L’Italia “pacifista” va alla guerra e manda le navi
Ma il governo italiano, alla chetichella, ha deciso di dare il suo contributo, per l’ennesima volta, alla nuova avventura militare di Washington e Parigi. Che Roma concederà le sue basi ai cacciabombardieri USA era scontato. Ma che il governo avesse mobilitato ben due navi da guerra spedendole a poche decine di chilometri dal teatro di guerra l’abbiamo scoperto ieri, quasi che fosse una notizietta tra le tante.
Una nave militare italiana, il cacciatorpediniere Andrea Doria, è salpata infatti ieri da Taranto per dirigersi al largo delle coste libanesi. Lo scopo della missione? Qualche esponente del governo inizialmente aveva 'ipotizzato' che si trattasse di qualche non meglio precisata esercitazione nel Mediterraneo Orientale. Qualche esercitazione? Poi il governo stesso ha fatto sapere che ufficialmente il suo compito sarà “quello di tutelare le truppe italiane della forza Unifil”. Come? Ad esempio, spiegano i militari, essendo in grado di evuacuarle rapidamente con gli "elicotteri" a bordo del vascello da guerra, oppure fornendo copertura missilistica e contraerea ad eventuali ‘attacchi dal cielo’. Sinceramente, si tratta di spiegazioni parziali e non del tutto convincenti. L’Andrea Doria infatti è una nave varata nel 2005 e dotata di un sistema missilistico 'Paams' per lancio di missili Aster 15 e Aster 30, oltre che di due lanciarazzi e di due lanciasiluri. Ma di un solo elicottero...
Ma non basta, perché per una seconda nave da guerra, la fregata Maestrale, è stato ordinato il cosiddetto «approntamento», cioè la preparazione propedeutica alla sua partenza prevista al massimo entro un paio di giorni. Segno che la guerra in Medio Oriente è questione di pochi giorni e che l’aggressione di alcuni paesi – occidentali e arabi – contro Damasco potrebbe avere ripercussioni esplosive sul Libano, teatro già da due anni di aspri scontri e combattimenti tra le forze che sostengono il regime di Assad e quelle che invece difendono i ribelli sunniti e le organizzazioni jihadiste contrapposte agli Hezbollah sciiti e alle comunità alawite. Il rischio che i circa 1200 militari italiani stanziati in Libano rimangano invischiati in una esplosione di violenza in Libano – o rimangano vittima di un eventuale conflitto tra la resistenza libanese e le truppe israeliane – dovrebbe costituire un motivo in più per evitare di coinvolgere l’Italia nell’ennesima aggressione militare in Medio Oriente.
Ed
invece diventa per Letta e i suoi motivo di giustificazione di
un’ulteriore assurda partecipazione, non più così indiretta come
sembrava fino a qualche giorno fa.
Coloro che in questi giorni stanno manifestando in tutta Italia contro l’aggressione militare alla Siria hanno, ora, argomenti e motivi in più.
Coloro che in questi giorni stanno manifestando in tutta Italia contro l’aggressione militare alla Siria hanno, ora, argomenti e motivi in più.
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