Era gennaio quando la notizia di Lorenzo Parelli morto durante uno stage in alternanza scuola-lavoro squarciò il velo della normalità alla quale dovremmo essere abituati secondo chi comanda. Lorenzo aveva 18 anni e quel giorno invece di andare a scuola morì schiacciato da una putrella, sul posto di lavoro deciso dal suo istituto scolastico. Da quel momento in tantissime città d’Italia tantissimi giovani sono scesi in strada, hanno occupato le scuole, hanno preso in mano il loro presente per costruire un futuro più giusto e vivibile. È nato un movimento, un’agitazione viva e trasversale, che ha reso palpabile la richiesta chiara e semplice di voler vivere bene, di non essere costretti a lavorare invece che studiare, di farlo in condizioni umane. Dopo due anni di pandemia i bisogni e i desideri di una vita bella si sono fatti sempre più dirompenti, alimentati dalla dura e violenta risposta delle istituzioni sia scolastiche che cittadine.
A Torino la prima manifestazione indetta in ricordo di Lorenzo venne brutalmente repressa impedendo fisicamente agli studenti e alle studentesse presenti in piazza Arbarello di partire in corteo. Dita, braccia, teste rotte per silenziare un grido di rabbia giusta. Successivamente numerosissime furono le
occupazioni delle scuole nella nostra città e in tantissime città d’Italia, qui ci siamo ripresi il tempo negato, lo spazio chiuso e asettico degli istituti scolastici è stato riempito dai nostri bisogni, dalle nostre volontà, dalla nostra voglia di stare al mondo come lo decidiamo noi. Davanti a tutto questo il Ministro Bianchi, le istituzioni scolastiche, i responsabili dell’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro non hanno preso parola né hanno mosso un dito per ascoltare le rivendicazioni che hanno attraversato le scuole di tutta Italia. Anzi, hanno lasciato fare ad altre istituzioni, quelle poliziesche e giudiziarie, che nulla hanno a che spartire con il mondo della formazione, hanno lasciato che gestissero le manifestazioni di migliaia di giovani e giovanissimi trattandoli alla stregua di pericolosissimi criminali. Hanno lasciato agire indisturbate le forze dell’ordine come guardia privata di Confindustria, prontamente difesa dalla ministra degli interni Lamorgese, fracassando di botte chi non ha accettato la morte di Lorenzo e di Giuseppe, coetanei uccisi dal governo e dagli interessi degli industriali di questo paese. Ricordiamo la richiesta degli studenti e delle studentesse davanti al MIUR, a seguito dei tentativi di dividere il movimento tra buoni e cattivi, di prendere posizione e ascoltare finalmente le rivendicazioni di migliaia di giovani.È evidente il tentativo di silenziare una voce forte e determinata e di negare l’autonomia e la capacità di movimento dei giovani che non vedono più possibilità per il futuro e che considerano insopportabili le condizioni di scuola, di lavoro e di vita a cui sono sottoposti. È evidente come funzioni il sistema politico di questo paese, i suoi interessi e le sue priorità: davanti a due studenti uccisi dall’alternanza scuola-lavoro, davanti a centinaia di migliaia di giovani inascoltati, davanti a decine di studenti e studentesse ferite l’unica risposta è stata preservare il profitto e la strenua volontà di perpetrare un sistema atto a produrre e guadagnare sulla pelle delle persone. Oggi arriviamo al nuovo vergognoso capitolo di questa storia: 11 misure cautelari di cui tre arresti in carcere e quattro ai domiciliari, oltre a obblighi di firma giornalieri. Un’operazione indegna nei confronti di poco più che maggiorenni per delle manifestazioni studentesche crea un precedente inaccettabile, da rifiutare con tutte le nostre forze.
Non possiamo stare zitti di fronte a un attacco simile atto ancora una volta a disgregare la solidarietà e gli esperimenti di comunità, a distruggere legami basati su altri principi, volti a costruire un presente e un futuro a misura delle nostre aspettative e dei nostri desideri. Vogliamo libertà, la libertà per i nostri amici e le nostre amiche, vogliamo risposte e vogliamo chiedere conto di tutto questo.
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