Partiamo dagli ultimi avvenimenti in Colombia, che hanno visto momenti importanti di rivolta popolare sociale e poi le elezioni del presidente
Le classi dominanti si sono accordate per placare la rivolta sociale e l’accordo consiste nell’aver proposto due candidati che entrambi proponevano un cambiamento. Uno, di destra, Rodolfo Hernandez, che diceva basta con la corruzione, il politicantismo, mano dura con tutti; l’altro, Gustavo Petro, (movimento 19 aprile) un ex guerrigliero che nel 900 firmò un accordo di pace con lo Stato e insieme ad altri movimenti piccolo borghesi diede vita alla Costituzione del 91. Questo ultimo si presenta rivestendosi delle rivendicazioni che c’erano state nel ‘21: risolvere la crisi sociale, sanitaria e rispettare gli accordi di pace con le Farc del 2016.
Altro candidato presidenziale, che è ora Ministro di Petro, Alejandro Gaviria, questi incarna ed esprime l’accordo delle classi dominanti: porre sotto controllo la rivolta sociale dall’alto.
Ora Petro propone un accordo nazionale, di solidarietà nazionale.
Si può dire che Petro vince per l’appoggio di ampi settori sociali ma anche col sostegno di settori della classe dominante.
La differenza di voti è di soli 700 mila voti: l’astensione si è ridotta leggermente, di tre punti.
Già prima era latente il ricorso a frodi, colpo di Stato e anche ora la possibilità di un colpo di Stato militare esiste. Rimane aperta questa opzione perché la mafia e i paramilitari hanno tuttora forza e potere, a livello di forza economica, politica, militare.
La Colombia ha il 70% della produzione di cocaina, prima produzione nell’esportazione, ed è un settore dal 3 al 5% del pil. E’ quindi su questa base materiale che si fonda la forza di questi settori.
La guerra contro il popolo, che si è incrementata nell’ultimo anno, fatta di massacri, deportazione, assassini selettivi di esponenti di lotte sociali, non si è mai fermata e ha colpito anche esponenti della coalizione di Petro. Sono parte della coalizione di Petro (Colombia Humana), i verdi e tutti i partiti revisioni, filo Urss, gli emmellisti, anche un partito sedicente maoista, e perfino l’ELN, e anche se in maniera defilata le stesse Farc.
Prima di insediarsi Petro ha tenuto incontri con tutti gli altri settori politici, col vecchio presidente Uribe, partito liberale, partiti parlamentari di Colombia per fare accordi.
La nostra analisi è che Petro è riuscito ad ottenere il sostegno della gran parte del malcontento popolare non tanto per merito suo, ma per il tramite di Francia Marquez, e la sua figura di attivista ambientalista, nera, ex deportata, minacciata di repressione; grazie a questa figura ha ottenuto il sostegno che gli ha imposto di proporla come vice presidente, che però ha una funzione decorativa, in quanto ha il Ministero delle pari opportunità.
Questa presidenza somiglia a quella di Castiglia in Perù o di Boric in Cile, governi nati nel pieno di una turbolenza sociale che non si è placata perché la fame esiste ancora e che non da soluzione a questo problemi.
Com’è ora la situazione tra le masse? Quali le forme organizzative e della sollevazione popolare
Il nostro appello ai contadini, alle masse è di prepararsi per la prossima sollevazione popolare che si presenterà con caratteristiche differenti dal passato; traendo lezione da quello che è apparso embrionalmente nella rivolta sociale apparsa nel 2019 nella forma di ‘Prima linea’, che era una forma di combattimento dei giovani contro la polizia, insieme alla forma di ‘assemblea popolare’. Queste assemblee popolari riuscirono a svilupparsi come assemblea nazionale nel 2020.
Nel settembre c’è un episodio che ha un valore particolare. Per la prima volta dopo un periodo storico le masse realizzano un’azione offensiva contro la forze di polizia, queste azioni a Bogotà riescono ad attaccare metà dei posti di polizia. Il 10 settembre del 2020 queste azioni si diffondono in tutto il paese. Nell’aprile del 21 vediamo che queste forme si sono sviluppate, le assemblee popolari si sono diffuse in tutto il paese e le forme di ‘prima linea’ da essere forma di difesa sono diventate di offensiva verso la polizia. Successivamente si tengono due assemblee popolari nazionali, in maggio e luglio del 2021, quella di luglio si tiene a Cali, centro delle rivolte contro il regime.
In queste assemblee esce il rifiuto, la contestazione della direzione dei sindacati ufficiali e dei loro accordi con le associazioni padronali, perché non erano stati i sindacati che avevano prodotto il movimento e invece facevano appello ai politici di sinistra ad entrare nelle assemblee popolari.
In queste due assemblee è emerso il rifiuto delle direzioni sindacali e due linee. Una che puntava ad attrarre nell’assemblea i politici di sinistra, l’altra linea che rifiutava i politici di sinistra e proponeva una linea diversa, che era non solo di raccogliere le istanze ma anche di rovesciare il regime che le negava.
Qual’è stato il ruolo della vostra organizzazione?
La UOC (Unione Operaia Comunista – mlm) delineò un programma immediato che raccoglieva l’esigenza del movimento: soluzione crisi, sociale, sanitaria, fine della repressione al popolo e la soluzione contadina.
La prospettiva era di trasformare le forme di AP (Assemblea popolare) e PL (Prima linea) in embrione di nuovo potere, nella prospettiva di una nuova sollevazione sociale che si ponesse il problema di considerare come il vecchio regime ha risposto e come risponderà tenendo conto dell’esperienza di Cali.
Ciò che è successo a Cali è che non solo si dichiarò una militarizzazione, uno stato di emergenza ma la libertà alla forze di polizia di sparare sulle masse, contro le manifestazioni, e non solo alla polizia, anche ai paramilitari (“gente per bene”), insieme a torture, sparizioni, corpi smembrati dei capi della rivolta.
Questo fece sì che gli operai che avevano partecipato al movimento, non come organizzazioni sindacali, risposero con “piombo su piombo”. Quindi a Cali, in uno dei quartieri più popolosi vi fu la risposta più dura ma anche la reazione più efficace dei rivoltosi.
Le AP si erano trasformate da essere una forma permanente che gestiva i blocchi e le barricate, in organismi che decidevano su tutto: transito, sanità, sostentamento e come trattare la contraddizione col sottoproletariato. Tutto questo c’è stato spontaneamente, le masse hanno fatto da sé. Noi cerchiamo di rendere questo fatto cosciente.
In questa fase sono sopraggiunte da una parte l’apertura delle campagne elettorale, e dall’altra una forte campagna di repressione, stupri, ferimenti; questo ha portato ad una situazione di riflusso del movimento. Ma dato che i problemi non sono stati risolti, la nostra analisi è che anche oggi esploderanno, soprattutto a fronte degli sforzi di Petro di compiacere le classi dominanti.
Tornando all’assemblea di luglio ci fu il tentativo di manipolarla da parte dei trotskisti, di trasformarla in sostegno a Petro, ma questo fu respinto dalla massa di questa assemblea, e questo impedì ai socialdemocratici di imporre questo all’assemblea. Ma dato che l’AP è stata fortemente colpita dalla repressione, essa si è sciolta senza assumere alcun tipo di risoluzione.
Come definite la fase attuale in Colombia?
La nostra analisi dell’attuale situazione oggettiva è che stiamo in una fase di transizione, abbiamo assistito a flussi e riflussi, tutto questo ci fa dire che quella che si avvicina è una fase di transizione verso una nuova fase di sviluppo in cui la rivolta sociale avrà un salto, per affetto anche di una situazione oggettiva a livello mondiale, pen cui in Colombia nell’ultima settimana gli stessi analisti borghesi parlano di nuove recessione negli Usa. E chiaramente la crisi sociale è fatta di diffusione della fame, crescita della disoccupazione, crescita dell’esercito di migranti, perdurare della crisi sanitaria. Oltre questi fattori di crisi vi sono i preparativi di guerra imperialista e questo porta ad una acutizzazione della lotta di classe in tutto il mondo.
Parallelamente si assiste una crisi politica dall’alto e la possibilità che si presentino nuove rivolte, nuove sollevazioni sociali, nuova lotte armate, perfino nuove guerre civili.
A livello internazionale ci porta a dire che è una situazione speciale che richiede un salto a noi comunisti per prepararsi alla nuova fase. Non può andare avanti trascurando il lavoro di unità dei comunisti a livello internazionale e i compiti internazionalisti.
Pensiamo che il prossimo periodo di calma relativa, che ci può garantire Petro, ci dà l’opportunità di avanzare verso quello che dobbiamo fare. A breve terremo la nostra massima istanza democratica. Ma tutto questo non si può fare al di fuori o al margine della lotta di classe, o al margine del lavoro è per preparare le masse alla nuova rivolta.
Quei comunisti che non si legano alle masse, non lavorano per elevare la coscienza delle masse, sono destinati ad essere respinti, emarginati e non potranno più dirsi comunisti.
Un ultimo aspetto della situazione in Colombia, quello del problema agrario
FR e PP dicono che il problema principale è quello della semi feudalità e della situazione contadina e su questo si fonda il loro orientamento strategico.
In Colombia a partire dagli anni 60 sorgono movimenti guerriglieri, le Farc sono il prodotto di questa fase; altre formazioni erano frutto della teoria dei fuochi, l’ELB.
Nel 65 c’è la ricostituzione del Partito comunista ml in lotta contro il revisionismo kruscioviano. All’epoca si segnalava che in Colombia vi erano relazioni capitaliste, anche se perduravano importanti residui di semi feudalità; di conseguenza i compagni formulavano la strategia della rivoluzione come rivoluzione democratica, popolare antimperialista in marcia verso il socialismo, una rivoluzione simile a quella di Nuova democrazia in Cina, ma con caratteristiche particolari.
La strategia che si propone è la guerra popolare di lunga durata e di accerchiare la città a partire dalle campagne, costruendo basi d’appoggio rivoluzionarie.
La violenza che ha dato origine alle Farc, si presenta come una risposta della classe contadina all’espropriazione violenta che si presenta nelle zone di produzione del caffè. Questa guerra non era la guerra dei contadini per la democratizzazione della terra ma una guerra inter borghese, per il differenziale della rendita che nasceva da questo settore produttivo particolare. All’epoca la Colombia era il principale produttore del caffè al pari del Brasile.
Negli anni 80, i gruppi guerriglieri che erano riusciti a sopravvivere nelle zone di nuove colonizzazione agricola, si avvicinano alle regioni in cui esistevano le produzioni agricole più sviluppate e nelle zone di produzione petrolifere e minerarie. Contemporaneamente comincia a svilupparsi la produzione di coca, dopo la produzione di marijuana.
Tutte le formazioni guerrigliere si compromettono con la borghesia agraria, con gli strati di contadini ricchi e iniziano a legarsi alla nascente produzioni di coca, proteggendo le prime coltivazione; le stesse azioni avvengono nelle zone petrolifere e minerarie. Alla fine si ritrovano coinvolti direttamente nella produzione di coca e successivamente anche nel processo di raffinazione delle foglie di coca e alla fine si ritrovano legati direttamente all’affare del narco traffico.
Alla fine degli anni 80 tutto questo porta ad una lotta per questi affari, per la straordinaria rendita che produce la coltivazione e raffinazione delle foglie di coca, così come i profitti dell’estrazione mineraria e petrolifera.
La borghesia, specialmente quella legata al narco traffico, sviluppa le sue forze paramilitari, legate allo Stato. Negli anni 90 c’è una guerra terribile di espropriazione dei contadini, in questi anni sono più di 10 milioni di ettari espropriati ai contadini poveri e più 7 milioni i contadini scacciati.
Queste terre, in parte sono destinate sempre alla coltivazione di coca, ma includendo nelle stesse zone laboratori di raffinazione, altre per la coltivazione delle palme da olio di origine africana, e altre per la coltivazione di grano e generi alimentari.
In questi anni sono attivi settori di grande borghesia non solo latifondisti feudali, come il caso del gruppo Antiocheno, un impresa di costruzione in Usa che si impossessa di una gran parte della regione in cui avvengono 11 episodi di massacri. Attualmente si produce olio di palma e legno di teca; in un altra regione si appropria della terra il produttore Cargill per la produzione e commercializzazione di cereali, ecc., altri si appropriarono di territori di indigeni per la produzione di canna da zucchero e dei carburanti derivati.
Con il trattato di pace firmato dalle Farc con il governo di Santos, nel 2016, la base economica fu dare legalità alla spoliazione che già avevano realizzato. Unica cosa che concede l’accordo agli espropriati è la promessa di un fondo di terra, di tre milioni di ettari, ma non della terra espropriata dalla borghesia, ma terre vergini. Il risultato è che quelli che rivendicano le terre che gli erano state tolte ricevevano questa risposta: o assegnazione di altre terre altrove o dovevano dimostrare che erano stati truffati che avevano il titolo legale di quelle terre e che erano dedicate al narco traffico. Poche di queste terre tornarono ai contadini ma poco dopo anche queste tornarono ad essere sottratte ai contadini e questi assassinati. Chi era stato vittima della guerra tornava ad essere vittima una seconda volta. Le informazioni che davano i contadini a cui era stata tolta la terra era ricevuta dagli stessi paramilitari.
Il risultato di tutto ciò è che oggi anche le zone indigene non hanno più la caratteristica di essere terre di proprietà comune. Oggi parte di quelle terre produce coca, marijuana. Questo ha strangolato anche le forme culturali delle comunità indigene e anche la divisione all’interno delle stesse comunità in funzione di coloro che esercitavano la violenza armata in quelle zone, bande armate che hanno rapporto con i cartelli di narco trafficanti messicani.
Vale a dire che il trattato di pace firmato non è stato altro che permettere nuovi attori nelle zone in cui prima c’erano loro. Per effetto dello sviluppo delle forme di coltivazione scientifiche della cocaina, se c’è una riduzione delle zone coltivate, c’è però una crescita della quantità di produzione.
Altro elemento grave è che i contadini medi e poveri sono costretti a legarsi ai cartelli, mentre quelli che continuano ad essere legati a ELN o a chi non ha accettato gli accordi di pace vengono perseguiti, e in violazione degli stessi accordi viene imposta la distruzione forzata delle coltivazioni.
Il problema grave in Colombia non è un problema di semi feudalesimo ma di capitalismo, il problema per i contadini non è la terra chi la lavora ma chi la compra. D’altra parte i compagni legati alle forze contadine dicono: la terra non si mangia, siamo affogati con le banche, siamo strangolati dai problemi delle sementi, della commercializzazione (vie di comunicazione, servizi, ecc) e di assistenza tecnica.
Il problema della terra in Colombia non è un problema di democratizzare la proprietà della terra, ma la necessità della nazionalizzazione della terra, che dia in usufrutto le terre ai contadini poveri e medi, e anche di assegnare terre ai semi proletari, proprietari di piccoli appezzamenti di terra, ma che devono lavorare anche per gli altri, che richiedono di avere terre.
Il programma attuale di Petro dice: mettere fine al feudalesimo per sviluppare il capitalismo, cioè la causa della malattia dovrebbe curare la malattia; perché l’aspetto centrale degli accordi di pace era si sviluppare il capitalismo nelle zone di sviluppo agrario imprenditoriale.
E’ interesse delle stesse imprese capitaliste assegnare ai contadini un piccolo fondo di terreni per legarli alla terra e per tenerli vicini alla imprese agricole a cui poi devono vendere la loro forza lavoro; nell’accordo di pace erano previsto le 4 unità agricole familiari e differenziazioni salariali da zona a zona. Tutte questa situazione definiva condizioni di super sfruttamento, non si riusciva a raggiungere più di due redditi minimi. Di pari passo si sviluppa un’altra realtà di centinaia di migliaia di proletari agricoli salariati costretti a vendere la loro forza lavoro.
Non si assiste solo ad una riduzione della popolazione agricola ma al fatto che una parte sono dipendenti non proprietari agricoli.
Qualcosa del genere è successo in Brasile, un grande produttore e commercializzatore francese di carne e alimenti, legato ad altri aziende capitaliste brasiliane.
In molti di questi paesi la lotta dei contadini non ha a che fare col semi feudalesimo ma con il capitalismo e lo scontro non è con i signori feudali ma con grandi proprietari capitalisti.
La prestigiosa università di Harvad ha comprato terre in Argentina, Paraguay.
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