sabato 16 luglio 2022

pc 16 luglio - Nella guerra inter-imperialista le multinazionali dell'acciaio attori di primo piano

Alcuni punti sui piani Tenaris a livello internazionale, in questa fase della guerra

Alla Tenaris della famiglia Rocca, padroni della multinazionale leader nella produzione di tubi in acciaio senza saldatura con 24mila dipendenti e stabilimenti in tutto il mondo, non bastano gli utili di questi anni tra crisi e pandemia nei vari paesi in cui è presente, elencato in questo articolo https://www.firstonline.info/tenaris-utili-quintuplicati-e-ricavi-raddoppiati-totalenergies-svaluta-41-miliardi-in-bilancio/, ma anche dalla nuova situazione mondiale all’interno della guerra inter imperialista e dalle sue conseguenze sui costi delle materie prime, arrivano nuove opportunità di profitto attraverso la ristrutturazione nei vari stabilimenti, tra cui quello di Dalmine (spolpato dalla privatizzazione del 1996 ad oggi di migliaia di operai e posti di lavoro), e l’utilizzo della riconversione ecologica, uno strumento per sfruttare le ingenti risorse del Pnrr, ma anche nel più generale affare della decarbonizzazione che attraverso la Cbam (tassa europea sul contenuto di carbonio dell’acciaio esportato), su cui sarà utile tornare e sui suoi riflessi rispetto alle varie soluzioni normative previste in Usa e Cina, visto che “l’Italia è la seconda siderurgia europea: valore della produzione di 60 miliardi di euro. Un vero pilastro dell’economia nazionale, abilitante per tutte le manifatture.” Dall’articolo "l’industria italiana è pronta alla rivoluzione verde?".

Partiamo dall’ultima acquisizione di un altro stabilimento negli Usa che la Tenaris ha effettuato poche settimane fa, dove emerge chiaro il paradosso tra la decantata svolta green e la corsa per aumentare con le stesse tecniche produttive attuali, di 400mila tonnellate annue la capacità produttiva di tubi per il mercato gas e petrolio, proprio per le necessità della situazione energetica che si sta ridefinendo nel mondo e che serve ora per far andare l’economia. 

Quindi le quote di acciaio decarbonizzato sono la foglia di fico per stare dentro il businness “ambiente imprese: transizione sostenibile”, ma che deve pagare lo Stato scaricando sui proletari i tagli per spese sociali, come si evince dalle dichiarazioni di Marco Geneletti energy senior director di Tenaris Dalmine che ha partecipato con Ermete Realacci di Legambiente al festival convegno tenutosi a Bergamo su questi temi:

“Tenaris sta investendo molto nell’ambito della transizione energetica, tema che ritiene fondamentale per rimanere competitiva continuando a salvaguardare l’ambiente. In questo contesto, i fondi allocati alla transizione energetica, come una parte del  PNRR e le semplificazioni delle regole per l’installazione di impianti di rigenerazione di energia rinnovabile sono, senza dubbio, uno strumento essenziale per le aziende e la dimostrazione di un impegno concreto del Governo in materia ambientale”.

Qui si inseriscono i progetti di utilizzare per il fotovoltaico le aree dello stabilimento dove sono state dismesse negli anni importanti lavorazioni speciali che venivano effettuate a Dalmine o la produzione

di idrogeno con Eni e Snam che hanno un progetto pilota per un nuovo impianto a Dalmine, visto che nel PNRR le rinnovabili insieme all’idrogeno fanno parte della Missione 2 e nello specifico nella M2C2: 23,78 miliardi di euro.

Come ci spiega l’amministratore delegato della Tenaris Europa Della Briotta parlando ai dipendenti della situazione del mercato e sull’andamento del prezzo di petrolio e gas: ”complice anche l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia”…. ”questo rapido incremento dei prezzi ha generato investimenti finalizzati a ridurre la dipendenza Europea dal gas russo e conseguentemente una crescente domanda dei nostri prodotti destinati all’estrazione, al trasporto e alla trasformazione degli idrocarburi”...”gas e petrolio continueranno a essere presenti nella matrice energetica, il gas in particolare sarà parte importante nella produzione non solo di energia elettrica ma in tante altre produzioni”.

Stiamo parlando di una azienda legata all'Eni e quindi allo sfruttamento  delle risorse energetiche nei vari paesi che vanno dalla ricerca dei pozzi, alla perforazione, trasporto tramite gasdotti etc. dall'Egitto alla Turchia, all'America Latina, Asia, Africa.... e che sull'Ucraina sin dall'inizio si è schierato sulle posizioni Biden-Usa legittimando l'azione di ripristino della democrazia internazionale... mentre fa affari con i peggiori dittatori che opprimono i loro popoli, e che, come tutte le oligarchie, sono protagonisti di intrecci e scandali finanziari come quello di Petrobas in Brasile, per non parlare dell'attività sindacale nei suoi stabilimenti come quello in Colombia etc.

“L’invasione russa dell’Ucraina e le sanzioni che sono state imposte agli individui russi, aziende e istituzioni russe hanno cambiato l’outlook dell’energia in tutto il mondo“, con prezzi e costi in rialzo e livelli di produzione di petrolio e gas che “non tengono il passo con la domanda globale e le scorte sono a livelli bassi”, commenta Tenaris oggi.

Mentre nel 2018 non disdegnava neanche il mercato Russo: “Il mercato mondiale è costellato da molte incertezze politiche che fanno aumentare i rischi, basti pensare alla battaglia dei dazi tra Usa e Cina, le tensioni in Iran, Venezuela e Libia, Paesi che sono grandi produttori di petrolio, e un rallentamento della crescita in Europa, che peggiora fino alle percentuali dell’Italia – spiega Della Briotta -. In questo contesto nel 2018 abbiamo investito in Arabia Saudita, in Russia e ora siamo in attesa degli Stati Uniti, dove serve il parere dell’Antitrust. Il mercato statunitense resta il più interessante e importante per l’uso dei tubi”.

"Il 26 settembre 2018 Tenaris acquista il 48% di Saudi Steel Pipe in Arabia Saudita, poi a nel febbraio 2019 la joint venture siglata con Severstal per costruire un impianto per tubi saldati nella regione di Surgut nella Siberia occidentale, infine la terza acquisizione da TMK: azienda russa produttrice di tubi sia saldati sia senza saldatura – del 100% della sua controllata statunitense da Ipsco Tubulars per un valore di 1.209 milioni di dollari Usa."

È il normale funzionamento delle leggi del sistema imperialista, perchè quella economica è una guerra tra le varie potenze e in primis contro la Cina all'interno della competizione mondiale per nuove fette di mercato e di profitti, dove, riprendendo dalla Formazione operaia su "l’imperialismo" di Lenin: “gli spiriti animali del capitale e quindi dell'imperialismo lavorano costantemente dentro il modo di produzione per aprire, riaprire continuamente la contesa che origina le guerre. In questo senso si può chiamare “pace imperialista” solo la pace dei morti, dei territori occupati, dominati e schiacciati, o essa è solo la lunga vigilia delle nuove guerre imperialiste.”

Mentre la fabbrica si adegua alle “nuove sfide del mercato” spingendo sulla riorganizzazione con l’introduzione di centinaia di operai, forza lavoro giovane e precaria sottopagata, e ristrutturazione nei reparti, come riportano gli ingegneri ad esempio nel laminatoio ftm “stiamo spingendo al limite un laminatoio che era nato per produrre tubi da 14 pollici e che ora stiamo adattando per produrre tubi di diametro molto più grande”; “…abbiamo trovato il modo di sfruttare tutti gli spazi della campata, ….in alcuni casi, a ragionare millimetro per millimetro….comportando una significativa riorganizzazione del modo di lavorare…

Ma la soluzione viene ancora dall’analisi di Lenin: l’imperialismo provoca l’inasprimento degli antagonismi e la necessità per gli operai e i proletari di mettere all’ordine del giorno l'internazionalismo e la rivoluzione proletaria  

Da pc 19 gennaio - Per le materie prime si accende lo scontro interimperialista sulla pelle di proletari, masse e popoli oppressi

"I monopoli condussero all’accaparramento intensivo delle principali sorgenti di materie prime, specialmente nell’industria piú importante e piú cartellata della società capitalistica, quella siderurgico-mineraria. Il possesso monopolistico delle piú importanti sorgenti di materia prima ha aumentato immensamente la potenza del grande capitale e acuito l’antagonismo tra l’industria dei cartelli e l’industria libera... il monopolio sorse dalla politica coloniale. Ai numerosi “vecchi” moventi della politica coloniale, il capitale finanziario aggiunse ancora la lotta per le sorgenti di materie prime, quella per l’esportazione di capitali, quella per le “sfere d’influenza”, cioè per le regioni che offrono vantaggiosi affari, concessioni, profitti monopolistici, ecc., e infine la lotta per il territorio economico in generale. Quando, per esempio, le potenze europee occupavano con le loro colonie solo una decima parte dell’Africa, come era il caso ancora nel 1876, la politica coloniale poteva allora svolgersi in forma non monopolistica, nella forma, per cosí dire, di una “libera presa di possesso” di territorio. Ma allorché furono occupati già nove decimi dell’Africa (verso il 1900), allorché fu terminata la divisione del mondo, allora, com’era inevitabile, s’iniziò l’età del possesso monopolistico delle colonie, e quindi anche di una lotta particolarmente intensa per la spartizione e ripartizione del mondo...È noto a tutti quanto il capitale monopolistico abbia acuito tutti gli antagonismi del capitalismo. Basta accennare al rincaro dei prezzi e alla pressione dei cartelli. Questo inasprimento degli antagonismi costituisce la piú potente forza motrice del periodo storico di transizione, iniziatosi con la definitiva vittoria del capitale finanziario mondiale" - Lenin, L’imperialismo, fase suprema del capitalismo  

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