I lavoratori over 50 occupati a metà 2020 sono 8,110 milioni, il 36% del totale. Tre milioni in più dello stesso periodo del 2008. Sono la maggioranza di quelli che durante la prima fase e il lockdown primaverile avevano dovuto continuare a lavorare, portando sulle proprie spalle la tenuta economica e sociale di questo paese. La maggioranza negli ospedali, la maggioranza nelle fabbriche, anche quelle non essenziali che però rimanevano aperte perché l'impresa poteva autodichiarare che aveva una produzione in qualche modo legata a un bene o servizio essenziale. Ricorderei tra le altre cose che nella pubblica amministrazione, l'età media è di 55 anni.
Questi sono i fatti sull' "indispensabile sforzo produttivo del paese" a cui va aggiunta una valanga di cose per spiegare cosa è lo sforzo produttivo e riproduttivo in questo paese: il welfare dei nostri genitori per mantenerci all'università (in toto o in parte, quando e come potevano); il welfare per pagarci l'affitto quando i soldi del lavoro di merda che abbiamo fatto e facciamo non bastavano; il welfare dei nostri genitori e nonni a sopperire la carenza di welfare per la prima infanzia. E così via.
Il tema dell'isolamento dei meno giovani è portato avanti da una larga schiera di liberisti di questo paese. Nello specifico il tema è stato avanzato in un articolo rimbalzato sui grandi giornali a firma di tre noti economisti, riveriti dal pensiero dominante. Lo avevano già proposto ad aprile. Poi c'è stato chi ha pensato addirittura che con la matematica si potesse risolvere un nodo politico proponendo l'apertura di
un mercato del contagio in cui le imprese possono pagare un tot e avere il diritto di fare contagiare e probabilmente morire i "propri" lavoratori. Modello o non modello, qui la questione è teorica: noi siamo disposti a mettere a mercato le nostre vite, sì o no. A prescindere da tutto. Passata la nottata, negli ultimi tempi altri economisti hanno proposto di tassare i dipendenti pubblici che non hanno perso il lavoro per finanziare il reddito di emergenza o altre forme caritatevoli per chi ha perso un lavoro a causa di tutte quelle altre idee che sono riusciti ad imporre negli ultimi 30 anni nell'agenda politica. E ovviamente lo scopo è quello di creare di nuovo una divisione tra lavoratori e non invece tra chi ha patrimoni e rendite e chi ha a stento un lavoro.Ma la sottigliezza dell'uscita di Toti, che ribadiamo è una idea diffusa, va a braccetto con l'idea di sbloccare i licenziamenti e gestire la crisi e quindi il ciclo economico con contratti più precari (non a caso propongono di liberalizzare del tutto il tempo determinato). Pensateci, gli over 50 che hanno in media contratti più protetti dei loro figli e nipoti in isolamento, prima o poi licenziati perché inabili alle esigenze produttive e voilà, assumiamo precari. Uguale uguale per gli statali: ormai isolati non possono manco fare smart work, quindi per forza devono pagare con i loro ingiustificati stipendi. Avete capito, insomma.
L'ho fatta lunga, ma questi ragionamento sono il collante ideologico che va dalla destra feroce fino al liberismo dal volto umano. Spazzarli via significa ricominciare a discutere di tutte le altre cose: welfare universale, salario minimo, investimenti pubblici in beni e servizi sottratti al mercato. Non ci daranno le prime pagine dei giornali, come non le danno alle manifestazioni che chiedono più giustizia sociale e meno negazionismo individuale. Avremo dalla nostra parte la maggioranza della società, quella che ogni minuto manda un messaggio whatsapp, che fa un post, che telefona alla madre che non può vedere, e così via. Sì se puede.
Marta Fana
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