mercoledì 4 novembre 2020

pc 4 novembre - Mobilitazione del popolo saharawi contro l’occupazione marocchina e le forze di interposizione ONU – reportage - parte 2

da tunisieresistant

Leggi la 1° parte su questo blog: https://proletaricomunisti.blogspot.com/2020/10/pc-27-ottobre-mobilitazione-del-popolo.html

Il referendum è la via per raggiungere l’indipendenza?

Mentre il popolo saharawi in questi giorni intensifica la lotta diretta dal Polisario, quest’ultimo minaccia una ripresa della armi contro l’occupante marocchino reclamando il fallimento della MINURSO.

Non è la prima volta dal dispiegamento della MINURSO che il Polisario minaccia la ripresa della lotta armata ma ciò è sempre rimasto lettera morta.

Nel contesto attuale in cui il Marocco domina incontrastato ormai dal 1978 avendo esteso il suo controllo su quasi la totalità del territorio, pensare che si possa organizzare anche un referendum senza la pressione delle armi è una pura illusione.

Effettivamente l’esperienza dei popoli insegna che solo con la lotta armata è possibile scacciare l’invasore e raggiungere l’indipendenza, in particolare dopo l’instaurazione della Repubblica Popolare Cinese il primo ottobre del 1949, la strategia della Guerra Popolare di Lunga durata è servita da faro per le lotte di liberazione nazionale dagli anni ‘50 in poi sia quando essa è stata applicata integralmente come in Vietnam il cui popolo ha cacciato dal proprio territorio ben due potenze imperialiste prima la Francia e poi gli USA, sia quando è stata di ispirazione generale come in Algeria, Angola, Mozambico, Congo e altri paesi sotto il giogo coloniale in Asia, Africa e America Latina.

Con la nascita del Polisario la guerra di guerriglia per la liberazione nazionale veniva applicata per la prima volta in un territorio desertico in maniera originale e creativa facendo leva sul pieno appoggio del popolo saharawi alla causa nazionale.

Ma quando il Polisario nel 1991 contemporaneamente alla concessione del dispiegamento di militari stranieri della Minurso sul proprio territorio dichiarò ufficialmente di non avere più nessun riferimento

teorico al Socialismo abbracciando i principi dell’economia di mercato, iniziò l’attuale crisi della lotta per la liberazione del Sahara Occidentale.

Questa svendita dei principi o meglio la mai totale adesione sostanziale al marxismo-leninismo seguendo l’esperienza rivoluzionaria più avanzata della Cina (1949-1975) diremmo oggi al marxismo-leninismo-maoismo è complice della fase di stallo sul campo vissuta ormai da quasi 30 anni.

Dopo tutto questo tempo è ormai evidente che la MINURSO è stata una vera e propria vittoria politica per il Marocco, seppur esso formalmente ne avversi ogni volta il rinnovo della missione, ma rafforzando in realtà la propria presenza e politica coloniale senza che nessun referendum abbia mai avuto luogo.

La Guerra Popolare di Lunga Durata unica strategia per la liberazione nazionale e la Rivoluzione di Nuova Democrazia

Come insegna il presidente Mao principali non sono le armi o i mezzi ma gli uomini, in questo caso non è principale il supporto di stati reazionari come l’Algeria che contemporaneamente massacra e imprigiona il proprio popolo in lotta, strategico è piuttosto il sostegno dei popoli e principalmente quello del popolo algerino e marocchino e di tutto il mondo nonchè dei lavoratori nei paesi imperialisti.
La questione del Sahara Occidentale è certamente complessa, basti pensare al fatto che l’attuale oppressione nazionale del popolo saharawi è condotta non da un paese imperialista ma dalla borghesia compradora marocchina rappresentata generalmente dalla monarchia di un paese, il Marocco, a sua volta oppresso dall’imperialismo ed il cui popolo vive una condizione di sottosviluppo causato da tale classe dominante che relega il paese a condizioni semifeudali e semicoloniali.
Non a caso la parte del popolo marocchino in lotta per un reale cambiamento rivoluzionario nel paese, i comunisti rivoluzionari marxisti-leninisti-maoisti avanguardia rivoluzionaria nel paese dagli anni ‘70 ed oggi in fase di riorganizzazione, sono stati l’unica forza politica marocchina a sostenre pienamente il diritto di autodeterminazione del popolo saharawi. Un’alleanza strategica e di cooperazione politica e di lotta tra i rivoluzionari marocchini ed i giovani e indipendentisti saharawi è quanto mai necessaria per fare avanzare la lotta di liberazione nazionale, anti-imperialista e rivoluzionaria in entrambi i paesi.

Allo stesso modo l’appoggio necessario alla questione saharawi del popolo algerino da oltre un anno in pieno movimento Hirak entra in contraddizione con il sostegno reciproco tra RASD e Stato algerino soprattutto in questa fase particolare in cui l’Hirak subisce una dura repressione dal regime.

Uno stato reazionario e antipopolare come il regime algerino non può supportare genuinamente la causa di un altro popolo oppresso se quotidianamente calpesta i diritti del proprio stesso popolo.
Il Fronte Polisario sembra però preferire il sostegno dello Stato algerino piuttosto che coltivare le
relazioni tra popoli sahrawi e algerino.
Oggigiorno con l’assenza degli Stati socialisti nessuno Stato può supportare realmente la lotta di liberazione nazionale, solo i movimenti rivoluzionari possono sostenere oggi ideologicamente, moralmente e politicamente la lotta dei popoli oppressi.
Le Guerre Popolari in corso in India e nelle Filippine per la loro vasta portata in quanto a mobilitazione di massa, organizzazione delle zone liberate e strategia politico-militare rappresentano un faro per la lotta dei popoli e dei lavoratori nel mondo di oggi, gli altri movimenti rivoluzionari e di liberazione in particolare in Turchia, Bangladesh, Palestina, Kurdistan e anche i rivoluzionari nei paesi imperialisti come in Italia, Francia, USA e Canada possono dare un sostegno maggiore alla causa del popolo saharawi rispetto che l’Algeria.

Nel 2010 a fronte dei massacri perpetuati dal Marocco nel campo tendopoli di Gdeim Izdik eretto per accogliere i nazionalisti in protesta contro l’occupazione e arrivando a contare 5.000 abitanti in pochi giorni, i giovani sahrawi nel quartier generale del Polisario a Tindouf (Algeria) criticarono aspramente tramite un documento e delle manifestazioni la strategia della lotta non violenta adottata dal Polisario dal 1991 chiedendo un ritorno alla lotta armata e incitandoli a farla finita con la farsa del Referendum e a ricominciare seriamente con la lotta di liberazione nazionale.

Intanto dieci anni sono passati da quell’eroica resistenza popolare conclusasi con pesanti pene inflitte dal regime marocchino a 30 patrioti saharawi tra cui condanne all’ergastolo e a vari decenni di prigione.

Le proteste di questi giorni si iscrivono anch’esse in questa strategia di pressione non violenta portata avanti dal Polisario che sarà spazzata via non appena l’Esercito marocchino deciderà di usare gli uomini che ha ammassato al confine, cosa farà allora il Polisario? Utilizzerà le proprie forze armate o continuerà a farle stazionarie in Algeria come succede ormai da quasi 30 anni?

Il Polisario ha ormai dimostrato di non poter servire la causa nazionale non solo per la sua linea pacifista e capitolazionista ma anche per il cambio della sua linea militare. Da quando infatti è stata conclusa la costruzione dell’ultimo muro marocchino non vi è più quel margine di manovra per attacchi guerriglieri nel deserto che prevedevano una ritirata in territorio algerino a Tindouf. Per questo motivo il Polisario ha convertito le proprie forze armate facendole assomigliare più ad un esercito regolare, grave errore per una forza che ancora non si è costituita in Stato. Uno scontro convenzionale tra i due eserciti giocherebbe a favore dell’esercito marocchino che ha alle spalle un’organizzazione statale. Inoltre il Polisario in questi anni è diventato sempre più dipendente dall’Algeria e spera in una modifica costituzionale (un referendum si terrà a breve di cui è già stato annunciato il boicottaggio popolare) del proprio vicino che tra le altre cose prevede la possibilità di intervenire militarmente al di fuori dei propri confini. Nell’attuale contesto internazionale in cui le contraddizioni interimperialistiche si accentuano e in cui emerge il protagonismo di potenze regionali, la crisi del Sahara Occidentale potrebbe riaccendersi portando ad un nuovo scontro diretto tra Algeria e Marocco.
La borghesia compradora algerina in piena crisi politica potrebbe giocare la carta del nazionalismo per calmare gli animi del movimento popolare dell’Hirak e per reprimerlo con più forza allo stesso tempo avendo come giustificazione che il paese è in guerra, una “guerra giusta” a difesa dell’indipendenza di un popolo amico.

Nel Sahara Occidentale i giovani, le donne e le masse popolari saharawi sono la soluzione per l’indipendenza del proprio paese di fronte alla capitolazione politico-ideologica e militare del Fronte Polisario ed il suo asservimento oggettivo alle mire espansionistiche dell’Algeria a sua volta pedina oscillante dell’imperialismo cinese e francese nonché partner della NATO alla pari di Marocco e Tunisia.
Solo la riorganizzazione armata del popolo in esercito di liberazione nazionale che lanci una guerra di popolo su tutto il territorio nazionale, anzi principalmente nelle zone occupate con la direzione di un partito comunista rivoluzionario m-l-m saharawi e con l’appoggio dei popoli vicini e di tutti i settori del popolo riuniti in un Fronte Unito, solo così la causa nazionale sahrawi potrà raggiungere la vittoria ed il popolo sahrawi migliorare la propria condizione con una Rivoluzione di Nuova Democrazia.

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