“MUOS E SIGONELLA, IMPUGNARE IL TRATTATO DAVANTI ALLA
CONSULTA”
24
ottobre 2013 - 09:48
Incontriamo il costituzionalista Agatino Cariola a margine del
convegno organizzato al Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali di Catania
sugli aspetti giuridico-territoriali legati alle installazioni militari
straniere in Italia.
Le vicende legate alla
costruzione del MUOS e al cambio di destinazione d’uso di Sigonella segnano il
passo a quello che da molti viene considerato un vero e proprio problema di
“sovranità limitata” che investe lo Stato Italiano. Dalla politica di difesa,
alla piena attuazione dei principi costituzionali in materia di trattati
internazionali, tutto sembra essere dettato da interessi strategici che solo in
minima parte possono essere ricondotti ai trattati internazionali siglati
dall’Italia nel corso degli anni.
Le ambiguità degli
accordi sulle installazioni militari in Italia rendono ancora più difficile il
compito di chi volesse stabilire e chiarire i termini degli stessi, soprattutto
in vista di un più ampio dibattito che possa in qualche modo coinvolgere il
parlamento e quindi l’opinione pubblica. L’espediente che consente di sottrarre
dal controllo democratico il contenuto di questi accordi è il segreto militare.
Particolare sottolineato dal Prof. Rosario Sapienza, docente di diritto
internazionale, che è intervenuto al convegno, il quale chiarisce come in molti
casi per le basi straniere in Italia non si possa parlare di
extraterritorialità, poiché formalmente le basi concesse in uso restano
territorialmente legate alla catena di comando italiano.
I vertici delle Forze
Armate italiane molto spesso agiscono e decidono nell’ambito di questi accordi
oltrepassando il limite “tecnico” militare, prendendo decisioni di natura
squisitamente “politica”. Su questo aspetto formuliamo la prima domanda al
Prof. Cariola, in particolare ci riferiamo al caso degli accordi bilaterali che
portarono al Technical Agreement su Sigonella, siglato il 6 aprile del 2006 e
sull’autorizzazione all’impiego dei “droni” da stanziare nella base siciliana,
rilasciata il 1 aprile 2008.
La posizione del
costituzionalista è molto chiara: “Su questi aspetti, la nostra costituzione ha
un’altra ispirazione che è questa: evitare che le forze armate diventino una
specie di Stato nello Stato, l’art. 52 della Costituzione si assicura che
l’ordinamento delle forze armate sia ispirato allo spirito democratico della
repubblica, un punto fondamentale – prosegue Cariola – perché c’è spesso, in
particolare della burocrazia militare, l’idea che essi siano qualcosa sempre di
diverso, di esterno rispetto ai settori della pubblica amministrazione, invece
non è così o meglio non può essere così e non possiamo rassegnarci a questo, le
decisioni militari di livello più alto come appunto l’impiego dei droni o il
sistema di infrastrutture satellitari MUOS devono essere decisioni su cui il
popolo italiano, 56 milioni di persone debbono essere informati, certo
l’informazione non riguarderà l’organizzazione, la dislocazione strategica di
armamenti ecc.. Però la decisione di installare o meno, quanta parte del
territorio debba essere utilizzata, quante risorse dedicarvi, non può passare
sopra la testa del parlamento italiano e di conseguenza sopra la testa degli elettori
italiani”.
La mancanza di dibattito
parlamentare su questi temi è l’aspetto più grave della questione, e
consentirebbe – secondo il costituzionalista – di impugnare questi accordi di
fronte la Corte Costituzionale: “ la mia opinione è che la nostra costituzione
esige che le decisioni di politica estera, compresa la politica estera
militare, di livello più importante debbano passare attraverso la discussione e
la decisione parlamentare, l’art. 80 della costituzione dice che i trattati di
natura politica debbano essere autorizzati dalla Camera, ora una decisione come
quella che riguarda l’utilizzo di armi innovative, l’utilizzo di vasta parte
del territorio, l’utilizzo dei droni a Sigonella o come il Muos di Niscemi non
può essere una decisione in cui il parlamento italiano non venga coinvolto”.
Il Professore suggerisce
inoltre le strategie di intervento ai movimenti che si oppongono al Muos e
all’utilizzo della base di Sigonella come centro per le operazioni speciali e
dei droni: “la via da percorrere – secondo Agatino Cariola – è sia politica che
giudiziaria”. Dal punto di vista giudiziario, al fine di ripristinare la
corretta applicazione dei principi costituzionali, bisogna andare ab origine e
“impugnare dinanzi la corte costituzionale il trattato del ’54 perché non è
stato fatto a mezzo della procedura prevista dall’art. 80”, evitando così le mancate
assunzioni di responsabilità dei giudici, che “molto spesso si rifanno ad un
precedente famoso, quello di Ponzio Pilato che se ne lavò le mani… di contro c’è
l’esigenza che il giudice sia tutore di diritti non un semplice impiegato che
applica in maniera automatica e meccanica la legge senza porsi il problema se
la legge sia giusta oppure no”.
Sotto il profilo
politico il costituzionalista auspica che ci sia un’assunzione di
responsabilità dei parlamentari: “Così come il parlamento italiano si occupa di
tasse, di lavori pubblici, di urbanistica e persino di quello che mangiamo, si
deve occupare di come viene organizzata la nostra politica di difesa e la nostra
politica militare… Non bisogna rassegnarsi alla situazione che di fatto si è
venuta a creare, non si deve spostare il problema più avanti, ripromettendosi
di fare le cose per bene dalla prossima volta ”. Ma quello che è inaccettabile
– per Agatino Cariola – è il fatto che in questa fase il governo non abbia
risposto a nessuna interrogazione parlamentare: “non è possibile che il governo
si trinceri dietro reticenze e segreti imposti dal trattato del ’54. questo è
inaccettabile soprattutto in un paese che vorrebbe essere democraticamente
maturo”.
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