Mentre le istituzioni cercano una soluzione
rapida al problema della messa in sicurezza di ciò che resta del ponte Morandi,
la Magistratura genovese si attiva per accertare le cause e le responsabilità
legate all’evento dello scorso quattordici agosto.
A coordinare le indagini è il procuratore capo,
dottor Francesco Cozzi, che non lesina dichiarazioni pubbliche sull’andamento
delle indagini, pur mantenendo un giusto riserbo su quelle che sono le
risultanze.
Al momento la Procura della Repubblica presso il
Tribunale di Genova procede contro ignoti sulle ipotesi di reato di “disastro
colposo ed omicidio colposo plurimo”: un atto dovuto, che permette tutta una
serie di accertamenti.
Si tratta di un lavoro prezioso, quello degli
organi inquirenti: esso, però, è inficiato in parte dal fatto che le cause ed i
responsabili dell’accaduto sono evidenti, ma non si hanno le leggi giuste per
perseguirli a dovere.
Costoro sono, in primis, i politicanti che hanno
deciso di dare in concessione i vari tratti autostradali – nel 2002, quando
questo fu fatto, al governo vi era la destra radicale formata, tra gli altri, da
Forza Italia e Lega Nord – e i padroni che ne hanno usufruito.
Tra questi ultimi spicca la famiglia Benetton,
comproprietaria – per il tramite del gruppo Atlantia, del quale è il maggior
azionista – del cento per cento del capitale sociale di Autostrade per l’Italia
(Aspi).
Lorsignori hanno tratto enormi profitti, in
questi anni: ma, mentre crescevano esponenzialmente i soldi che si intascavano
per i pedaggi, contestualmente crollavano gli investimenti atti a mantenere in
sicurezza strade, gallerie, e viadotti.
Visto il comportamento tenuto dai padroni,
l'accusa dovrebbe essere di disastro e omicidio con dolo eventuale: costoro,
omettendo di occuparsi della manutenzione, hanno scientemente accettato il
rischio che l'evento potesse accadere; non è stata una fatalità!
Bosio (Al), 23 agosto 2018
Stefano Ghio - Proletari Comunisti
Alessandria/Genova
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