mercoledì 1 aprile 2015

pc 1 aprile - La lotta nelle Logistiche ha già smascherato lo sfruttamento schiavistico, criminale e mafioso del duo Poletti/Renzi



Non solo Ischia. Tav, Molfetta e Mafia Capitale: tutti i guai delle coop rosse
Non c'è solo l'inchiesta sul gas a Ischia: negli ultimi anni le cooperative emiliane, vanto e marchio storico della sinistra, sono state al centro di diverse indagini della magistratura: da quella sul passante dell'Alta Velocità di Firenze fino allo scandalo sugli appalti che ha portato al commissariamento del Pd capitolino
di David Marceddu | 31 marzo 2015
Non c’è inchiesta penale sulle grandi opere dal nord al sud dell’Italia che non veda coinvolta a vario titolo qualche grande cooperativa rossa emiliana. Ben prima dell’inchiesta sul gas a Ischia che ha portato in carcere il numero uno della Cpl Concordia, Roberto Casari, già da qualche anno le aziende, vanto e marchio storico della sinistra, assieme ai loro fatturati hanno infatti visto crescere il numero degli indagati nei consigli di amministrazione. Qui di seguito eccone solo alcune tra le più importanti vicende di questi anni.
 L’inchiesta sul passante Tav di Firenze. Nell’autunno 2013 la procura della Repubblica di Firenze
manda agli arresti domiciliari Maria Rita Lorenzetti, manager a capo della controllata Fs Italferr, in precedenza presidente Ds e Pd della Regione Umbria e vicinissima a personaggi politici del calibro di Anna Finocchiaro. L’accusa per Lorenzetti è quella di appartenere a una vera e propria associazione a delinquere in cui l’ex governatrice avrebbe messo a disposizioni le proprie conoscenze politiche in cambio di favori per lei e per i suoi famigliari. Nella stessa inchiesta finiscono sotto indagine alcuni dipendenti di Coopsette, un colosso dell’edilizia ‘rossa’ della provincia di Reggio Emilia. Ai domiciliari finisce anche il numero uno del consorzio Nodavia, nato per la costruzione del passante sotterraneo della Tav a Firenze e partecipato al 70% da Coopsette. Per quell’inchiesta la Procura ha recentemente chiesto per tutti gli imputati (32 in tutto) il rinvio a giudizio. Tra loro c’è anche Ercole Incalza. Lo stesso Incalza che poche settimane fa è invece finito agli arresti nell’ambito dell’Inchiesta Sistema. Ancora una volta la procura di Firenze svela quello che, a parere dei pm Giulio Monferini e Gianni Tei, è un vero e proprio sistema corruttivo che influenza le più grandi opere italiane. Tra gli indagati non ci sono questa volta manager di coop rosse. Tuttavia nelle carte dei magistrati il riferimento al mondo della cooperazione torna sotto il nome della Cmc, la Cooperativa muratori e cementisti di Ravenna, la stessa che oggi sta scavando il tunnel per la Tav Torino-Lione in Val di Susa. La Cmc infatti faceva parte del consorzio Cavet, che anni fa ha portato a termine lo scavo nell’appennino per fare la tratta Tav Bologna Firenze. Secondo i magistrati la stessa Cmc aveva corrisposto a Incalza, capo della struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, compensi per 500 mila euro tra il 1999 e il 2008.
 Il porto di Molfetta il senatore Ncd Azzollini. È ancora la Cmc un anno e mezzo fa a finire sotto i riflettori delle cronache giudiziarie, questa volta per la vicenda del Porto di Molfetta. Il Gip di Trani nell’ottobre 2013 infatti ordina i domiciliari per un dirigente comunale e per il procuratore speciale della Cmc, Giorgio Calderoni. Tra gli indagati spunta il nome del presidente della commissione bilancio al Senato, Antonio Azzollini, che per anni è stato sindaco di Molfetta e che i lavori per il porto (ora fermi) li aveva voluti. Secondo quanto ricostruiscono i pm, i costi sarebbero lievitati dai 70 milioni iniziali a quasi 150 milioni e gran parte di questi sarebbero andati a finanziare altre spese del comune (retto allora da Azzollini) che niente avevano a che fare con il porto. Nell’ottobre 2014 il Pd è stato determinante per respingere la richiesta della Procura di Trani di utilizzare alcune intercettazioni telefoniche – sempre relative all’inchiesta sul porto – in cui compariva il parlamentare.
 Levorato e la Manutencoop. Parlare di Manutencoop significa parlare di chi in Italia, e forse in Europa, ha inventato il facility management: pulizie di uffici, ospedali, aeroporti, stazioni,manutenzione di impianti elettrici, idraulici, d’illuminazione, giardinaggio. Manutencoop fa un miliardo di fatturato l’anno. Intanto il suo numero uno Claudio Levorato è già finito indagato in diverse grandi inchieste. L’ultima in questione, a maggio 2014, è quella della procura di Milano sull’Expo. Levorato è indagato per rivelazione e utilizzo di segreti d’ufficio e turbativa d’asta in concorso. A trascinare Manutencoop e Levorato nell’inchiesta milanese è la gara per la Città della Salute di Sesto San Giovanni, un affare da 323 milioni di euro. Secondo la procura la gara sarebbe stata influenzata per finire poi in mano alla associazione temporanea d’imprese che Levorato e l’imprenditore Enrico Maltauro avevano costituito per l’occasione. Levorato è finito sotto indagine anche a Brindisi. Il manager e altri due uomini di Manutencoop nel maggio 2014 hanno infatti ricevuto un avviso di fine indagine. I sospetti riguardano una gara da quasi 10 milioni di euro per dei lavori all’ospedale Perrino della città pugliese. Secondo l’accusa le buste della gara d’appalto sarebbero state manomesse.
Tutte le inchieste del Ccc. E poi c’è il Ccc, il Consorzio cooperative costruzioni di Bologna. Un altro gigante coinvolto in tutte le grandi opere d’Italia degli ultimi 10 anni. Ma anche nei più grandi scandali giudiziari. Il Consorzio, 20 mila dipendenti e decine di cooperative affiliate, finisce implicato nel cosiddetto Sistema Sesto, lo scandalo che porta alla rovina politica di Filippo Penati, ex braccio destro di Pierluigi Bersani. I pm ipotizzano un giro di mazzette per ottenere concessioni edilizie sulle ex aree Falck di Sesto San Giovanni, tramite pagamenti ai Ds a livello locale. I reati contestati sono corruzione, concussione e finanziamento illecito ai partiti. A essere indagato per il Ccc è il numero due, Omer Degli Esposti che risponde di concorso in concussione. Ma tutti i reati cadono in prescrizione va in prescrizione e l’inchiesta non arriva neppure a processo. Il Ccc però balza agli onori delle cronache anche per due vicende di casa sua. Due grandi opere bolognesi mai entrate in funzione ma che si sono portate dietro grossi strascichi giudiziari. Per l’appalto del Civis, un curioso e mai entrato in funzione tram su gomma a guida vincolata, è indagato dalla procura di Bologna il numero uno di Ccc, Piero Collina, accusato di corruzione, frode e inadempimento di contratti in pubbliche forniture. Per quanto riguarda il People mover, la monorotaia che dovrebbe unire stazione e aeroporto, lo stesso Collina è invece imputato per i reati di turbativa d’asta e abuso d’ufficio: secondo i pm ci furono accordi occulti illeciti perché l’appalto venisse cucito addosso proprio al Ccc. Il 9 aprile partirà il processo. Infine c’è Roma, dove l’inchiesta Mafia Capitale scoperchia un sistema in cui, secondo i pm capitolini, una banda criminale con a capo l’ex Nar Massimo Carminati, controllava molti appalti pubblici, molti dei quali comunali. Numero due di quella che è stata definita una vera e propria organizzazione mafiosa è Salvatore Buzzi, uomo di sinistra e capo della coop rossa 29 giugno, aderente a Legacoop. Una realtà nata dietro le sbarre a Rebibbia come sbocco per i detenuti che volevano rifarsi una vita con il lavoro. Ma finita inevitabilmente nella bufera dopo l’arresto del suo presidente.

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