Il primo dato da tenere conto è il contesto in cui arriva questo accordo che vede tutte le parti sociali governo, padroni e sindacati confederali, unite nel cercare di controllare l’estendersi di potenziali focolai della protesta sociale, in particolare la temuta ripresa di scioperi (come avvenne a marzo) e conflitto nelle fabbriche di cui i rinnovi dei contratti metalmeccanici potrebbero essere anch’essi un detonatore.
Le dichiarazione dei sindacati confederali che per voce del leader della Cgil Landini affermano: “Abbiamo fatto un buon lavoro insieme. Avevamo bisogno di dare un messaggio e lo abbiamo dato”, sono la sintetica dimostrazione che questo messaggio è quello rivolto alla borghesia all’insegna della pace sociale da mantenere dove chiaramente vince il capitale a spese degli operai.
Per cui quello che prima non si poteva/voleva fare ora trova una quadra nella cosiddetta proroga dei licenziamenti con nuove 12 settimane di CIG covid gratis per le imprese - che già era previsto per chi “registrava” un calo del fatturato del 20% o più, mentre se le perdite sono inferiori al 20% l’azienda doveva versare un’aliquota aggiuntiva che è proporzionale all’entità della perdita stessa (più bassa è la perdita e più alta è l’aliquota).
Ora il governo trova i soldi, nel dettaglio sono stati trovati i “200 milioni necessari per abbuonare alle imprese il contributo aggiuntivo sulla cassa integrazione". L’operazione è stata possibile grazie a
un’articolazione diversa dei fondi previsti nella legge di Bilancio, predisposta dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri.L’operazione allunga i sussidi fino a metà/fine marzo. Il tutto sarebbe previsto dalla legge di Bilancio (costo stimato di circa 4 miliardi, si veda anche Il Sole 24 Ore del 30 ottobre).
Soldi che pagheranno i proletari attraverso tagli alla spesa sociale, visto che partirà anche un tavolo in merito con le parti sociali come preannuncia la ministra del lavoro: “Sono stati programmati anche altri incontri per discutere della legge di bilancio, in particolare sulla Sanità, le politiche per la non autosufficienza, la riforma fiscale, scuola e tutele per i settori colpiti dal «decreto Ristori».
«È un segnale importante per lavoratori e aziende, in un momento delicato come quello che l’Italia sta attraversando»
«I datori di lavoro saranno sostenuti con cassa integrazione con causale Covid e sgravi contributivi, in modo tale che il peso di questo momento difficilissimo non gravi su chi dà lavoro, nella speranza che si riesca a uscirne il prima possibile e si possa ripartire più forti di prima» ha sostenuto la stessa ministra del lavoro che ha annunciato la convocazione di un tavolo con le parti sociali “per la riforma degli ammortizzatori sociali e il rafforzamento delle politiche attive del lavoro”.
E qui casca l’asino ed esce chiaro che questo accordo avvantaggia solo i padroni e non poteva che essere così visto che non è stato ottenuto tramite una mobilitazione, una lotta dei lavoratori, ma attraverso la resa dei sindacati confederali che hanno agitato lo spettro dello sciopero generale per mantenere il loro ruolo di servi del sistema del capitale come sempre. In questo modo la linea che vince è quella di Bonomi che getta le basi per continuare a fare pagare la crisi ai lavoratori con le ristrutturazioni, la Cig, i salari da fame e la fame di lavoro come chiarisce una nota di Confindustria: “fin da maggio abbiamo chiesto, e chiediamo, di affiancare all’emergenza riforme strutturali. Abbiamo proposto, inoltre, a luglio una riforma energica degli ammortizzatori sociali, su cui confrontarci con governo e sindacati e di attuazione graduale, che consenta fin da subito la distinzione tra crisi da ristrutturazione aziendali da quelle invece di strutturale insostenibilità, e garantisca l’estensione di strumenti distinti di protezione sociale finalizzati alla rioccupabilità. Ed è in questa logica che abbiamo ribadito al governo la contestuale necessità di affiancare a tale riforma quella di nuove politiche attive del lavoro, che per la loro efficacia necessitano di metriche e competenze completamente diverse dal sistema che gestisce l’attuale Reddito di Cittadinanza.”
Al presidente del consiglio Conte che rassicura: “Fino alla fine di marzo sarà tutto bloccato. Offriamo un orizzonte certo a tutti i lavoratori italiani. Condividiamo il fatto che sia il momento di dare un segnale di sicurezza a tutto il mondo del lavoro”, possiamo solo rispondere che come operai e lavoratori non aspetteremo marzo e faremo tutto quello che serve per organizzarsi e lottare su una piattaforma di classe che faccia pagare la crisi ai padroni, perché sappiamo bene che tutto questo agitarsi di padroni governo e sindacati di stato dimostra solo che questo sistema non può risolvere la crisi economica e pandemica e spetta solo ai lavoratori trovare la soluzione con la inevitabile ripresa della lotta di classe.
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