Dall'espresso
La Corte d'appello di Genova ha condannato Umberto Bossi ad 1 anno e 10 mesi, mentre per Francesco Belsito condanna a 3 anni e 9 mesi nell'ambito del processo per la maxi truffa ai danni dello Stato da 49 milioni. Per i tre revisori contabili: Stefano Aldovisi 4 mesi, Antinio Turci 8 mesi, Diego Sanavio 8 mesi. E poi la parte del verdetto più attesa: i giudici d'appello hanno confermato la la confisca dei 49 milioni di euro, la somma cioè dei rimborsi elettorali incassati irregolarmente dalla Lega. Una sentenza che creerà qualche imbarazzo agli alleati di governo della Lega. Di Maio e i grillini non potranno più fare finta di niente. E non potranno più dire è roba del passato.
Dopo la doppia conferma in Cassazione, dunque, sulla legittimità del sequestro della cifra milionaria, arriva la sentenza nel merito della vicenda. Un secondo grado che conferma in pieno quanto stabilito dal tribunale di Genova più di un anno fa. Si andrà avanti, perciò, con la raetizzazione della somma da restituire allo Stato. Circa 600 mila euro al mese che la procura preleverà dai conti del Carroccio.
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Per capirle basta leggere la sentenza di condanna per truffa ai danni dello Stato comminata in primo grado dal tribunale di Genova lo scorso luglio contro Bossi e Belsito. E la memoria di 60 pagine depositata dall’avvocatura dello Stato in difesa di Camera e Senato, costituitesi parti civili nel processo per truffa. Per questo motivo la coppia Bossi-Belsito è stata ritenuta colpevole anche in appello. I giudici hanno stabilito di confiscare i rimborsi elettorali percepiti negli anni 2008-2009-2010 poiché i bilanci presentati dal partito in quei tre anni erano stati falsificati. «La liquidazione», si legge infatti nella sentenza, «è subordinata all’accertamento della regolarità del rendiconto». Lo prevede la legge, la numero 2 del 1997.
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Proprio in relazione a quest’ultima frase, quella sulle spese estranee alla Lega, i giudici spiegano che «si è proceduto separatamente nei confronti di Francesco Belsito, Umberto Bossi e Renzo Bossi». Questo è il punto su cui si rischia di fare confusione, per lo meno stando alle dichiarazioni di Calderoli. Perché il fatto che Bossi e colleghi abbiano speso soldi per fini personali - le lauree in Albania, ad esempio - non coincide con la truffa nei confronti dello Stato. Quella si chiama appropriazione indebita, reato per il quale il vecchio leader, l’allora tesoriere Belsito e il “Trota” sono stati condannati dal tribunale di Milano.
In altre parole, i soldi che Salvini si dice disposto a mettere di tasca propria non hanno nulla a che fare con i 49 milioni messi sotto sequestro. Quelli, hanno deciso i giudici, la Lega li deve restituire perché percepiti illegalmente.
Spiegato ciò, tuttavia, restano ancora parecchie ombre sul dopo Bossi e Belsito. Per esempio, che fine hanno fatto i milioni di euro pubblici frutto della truffa sui rimborsi elettorali firmata da Umberto Bossi? Che ruolo ha l’associazione “Più voci”? E perché il partito ha investito in prodotti finanziari (obbligazioni societarie e derivati) vietati per un partito politico?
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