La Sesta commissione,
presidente il togato di Area Giuseppe Cascini, aveva nei giorni scorsi
redatto ed approvato all’unanimità un parere sul ddl sicurezza.
Numerose le ‘ criticità’ evidenziate nelle oltre 50
pagine del documento. In particolare, sui trattenimenti dei migranti,
«il legislatore non individua i parametri in base ai quali il questore
può decidere di trattenere o meno lo straniero, in tal modo
accordandogli una discrezionalità svincolata da qualsiasi tipizzazione
dei presupposti di esercizio come tale non conforme al grado di garanzie
richieste dall’articolo 13 della Costituzione». E ancora:
«l’ampliamento della categoria dei reati- presupposto del diniego o
revoca della protezione internazionale appare per talune fattispecie non
pienamente rispettoso degli obblighi derivanti dagli articoli 10 e 117
della Costituzione» . Diverse, poi, le ‘ ricadute’ che le nuove norme
avranno sul sistema giudiziario. In primis, l’eliminazione della
clausola aperta di protezione per motivi umanitari, che potrebbe portare
a una ‘ condizione di incertezza’ dello status dello straniero, con il
conseguente «possibile incremento del contenzioso ed un ritardo nella
tutela dei diritti fondamentali degli stranieri vulnerabili».
La Sesta commissione,
presidente il togato di Area Giuseppe Cascini, aveva nei giorni scorsi
redatto ed approvato all’unanimità un parere sul ddl sicurezza.
Quanto alla lista dei ‘ Paesi sicuri, «appare dubbio»
che «possa considerarsi vincolante; è evidente, infatti – si legge nel
parere – che venendo in gioco diritti costituzionali, rimane fermo il
potere dell’autorità giurisdizionale ordinaria di riconsiderare
l’inserimento di un Paese nella lista dei Paesi sicuri mediante congrua
motivazione». Sul punto va ricordato che lo scorso Csm aveva stipulato
un protocollo d’intesa con il Ministero dell’interno per uno scambio
informativo finalizzato alla conoscenza delle realtà socio politiche dei
vari Paesi di provenienza dei migranti.
Tornado al parere, altre osservazioni riguardano la
pubblica sicurezza. Il divieto di accesso a locali o pubblici esercizi
stabilito dal questore ‘ per ragioni di sicurezza’ per chi è condannato
per ‘ reati commessi in occasione di gravi disordini avvenuti in
pubblici esercizi o in locali di pubblico intrattenimento’ viene
ritenuta una ‘ misura caratterizzata da eccessivo rigore’.
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