L’efferato episodio di violenza
sessuale su una giovane donna giornalista di Tehelka da parte del suo
caporedattore, Tarun Tejpal, al ThinkFest, evento organizzato dalla
rivista a Goa e i fatti seguenti nelle ultime tre settimane hanno
ancora una volta messo in primo piano sordida e radicata la realtà
sociale del patriarcato e dei rapporti ineguali tra uomini e donne,
che permettono e sostengono il predominio e l’abuso della forza
nella nostra società. Il RDF condanna con la massima forza la
violenza sessuale su questa giovane giornalista e chiede la punizione
immediata del colpevole perché sia fatta giustizia.
Le molestie sessuali sui posti di
lavoro e nelle istituzioni educative è uno delle molte forme in cui
il dominio patriarcale sulle donne si manifesta in forma aperta modi
palesi e occulta, produce atti criminali di violenza, abusi e
intimidazioni, che colpiscono la vita, la libertà di movimento e la
dignità delle donne. La sentenza Vishakha della Corte Suprema del
1997 lo ha riconosciuto e quello fu il risultato di una lunga
battaglia da parte dei settori progressisti e democratici della
società. Furono istituite commissioni anti-molestie sessuali nei
posti di lavoro e nelle istituzioni educative a cui poter presentare
denuncia contro queste violazioni e molestie.
Quelle commissioni dovevano essere
organismi obbligatori in queste istituzioni pubbliche, dirette da
donne, con almeno la metà dei componenti donne. Nonostante questa
sentenza storica, la violenza fisica e altre forme altrettanto
ripugnanti di molestie sessuali in queste istituzioni sono continuate
ininterrotte. In alcuni casi, le forme di questi abusi sono cambiate
e le denuncie continuano a crescere, anche se questi organismi
funzionano stentatamente o addirittura non esistono nella maggior
parte delle istituzioni. Là dove sono state formate, è stato solo
per effetto di lotte prolungate delle forze progressiste, e anche in
questi casi, il più delle volte, si segnalano sabotaggi e
boicottaggi, secondo l’arbitrio del corpo direttivo degli enti in
questione.
L’incidente di Tehelka, dunque, non è
né un episodio isolato né può sorprendere chi ha seguito il
dibattito sulla necessità di una legislazione che protegga e
salvaguardi le donne in questo paese. L’incidente è avvenuto alla
ThinkFest, evento aziendale sponsorizzato sostenuto da alcuni dei più
grandi colossi minerari, come Essar e Tata Steel, noti per attività
minerarie illegali in tutto il paese e finanziatori delle bande
paramilitari illegali di Salwa Judum, da grandi aziende note per le
appropriazioni delle terre, come il gruppo Adani, DLF, CocaCola,
Unitech, dal fornitori di equipaggiamenti per il ministero della
difesa, come la Pipavav, dai principali proprietari ed editori di
media, da alcuni politici e ben noti dirigenti della società civile.
Una manifestazione che si vantava di parlare a favore dei più poveri
tra i poveri, ma che chiudeva le porte ai poveri con un biglietto di
entrata inaccessibile.
Dietro tutto lo sfarzo e il glamour di
queste manifestazioni, si svela la perpetuazione e accentuazione dei
rapporti di potere ineguali intrinseci alla realtà sociale indiana
semi-feudale. Inoltre, queste stesse aziende sono notoriamente il
gruppo di pressione che sta dietro la Operazione Green Hunt e le
altre brutali operazioni di guerra e antisovversive eseguite dallo
Stato indiano in cui centinaia di donne adivasi e dalit sono state
violentate e uccise. Quando i fondatori di un’organizzazione come
Tehelka proclamano apertamente gli stessi valori degli sponsor della
manifestazione che ha organizzato, non deve sorprendere se in essa si
perpetuano e difendano che gli stessi rapporti di potere diseguali
uomo-donna e la stessa disuguaglianza.
L’aver invocato una sanzione interna
per Tejpal, la difesa dello stesso da parte dell’editore Shoma
Choudhury di quest’uomo, il rifiuto di denunciarlo alla polizia
riducendo l’episodio a uno “spiacevole incidente” dopo le sue
“scuse incondizionate” e l’autosospensione di sei mesi,
mostrano la fedeltà alla putrida e cadente tradizione feudale di
un’organizzazione che ha perso ogni credibilità giornalistica con
lo spudorato tentativo di coprire l’incidente come “una questione
interna alla famiglia Tehelka”. Invece di schierarsi con che
denunciava il fatto nella sua lotta per la giustizia, Choudhury ha
fatto il giro dei media difendere le sue decisioni a difesa degli
interessi di Tehelka. Diffamazione, discredito, intimidazione delle
donna coinvolte sono pratiche comuni in questi casi di molestie
sessuali e di l’arma con cui le forze patriarcali operano
regolarmente per svilire le donne che hanno il coraggio di sollevarsi
contro di esse. Anche in questo caso, tale campagna diffamatoria ha
aggravato la sofferenza di che denunciava.
A causa delle calunnie, intimidazioni e
dell’assenza di qualsiasi sostegno, la vittima si è dimessa da
Tehelka. Sebbene avesse inizialmente “ammesso” la sua colpa e
perfino deciso di “autosospendersi” per sei mesi per “ulteriore
riparazione” per la “pena che lo lacerava”, con un voltafaccia
caratteristico di un patriarca colpevole di fronte alla possibilità
che risponda dei suoi crimini, Tejpal ora strilla. Dopo che la
polizia ha aperto il caso, ha ritrattato la sua posizione originale e
attaccato frontalmente la donna, da lui definita una “provocatrice
di destra”, una “cospiratrice”, una donna di malaffare che però
fino ad allora non aveva avuto remore a impiegare all'interno della
sua organizzazione. Annaspando tra giri di parole e verbose
dichiarazioni, oggi Tejpal cerca di spacciare per consensuale ciò
che consensuale non è stato, per fraintendimento l’aggressione,
per rapporto sessuale lo stupro. Un uomo che aveva fino ad ora
pensato di godeva dell'impunità da ogni accusa grazie alla sua
posizione all'interno dei media nel gran mondo delle imprese, oggi si
dice oltraggiato, godendosi la protezione della sua torre d'avorio di
preoccupazione paternalistica che ha esteso alla confraternita
giornalistica.
Altrettanto deprecabile è la
spettacolarizzazione dell’episodio fatta dai media, senza alcun
senso di responsabilità, etica giornalistica e perfino sensibilità.
Nel tentativo di aumentare i loro indici di ascolto, diverse case di
media hanno diffuso dettagli espliciti della denuncia e altre
informazioni sulla vittima fatte trapelare, a volte direttamente,
dalla polizia di Goa. Pur sapendo che questi processi mediatici e la
diffusione di dettagli estremamente riservati danneggiano solo chi
denuncia, chi oggi diffonde irresponsabilmente queste notizie ignora
i casi di molestie sessuali che abbondano anche in casa di questi
media.
Questa esposizione irresponsabile non
colpisce chi denuncia il caso, è un deterrente generale per le donne
a denunciare le molestie. Dopo l’indignazione di massa e le
manifestazioni contro lo stupro di una giovane studentessa paramedica
a Delhi lo scorso anno, il discorso sulla prevenzione della violenza
sessuale, dei crimini contro le donne, e sulla giustizia di genere ha
occupato il centro della scena di vari dibattiti. In aprile c’è
stata la ridefinizione del reato di stupro per includere una più
ampia gamma di aggressioni sessuali sulle donne. Ciononostante, la
violenza sessuale nelle diverse forme continuato senza sosta, e
inoltre le forme di violenza all'interno della famiglia o di “stupro
coniugale” restano ancora fuori della competenza della legge.
Lo stupro continua ad essere usato come
arma, come è stato durante gli scontri di Muzaffarnagar anche se ne
parla ancora troppo poco rispetto alle storie sordide di stupri da
parte di sedicenti uomini-dei, come Asaram Bapu. L’informazione
sull’assoluzione degli stupratori e assassini di Laxmanpur Bathe e
nulla in confronto alla morbosa copertura della sentenza
sull'omicidio Arushi-Hemraj a Delhi. Mentre centinaia di storie di
stupri in custodia, come quello di Soni Sori in Chhattisgarh, gli
stupro da parte delle forze armate a Shopian in Kashmir e in Manipur,
da parte delle forze fasciste a Gujarat nel 2002, a Kandhamal in
Odisha, da parte delle caste dominanti a Khairlanji in Maharashtra e
in Tamil Nadu si confondono nelle pagine di notizie come fatti di
ordinaria amministrazione, questi dibattiti sui canali televisivi e
giornali ci riportano la realtà di patriarcato radicato che abbiamo
di fronte.
Questa violenza contro le donne
riflette l'alleanza indissolubile tra la struttura patriarcale della
società e i rapporti sociali ineguali, semi- feudali, semi-coloniali
che la sostengono. Le diverse parte della macchina statale operano
attivamente per rafforzare questa realtà sociale, mentre contrastano
e reprimono tutte le lotte per la democrazia e giustizia di genere.
Questa estrema disuguaglianza tra uomini e donne è intrinseca a
questo sistema e tutte le altre forme di disuguaglianza e oppressione
non fanno che rafforzarlo. È oggi chiaro che solo le lotte radicali
e avanzate che individuano il dominio del patriarcato e tutte le
altre forme di oppressione integrate nella società, che si
organizzano e sfidano queste strutture, che si uniscono per
distruggere il patriarcato possono portare a un mondo di giustizia di
genere. Il Fronte Democratico Rivoluzionario (RDF) estende la sua
solidarietà alla denunciante e a tutti gli altri giornalisti che
lavorano in Tehelka che hanno osato sfidare Tarun Tejpal. Il RDF si
impegna a essere parte della lotta per garantire giustizia a questa
donna e la punizione dei colpevoli.
Varavara
Rao
G N
Saibaba
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