Lo
scrittore Carlo Lucarelli risponde alla lettera aperta indirizzatagli
da Valerio Evangelisti, Wu Ming, Alberto Prunetti e Girolamo De Michele.
Di fatto Lucarelli chiede scusa per il suo intervento pubblicato in
tutta la stampa locale bolognese domenica scorsa che attaccava la lotta
dei facchini contro la Granarolo definendola ‘violenta’.
*** *** ***
Allora eccomi qua. Intanto vi ringrazio di questa lettera aperta che mi permette di chiarire il mio pensiero. Lo farò il più brevemente possibile, perché come dite giustamente qui non è in gioco la nostra reputazione ma le esistenze dei lavoratori.
Allora: la mia dichiarazione su rabbia, violenza e riscaldamento dei toni non si riferiva allo sciopero dei facchini in modo così diretto come è sembrato e come anche voi mi rinfacciate. Sollecitato da più parti perché mi esprimessi su quello che stava succedendo alla Granarolo ho rifiutato di farlo perché non ero abbastanza informato sulla vicenda. Ho accettato di esprimermi soltanto su uno stato generale di rabbia e di potenziale violenza a livello nazionale (di cui mi sento per tanti motivi competente), nella cui deriva temevo potesse finire anche lo sciopero in questione come tante altre battaglie più che legittime o necessarie. Il mio essere dalla parte dei lavoratori in quel contesto significava che sono contro i licenziamenti a prescindere: non si licenziano i lavoratori che hanno bisogno o si ricollocano con giusta soddisfazione.
Attenzione, non sto cercando giustificazioni: ho sbagliato. Una dichiarazione fatta in un determinato contesto, per quanto generica o indiretta, finisce sempre per riguardare anche quello e basta poco per trovarsi arruolato da una parte piuttosto che da un’altra. Per esempio: non mi sono mai espresso contro i blocchi alla Granarolo (sui blocchi in generale penso se fatti in un certo modo siano comunque uno strumento di lotta più che legittimo e necessario) e non intendevo neppure riferirmi a voi (posso essere di diverso parere, “prendere le distanze” è un’altra cosa: non accetto di far parte di una lista di “buoni” contro “cattivi” politicamente scorretti). E non mi sono neppure espresso riguardo alla manifestazione di sabato, la mia dichiarazione era precedente anche se è uscita quel giorno, e non ci ha niente a che fare.
Ripeto, però: non voglio giustificarmi. Ho sbagliato e me ne scuso. Colpa mia, probabilmente come scrittore e comunicatore non sono così bravo come a volte penso. Non esprimerò più nessun parere, neppure generico o indiretto, su nessuna vicenda della quale non sia a conoscenza secondo il metodo che ho sempre applicato: accettare quello che leggo su giornali, blog e newsletter –di una parte o dell’altra- soltanto come spunto di riflessione e poi andare a vedere personalmente. Lo farò anche in questo caso appena sarò di nuovo in grado di muovermi liberamente dopo un incidente che mi tiene confinato in casa da un paio di mesi.
Rivendico, naturalmente, il diritto di non essere d’accordo su tante cose. Per esempio non condivido l’analisi della storia –e in parte anche del presente- del movimento cooperativo fatto su queste pagine, mi lascia perplesso la citazione dello Squalo e continuano a non piacermi le liste di proscrizione in genere. Continuo a pensare che certi toni (e di nuovo, qui non mi riferisco alla vicenda in particolare e neppure a voi) non servano e anzi facciano il gioco di un potere oggi così subdolo e “ambientale” da dover essere combattuto in un altro modo che non frontalmente.
Ma queste sono opinioni che possono essere oggetto di dibattito, come anche le mie precisazioni, ma che in fondo non hanno grande importanza.
Lo avete scritto e lo ripeto: in questo caso non sono in gioco le nostre reputazioni ma il futuro dei lavoratori.
Carlo Lucarelli
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Allora eccomi qua. Intanto vi ringrazio di questa lettera aperta che mi permette di chiarire il mio pensiero. Lo farò il più brevemente possibile, perché come dite giustamente qui non è in gioco la nostra reputazione ma le esistenze dei lavoratori.
Allora: la mia dichiarazione su rabbia, violenza e riscaldamento dei toni non si riferiva allo sciopero dei facchini in modo così diretto come è sembrato e come anche voi mi rinfacciate. Sollecitato da più parti perché mi esprimessi su quello che stava succedendo alla Granarolo ho rifiutato di farlo perché non ero abbastanza informato sulla vicenda. Ho accettato di esprimermi soltanto su uno stato generale di rabbia e di potenziale violenza a livello nazionale (di cui mi sento per tanti motivi competente), nella cui deriva temevo potesse finire anche lo sciopero in questione come tante altre battaglie più che legittime o necessarie. Il mio essere dalla parte dei lavoratori in quel contesto significava che sono contro i licenziamenti a prescindere: non si licenziano i lavoratori che hanno bisogno o si ricollocano con giusta soddisfazione.
Attenzione, non sto cercando giustificazioni: ho sbagliato. Una dichiarazione fatta in un determinato contesto, per quanto generica o indiretta, finisce sempre per riguardare anche quello e basta poco per trovarsi arruolato da una parte piuttosto che da un’altra. Per esempio: non mi sono mai espresso contro i blocchi alla Granarolo (sui blocchi in generale penso se fatti in un certo modo siano comunque uno strumento di lotta più che legittimo e necessario) e non intendevo neppure riferirmi a voi (posso essere di diverso parere, “prendere le distanze” è un’altra cosa: non accetto di far parte di una lista di “buoni” contro “cattivi” politicamente scorretti). E non mi sono neppure espresso riguardo alla manifestazione di sabato, la mia dichiarazione era precedente anche se è uscita quel giorno, e non ci ha niente a che fare.
Ripeto, però: non voglio giustificarmi. Ho sbagliato e me ne scuso. Colpa mia, probabilmente come scrittore e comunicatore non sono così bravo come a volte penso. Non esprimerò più nessun parere, neppure generico o indiretto, su nessuna vicenda della quale non sia a conoscenza secondo il metodo che ho sempre applicato: accettare quello che leggo su giornali, blog e newsletter –di una parte o dell’altra- soltanto come spunto di riflessione e poi andare a vedere personalmente. Lo farò anche in questo caso appena sarò di nuovo in grado di muovermi liberamente dopo un incidente che mi tiene confinato in casa da un paio di mesi.
Rivendico, naturalmente, il diritto di non essere d’accordo su tante cose. Per esempio non condivido l’analisi della storia –e in parte anche del presente- del movimento cooperativo fatto su queste pagine, mi lascia perplesso la citazione dello Squalo e continuano a non piacermi le liste di proscrizione in genere. Continuo a pensare che certi toni (e di nuovo, qui non mi riferisco alla vicenda in particolare e neppure a voi) non servano e anzi facciano il gioco di un potere oggi così subdolo e “ambientale” da dover essere combattuto in un altro modo che non frontalmente.
Ma queste sono opinioni che possono essere oggetto di dibattito, come anche le mie precisazioni, ma che in fondo non hanno grande importanza.
Lo avete scritto e lo ripeto: in questo caso non sono in gioco le nostre reputazioni ma il futuro dei lavoratori.
Carlo Lucarelli
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