Domenica scorsa in una Tunisi blindata si è svolta la manifestazione "contro il terrorismo", fonti del ministero dell'interno parlano di 70.000 persone scese in piazza in un corteo partito da Bab (porta n.d.a) Sadoun e arrivato al quartiere del Bardo.
Spontanei ed immediati sono i parallelismi con la manifestazione svoltasi a Parigi all'indomani dell'attentato di Charlie Hebdo in cui il primo ministro francese Hollande chiamò a raccolta "contro il terrorismo" il popolo francese e i leader mondiali.
Anche domenica scorsa a Tunisi la scena si è ripetuta da copione anche se bisogna tenere in considerazione il differente contesto politico che differenzia la Tunisia dalla Francia.
Il principale è la natura differente dei due paesi: la Francia è uno stato imperialista, che muove guerre di aggressione contro altri popoli e stati per mantenere il proprio rango di potenza mondiale, che obbliga altri paesi a rapporti economici iniqui e a proprio favore in particolare con le ex colonie (è il caso della Tunisia ad esempio.
La Tunisia all'opposto è un paese oppresso dall'imperialismo, la classe dirigente al potere è una borghesia compradora che vive delle briciole dell'imperialismo derivanti dal proprio ruolo di "intermediario" nella svendita delle risorse e forza lavoro del paese alle potenze straniere come la Francia.
Questo è il quadro generale in cui è scoppiata la rivolta popolare che ha cacciato il regime di Ben Ali, autocratico e servo dell'imperialismo francese e americano in primis, ma che non essendo trasformatisi in rivoluzione ha lasciato al potere l'identico sistema sociale dove i rappresentati della borghesia compradora tunisina sono in parte cambiati in seguito agli eventi politici di cui sopra, e sono appartenenti principalmente a due partiti politici: Nidaa Tounes (che rappresenta l'ancient regime) ed Ennahdha (islamisti affiliati internazionalmente ai Fratelli Musulmani). Quest'ultimi hanno legami più o meno indiretti con la composita galassia jihadista internazionale, quando Ennahdha ha guidato una coalizione di governo, all'indomani delle elezioni dell'Assemblea Costituente, è stata molto tollerante verso il gruppo salafita di Ansar al-Sharia permettendogli di scorazzare in lungo e in largo per il paese, di attraversare facilmente le frontiere e infine di assassinare, restando impuniti, esponenti della sinistra laica e riformista come Chokri Belaid e Mohammed Brahmi nel 2013. Nonostante Nidaa Tounes è portatore di un laicismo imposto dall'alto in spregio delle libertà religiose mascherato da anti-islamismo come la tradizione Bourguibista e di Ben Ali in seguito insegna, è al governo con Ennahdha.
Questo governo anti-popolare che si autodefinisce di "unità nazionale" (potremmo dire dei settori più reazionari della borghesia quelli "laici" e islamisti che si sono per l'appunto uniti contro gli interessi popolari) ha chiamato il popolo all'unità nazionale contro il terrorismo.
Le masse popolari che disdegnano profondamente la deriva oscurantista e islamista della società sono scese in piazza a migliaia facendosi strumentalizzare da un governo che come dicevamo ha al proprio interno il partito islamista di Ennahdha.
Nidaa Tounes di contro ha la possibilità di "aggiornare" le misure securitarie e da stato di polizia tipiche dei due precedenti regimi, da un lato accogliendo gli "islamisti moderati" nel governo come vengono chiamati dai media, dall'altro utilizzando lo spauracchio del terrorismo islamico per reprimere qualsiasi forma di dissenso. Già all'indomani dall'attentato del Bardo hanno avuto luogo arresti a tappeto e non solo nei cosiddetti ambienti "islamisti" ma anche contro militanti e oppositori laici. Inoltre il Presidente della Repubblica Essebsi (già uomo forte sotto Bourguiba e Ben Ali) ha colto la palla al balzo per annunciare un possibile dispiegamento dell'esercito in tutte le principali città del paese agitando lo stato d'emergenza che giustificherebbe il restringimento dei margini della libertà di espressione e di organizzazione.
Nidaa Tounes di contro ha la possibilità di "aggiornare" le misure securitarie e da stato di polizia tipiche dei due precedenti regimi, da un lato accogliendo gli "islamisti moderati" nel governo come vengono chiamati dai media, dall'altro utilizzando lo spauracchio del terrorismo islamico per reprimere qualsiasi forma di dissenso. Già all'indomani dall'attentato del Bardo hanno avuto luogo arresti a tappeto e non solo nei cosiddetti ambienti "islamisti" ma anche contro militanti e oppositori laici. Inoltre il Presidente della Repubblica Essebsi (già uomo forte sotto Bourguiba e Ben Ali) ha colto la palla al balzo per annunciare un possibile dispiegamento dell'esercito in tutte le principali città del paese agitando lo stato d'emergenza che giustificherebbe il restringimento dei margini della libertà di espressione e di organizzazione.
Come a Parigi i leader politici accorsi da tutto il mondo hanno marciato separati dal popolo, e questo al di la delle critiche scandalizzate da parte dei settori democratici e piccolo-borghesi non è che la conferma che i capi di stato e di governo non hanno niente a che spartire col popolo e questo elemento potrebbe essere utile per evitare future strumentalizzazioni simili.
Quegli stessi capi di governo che muovono guerra a nazioni sovrane e che finanziano, com'è risaputo, l'islamismo militante per destabilizzare paesi del medio e dell'estremo oriente per i propri fini, a Parigi come a Tunisi organizzano manifestazioni contro il "terrorismo" in una sagra dell'ipocrisia senza fine.
Come già il fascismo e il nazismo, gli oppressori nell'opprimere le masse popolari allo stesso tempo cercano di mobilitarle per ottenerne un appoggio contro i loro stessi interessi utilizzando la demagogia e agitando spauracchi (in questo caso il terrorismo).
Le potenze imperialiste, così come il governo tunisino, pigliano anch'esse la palla al balzo per esprimere pieno "sostegno e supporto alla democrazia tunisina" come espresso dal primo ministro italiano Renzi, dai ministri Gentiloni e Pinotti e dal presidente della camera Boldrini.
L'imperialismo italiano non perde quindi tempo per reclamare la propria fetta di torta nell'area e già dopo l'attentato del Bardo e nei giorni seguenti, il governo italiano ha più volte sottolineato che esso dovrebbe spingere "le democrazie" a risolvere la situazione libica (da loro stessi creata) evidentemente tramite un intervento militare e prendendo come esempio positivo l'interventismo unilaterale del dittatore neo-mubarakiano al-Sisi presidente dell'Egitto (altro paese in cui la rivolta abortita ha dato luogo ad un nuovo regime autocratico come il precedente pre-rivolta).
Le potenze imperialiste, così come il governo tunisino, pigliano anch'esse la palla al balzo per esprimere pieno "sostegno e supporto alla democrazia tunisina" come espresso dal primo ministro italiano Renzi, dai ministri Gentiloni e Pinotti e dal presidente della camera Boldrini.
L'imperialismo italiano non perde quindi tempo per reclamare la propria fetta di torta nell'area e già dopo l'attentato del Bardo e nei giorni seguenti, il governo italiano ha più volte sottolineato che esso dovrebbe spingere "le democrazie" a risolvere la situazione libica (da loro stessi creata) evidentemente tramite un intervento militare e prendendo come esempio positivo l'interventismo unilaterale del dittatore neo-mubarakiano al-Sisi presidente dell'Egitto (altro paese in cui la rivolta abortita ha dato luogo ad un nuovo regime autocratico come il precedente pre-rivolta).
L'imperialismo è la reale causa del "terrorismo", lo fomenta e lo utilizza per i propri fini di dominio, le masse popolari devono impugnare questa consapevolezza e non farsi strumentalizzare nè a Parigi nè a Tunisi nè in nessun luogo. Solo rovesciando questo sistema è possibile sradicare qualsiasi forma di oppressione e oscurantismo sia essa di matrice "laica" o religiosa ma in ultima analisi contro gli interessi del popolo.
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