Stupro shock in India, 4 condanne a morte
"Un tribunale speciale indiano ha condannato a morte a New Delhi i quattro imputati dello stupro di gruppo in dicembre ai danni di una studentessa di 23 anni.
La ragazza, violentata su un autobus, era poi deceduta dopo giorni di
agonia in un ospedale di Singapore per la gravità delle ferite
riportate. A bordo dell'automezzo si trovavano i sei imputati che, dopo
aver immobilizzato e malmenato l'uomo, si abbandonarono in modo
selvaggio a inenarrabili violenze nei confronti della giovane,
utilizzando fra l'altro anche una sbarra di ferro. I due giovani furono
poi abbandonati seminudi al margine di una strada. La ragazza morì quasi
due settimane dopo in un ospedale di Singapore per le ferite
riportate... Si tratta del primo caso di condanna capitale per reati sessuali inflitta dopo l'inasprimento delle pene decisa in seguito all'ondata di brutali violenze nel Paese.
I genitori della vittima: "Fatta giustizia"
- I genitori della giovane hanno espresso la loro soddisfazione per la
sentenza. La madre della vittima ha detto che "sono in parte
sollevata da questa tragedia, perché sento che giustizia è stata fatta".
Il padre ha ringraziato "le forze dell'ordine, i media e la gente
che ci ha accompagnato in questi difficili momenti"...
La giovane, morta dopo
un'agonia di 13 giorni, e' divenuta il simbolo dei pericoli che
corrono le donne in un Paese in cui si registra uno stupro ogni
21 minuti e sono la norma gli attacchi con acido e le molestie..."
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Questa pesante
condanna era stata richiesta nelle imponenti manifestazioni di
centinaia di migliaia di donne, ragazze, studenti e studentesse che
per giorni erano scesi in strada sia a NewDelhi che in altre città,
furiose dopo il terribile stupro e l'agonia e la morte di "Nirbhaya"
(Colei che non ha paura); nei giorni successivi a questo
stupro/assassinio tanti altri ne sono seguiti, alcuni con le stesse
modalità, altri terribili verso bambine anche con mutilazione e
morte, come recentemente un'altro stupro di gruppo vi è stato contro
una giornalista a Mumbai.
Noi consideriamo la condanna a morte
dei 4 stupratori “più leggera di una piuma” e non chiediamo
certo clemenza, uno Stato in mano agli operai e alle masse popolari,
di Nuova democrazia o socialista, considererebbe gli stupri e la
uccisione delle donne uno dei peggiori crimini contro l'umanità e
agirebbe di conseguenza.
Ma il problema che lo Stato e il
governo indiano non sono espressioni del popolo. E sono essi i
principali istigatori alla violenza contro le donne e le loro forze
armate hanno nello stupro una delle più bestiali armi di guerra
contro le masse popolari.
Lo Stato indiano ha dovuto, da un lato,
fare questa condanna perchè costretto dalla mobilitazione di massa
che non si è mai fermata e dall'estensione degli stupri di gruppo;
dall'altra userà anche questa sentenza per aumentare la repressione
in generale, la presenza/controllo della polizia, dei soldati, che,
come è già avvenuto proprio nelle manifestazioni contro gli stupri,
usano la loro violenza repressiva contro le donne, i giovani, le
masse che si ribellano e lottano
In India il governo al
potere è uno dei più reazionari del mondo, al servizio della sete
inarrestabile di profitto e di ricchezza dei propri grandi
capitalisti e delle grandi multinazionali dei paesi imperialisti.
Tutto questo per la
maggioranza del popolo indiano si traduce in pesanti condizioni di
vita fatte di miseria, sfruttamento, oppressione, repressione e in
particolare per le donne.
La condanna a morte dei 4
stupratori, quindi, mette pienamente in luce tutta l'ipocrisia del
governo che seppur costretto dalle grandissime manifestazioni di
massa contro la violenza sulle donne lascia nella sostanza milioni di
donne indiane, nella cosiddetta più grande democrazia del mondo,
soggette ad una doppia, tripla… oppressione, di classe, di genere,
feudale, di casta, religiosa.
In India, come nel Mondo,
come in Italia, l'aumento dei poliziotti e più leggi di polizia
contro gli stupri e i femminicidi non sono la soluzione, ma sono
parte determinante del problema di uno Stato che vuole tenere le
donne in una condizione generale di oppressione, di discriminazione e
alimenta l'odio verso le donne.
"Dovremmo sentirci più sicure in uno stato di polizia? - dice la giornalista indiana Kalpana Sharma - Considera che tra l'80 e il 90 per cento delle violenze sessuali denunciate sono attribuite ad un uomo noto alla vittima: parente, vicino di casa, amico di famiglia...". E sono proprio i poliziotti che alle donne che denunciano queste violenze rispondono, come è accaduto poco tempo fa in India, o di stare zitte e addirittura accettare il matrimonio riparatore con lo stupratore, o attaccando le stesse donne perchè loro avrebbero provocato, uscendo la sera, o per come andavano vestite...".
Le donne dovrebbero
sentirsi più sicure? Nelle vastissime zone dell'India fuori dalle
mega città, e soprattutto nelle zone dove è in corso la guerra
popolare, gli stupri di contadine, di donne "fuori casta"
da parte della polizia, delle forze militari sono una normalità, lo
stupro e l'uccisione da parte dell'esercito delle donne che fanno la
guerra popolare o che la sostengono, gli stupri che accompagnano
sempre le torture quando vengono arrestate, sono un'arma costante
della sporca e feroce guerra dello Stato indiano.
Per questo, pur se noi siamo e saremmo ancora più furiose e terribili contro chi stupra e ammazza le donne, non possiamo considerare che “è stata fatta giustizia” dallo Stato indiano per la studentesse e per tutte le donne, le ragazze violentate e morte.
Noi siamo con le compagne rivoluzionarie maoiste in India che fanno e dirigono la guerra popolare, guidata dal Partito Comunista maoista, per una vera liberazione delle masse popolari e delle donne.
Diverse di queste donne, compagne hanno fatto della violenza, stupri subiti la leva per ribellarsi. E oggi costituiscono una parte importante della guerra rivoluzionaria lottando contro il governo, lo Stato indiano, contro un sistema sociale, vera causa di oppressione e violenza, da rovesciare per un vero cambiamento, portando avanti una “rivoluzione nella rivoluzione” e divenendo un forte esempio per la lotta delle donne in ogni parte del mondo.MFPR
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