discorso di “popolo” diventa (e si rivolge) “paese”, ”Italia”;
- una lista che oggettivamente (e, tra l'altro, non potrebbe fare diversamente data anche la legge elettorale) si rivolge e trova consenso da pezzi della sinistra istituzionale, gruppi elettoralisti e opportunisti di stampo revisionista o di stampo movimentista. Scrivono: “Noi che siamo stati cacciati dal Brancaccio, vogliamo accogliere tutti, dare modo a tutte quelle forze pulite, alle assemblee territoriali, di riaprire una strada;
- una formulazione della “sinistra” quanto mai generica a cui si fa al massimo la critica di essere “lontana dal popolo” e non forza di falsa opposizione, conciliazione con la politica della borghesia, in tutti questi anni, da Bertinotti in poi;
- un'analisi e un discorso moralista sia verso la borghesia sia verso il “popolo”: “Questo paese sta diventando depresso, cattivo, risentito” - un discorso che coglie e utilizza alcuni aspetti meramente fenomenici che, però, senza un'analisi di classe, materialistico dialettica, finisce per coincidere con la rappresentazione fatta da giornali, partiti parlamentari, commentatori politici di varia natura. Continuano nell'appello: “Ci rivolgiamo a tutta l’Italia, a questo paese che sta scivolando nel risentimento, nell’imbroglio e nella violenza, nel cinismo e nella tristezza, e che però è pieno di gente degna, che resiste ogni giorno, che mantiene dei valori”- e via di questo passo. E’ moraleggiante, borghese parlare di “gente degna”, “valori”;
- gli esponenti politici dell'ex Opg scadono di fatto nel populismo, sia con questi discorsi, tanto demagogici, inutili, quanto generici; sia quando usano l'”antipolitica”: “Noi non facciamo i politici di mestiere, non abbiamo niente da perdere, quindi scusateci se parleremo schietto”... “se noi che siamo esclusi ci organizzassimo? Se saltassimo sul palco?”... “nessuno ci rappresenta, rappresentiamoci direttamente!”;
- sull'astensionismo elettorale – che ha raggiunto percentuali molto alte - fanno le stesse accuse qualunquiste che fanno tutti i partiti parlamentari. Quindi regalano a discorsi di “destra” un astensionismo che è fatto inve ce soprattutto di operai, lavoratori, settori in lotta delle masse popolari, che esprime una denuncia/protesta, e non è affatto, nella sua prevalenza, espressione di settori qualunquisti che invece votano eccome a destra.
Questo è quanto di più cieco in questa fase ci possa essere; unisce una supponenza a una incomprensione del lavoro ideologico, politico, sociale necessario oggi, per trasformare l'astensionismo operaio e popolare in lotta in prima persona nelle fabbriche, nelle periferie.
Certo, chi ha espresso già nell'elezione di De Magistris un “culto” delle elezioni, fino al patetico controllo popolare dei seggi, controllo della regolarità del voto, ecc., non può che attaccare in questi termini dispregiativi l'astensione operaia e popolare.
- si fa poi un appello classicamente piccolo borghese e da riformismo spicciolo: “Anche una persona da sola può fare la differenza, può salvare delle vite, può rendere il suo quartiere migliore. E mille persone pulite e determinate possono cambiare un paese. Quindi iniziamo da qualche parte...”.
Quindi, basta rimboccarsi le maniche, basta cominciare a presentarsi alle elezioni, e si può “cambiare il paese”!? - Questo è purtroppo è il vecchissimo discorso della piccola e media borghesia perbenista, ben oltre la composizione sociale degli attivisti e partecipanti a “Je so pazzo”.
Oggettivamente e soggettivamente questi compagni, da noi conosciuti dall'inizio della loro militanza politica e sociale di lotta, da sinistra sono scivolati sempre più al centro, diventando un problema e un ulteriore ostacolo nella battaglia per la rivoluzione in questo paese.
I comunisti, i rivoluzionari non sono astensionisti di principio; nella storia del movimento proletario e comunista sia a livello internazionale sia a livello nazionale hanno avuto momenti ed esperienze di utilizzo delle elezioni. Ma questo utilizzo è stato sempre in funzione della via rivoluzionaria. I comunisti si sono presentati per avere una platea più ampia, per utilizzare le possibilità elettorali o parlamentari per portare la voce e il programma rivoluzionario.
Questo manca nelle motivazioni, nei contenuti, negli interventi dei compagni dell'ex Opg. Il programma presentato per questa lista è un elenco di rivendicazioni, proposte che si possono ritrovare in tanti programmi elettorali e non delle organizzazioni della sinistra parlamentare, e vengono portate avanti nelle stesse forme vecchie e abusate (vedi Viola Garofalo che riempie i suoi interventi anche televisivi di “redistribuzione del reddito”, ecc. ecc.).
Il riformismo serve sempre la reazione e in una fase di tendenza al moderno fascismo e di debolezza ideologica, politica e organizzativa del movimento comunista, del sindacalismo di classe, ogni servizio reso dal riformismo è estremamente grave".
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