venerdì 20 settembre 2013
pc 20 settembre - in Turchia - maxiprocesso contro 1000 attivisti e ribelli, mentre proseguono gli scontri
Nuova notte di scontri nella capitale turca ieri. Centinaia di studenti e di attivisti delle organizzazioni di estrema sinistra sono nuovamente scesi in piazza ad Ankara per protestare contro il progetto governativo che prevede l’abbattimento di tremila alberi nel campus dell’Odtu – l’Università Tecnica del Medio Oriente – per far posto ad un’autostrada. Progetto ritenuto troppo costoso, inutile e ambientalmente dannoso, oltre che conseguenza dell’intreccio tra business e clientele che sorregge il regime di Recep Tayyip Erdogan. I manifestanti si sono concentrati ad uno degli ingressi del campus, in prossimità del cantiere, finché la polizia in assetto antisommossa non è intervenuta con i lacrimogeni e gli idranti, scatenando scontri che sono andati avanti per un certo tempo anche in altre aree contigue, con gli elicotteri delle forze dell’ordine che illuminavano dall’alto la scena per rendere più facile la repressione. Contro i Toma i dimostranti hanno lanciato non solo pietre ma anche fuochi artificiali e petardi, cercando di rallentare i blindati con improvvisate barricate. Alcuni manifestanti sono rimasti feriti, altri sono stati fermati, andando ad ingrossare la folta lista degli attivisti arrestati da quando a fine maggio il conflitto sul Gezi Park di Istanbul ha scatenato un’ondata di manifestazioni antigovernative.
La violazione dei diritti umani in Turchia non è più da tempo sotto i riflettori dei media internazionali. Eppure la stretta repressiva del regime dell’Akp si stringe sempre di più attorno ai movimenti politici e sociali di opposizione.
Secondo la Relazione sulla Violazione dei Diritti Umani in Turchia per il mese di Agosto curata dall’avvocato e vicepresidente del partito di opposizione Chp, Sezgin Tanrıkulu, a detta dell’Unione dei Medici di Turchia (TTB), “il Primo di Agosto risultavano 8 mila e 163 persone ferite durante le manifestazioni e queste si sono rivolte agli ospedali oppure agli ambulatori dei volontari (...).
Erdogan vuole dare una dimostrazione di forza e inflessibilità nei confronti di chi protesta e quindi è in preparazione un maxi processo che coinvolgerà circa mille delle persone arrestate o denunciate a piede libero nei mesi scorsi. Oltre agli attivisti indagati per le manifestazioni organizzate a difesa del Gezi Park dovrebbero essere processati anche coloro che sono stati denunciati per gli scontri del primo maggio, sempre a Istanbul, quando la polizia impedì al corteo dei lavoratori e dei partiti di sinistra radicale di raggiungere piazza Taksim per celebrare la giornata internazionale dei lavoratori.
Sono tre i procedimenti aperti dai giudici in seguito ai disordini iniziati a fine maggio, due coinvolgono manifestanti e personaggi di spicco della Piattaforma Taksim Solidarietà, che coordinarono l'occupazione del parco, e il terzo contro membri delle forze dell'ordine. Secondo uno degli avvocati dei manifestanti, Efkan Bolac, i giudici avrebbero anche chiamato a deporre sei dei portavoce dei manifestanti che avevo incontrato Erdogan poco prima dello sgombero del parco Gezi il 15 giugno. "Non è stato nessun crimine e non c'è nessun colpevole. Chiederci di testimoniare é illegale. Il pubblico ministero invece di fare il suo dovere sta compiendo un'operazione politica. Tutto il provvedimento è stato intentato su mandato del Primo Ministro" ha denunciato il presidente dell'Ordine degli architetti Eyup Muhcu al quotidiano Taraf.
Nel processo che riguarda elementi delle forze dell’ordine, secondo il quotidiano Hurriyet, sono coinvolti 169 agenti e 39 dirigenti della polizia. Fino ad ora sono 43 i poliziotti condannati, ma solo a misure di carattere disciplinare e non giudiziario, per un “uso eccessivo della forza” contro i manifestanti ad Ankara, Istanbul, Izmir, Antalya, Eskisehir e Antakya. Ora però tre diverse perizie hanno escluso l'attenuante di legittima difesa per l'agente che ha ucciso un manifestante, Ethem Sarisuluk, con un colpo di pistola sparato a bruciapelo nella capitale ai primi di giugno. Conclusioni che hanno spinto l'avvocato della famiglia Sarisuluk a presentare ai giudici una richiesta di arresto per il poliziotto assassino, tuttora in servizio.
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