La notizia della prossima scarcerazione
di Mubarak e il suo ritorno probabile nelle sue cariche militari e
sulla scena politica mostra senza ombra di dubbio il carattere del
nuovo regime militare in Egitto, guidato dal boia macellaio al-Sisi,
al servizio dell'imperialismo e del sionismo.
Il colpo di Stato, i massacri nelle
strade e nelle piazze, tuttora in corso, che hanno provocato migliaia
di morti, il massacro nelle carceri dei prigionieri musulmani
arrestati, godono del sostegno economico incondizionato della
monarchia Saudita, degli Emirati Arabi e del Kuwait, e hanno potuto
contare sulla cooperazione anche militare dello Stato di Israele che
oggi pattuglia la frontiera a sostegno della dittatura militare.
La regia politico strategica di questo
passaggio è e resta nelle mani dell'imperialismo Usa che
evidentemente ha mantenuto un'immagine diplomatica a parole e un
sostegno nei fatti.
La dittatura militare egiziana è il
nuovo grande nemico non solo del popolo egiziano ma di tutte le masse
arabe del Medio Oriente e del Golfo.
I generali di al-Sisi sono i nuovi
Pinochet dell'area. Le masse musulmane hanno opposto e stanno
opponendo tuttora una fiera resistenza, con in prima fila le donne.
Proletari comunisti esprime loro
solidarietà e sostegno e invita i proletari e le masse popolari del
nostro paese, gli immigrati del mondo arabo a scendere nelle piazze e
ha mostrare in tutte le forme la loro denuncia e condanna della
dittatura militare.
La dittatura militare è il punto di
arrivo della controrivoluzione che era già cominciata verso il
movimento di piazza Tahir, dove l'esercito con una mano massacrava e
con l'altra faceva una ritirata tattica che sacrificava
temporaneamente Mubarak, mentre costruiva le condizioni per una nuova
restaurazione. In questa ritirata tattica vi è stata l'apertura ai
Fratelli musulmani che rappresentavano all'epoca l'ala destra e
moderata del movimento di protesta democratico popolare anti Mubarak.
Le posizioni filo democrazia
occidentali e l'assenza politica del proletariato, che pure era in
campo protagonista di forti scioperi, hanno favorito il fatto che
siano stati i Fratelli musulmani a capitalizzare i frutti della
rivolta popolare, diventando maggioranza elettorale e nuovo governo
in Egitto. I Fratelli musulmani hanno quindi cercato di consolidare
il loro potere, provocando una nuova discesa in campo di una parte
del movimento democratico.
Questa contraddizione è stata
l'occasione per i militari che sono in questo paese, parte integrante
del capitalismo burocratico organicamente fuso con l'imperialismo, il
sionismo, le monarchie reazionarie dell'area, per produrre un colpo
di Stato che sin dalle prime ore è apparso, a chi aveva occhi per
vedere, un golpe neo mubarakiano, con caratteristiche assimilabili,
in un contesto storico e politico molto diverso, a quelle della
dittatura militare di Pinochet, per un Egitto da riportare pienamente
nell'alveo di puntello storico dell'imperialismo e del sionismo
nell'area.
Qui si è dimostrato come le componenti
cosiddette “democratico occidentali” da sostenitrici della
democrazia siano diventate prime sostenitrici della dittatura
militare, e abbiano condiviso i massacri delle piazze, la
cancellazione del risultato elettorale che aveva visto vincenti i
Fratelli musulmani e la trasformazione del “laicismo” in una
componente della realtà islamofoba, con il ritorno infine sulla
scena e al potere della Chiesa del Vaticano di osservanza copta che,
come in occasione di tutte le dittature militari, si schiera anche
questa volta con questa dittatura militare.
La nuova dittatura militare egiziana
con le sue caratteristiche ora diventa una proposta di soluzione in
tutte le realtà del mondo arabo e i primi a farne le conseguenze
possono essere le masse palestinesi che, con il pretesto di Hamas,
sionisti, imperialisti e militari egiziani possono puntare a
schiacciare.
Queste sono ampie ragioni tutte
visibili, se si guardava oltre le apparenze, per potersi schierare in
questa vicenda, le cui conseguenze non ricadono solo sull'Egitto ma
su tutte le masse arabe e sui popoli del mondo.
Appare del tutto evidente d'altra parte
che la dittatura militare spinge i Fratelli musulmani verso
prospettive algerine, e permette una nuova penetrazione alqaedista in
Egitto e nel mondo arabo in generale che non tarderà a mostrare i
suoi effetti in tutta l'area ma anche in tutto il mondo.
In tutto questo, gli operai egiziani,
le loro organizzazioni sindacali, che pure potevano giocare un ruolo
importante dentro lo scontro in atto in Egitto e caratterizzarlo
anche in termini di classe, sono stati via via ridotti, innanzitutto
dalle stesse direzioni sindacali, al ruolo di spettatori passivi
dello scontro via via che esso ha assunto il carattere della
controrivoluzione. La dittatura militare neo mubarakiana è ora la
peggiore delle soluzioni nei confronti degli interessi della classe
operaia e questo comunque pone le condizioni per un suo ritorno in
campo.
Ma anche in Egitto non è la lotta
sindacale l'arma per difendere gli interessi operai, ma la
costruzione del partito politico della classe che guidi la
rivoluzione di Nuova democrazia, attraendo sia le masse musulmane sia
quelle democratiche. Ma, chiaramente, tutto domanda la necessità di
schierasi ORA senza esitazione contro la dittatura e a sostegno delle
masse musulmane in lotta.
Questo può consentire di contendere ai
Fratelli musulmani la direzione del movimento di lotta antidittatura
e la guida politica delle masse musulmane, solo, però, se il
proletariato egiziano gioca un ruolo di prima fila, scendendo in
piazza, combattendo contro repressione e carri armati.
La dittatura militare egiziana al
servizio dell'imperialismo, principalmente Usa, e del sionismo
israeliano non ha trovato soltanto il silenzio assenso dei governi
imperialisti europei, Italia compresa, ma anche quello infame delle
componenti cosiddette di “sinistra” dell'opposizione a questi
governi, fino alla maggiorparte delle componenti di estrema sinistra
e di stampo troskista o autodefinentesi “comunista”. Alcuni di
questi si sono schierati apertamente inneggiando al movimento che ha
prodotto il colpo di Stato militare, altri lo hanno giustificato o
hanno assunto una posizione equidistante.
Certo ora qualcuno denuncia e vuole
manifestare contro la dittatura ma senza alcuna autocritica per
l'indecente mancanza di schieramento e di denuncia dei primi giorni
caldi e drammatici.
La sinistra democratico parlamentare -
anche se è fuori dal parlamento – i troskisti e la sinistra
comunista a parole ma neo revisionista nei fatti svolgono su questa
importante vicenda un ruolo di copertura dell'imperialismo e un ruolo
di disorientamento nelle fila del movimento che deve essere
denunciato, isolato e combattuto.
Proletari comunisti, sin dai prossimi
giorni nelle fila della classe operaia, delle masse popolari condurrà
una campagna di informazione e controinformazione, a sostegno delle
masse egiziane, musulmane in primis, e di denuncia della dittatura
militare egiziana, dell'imperialismo, del sionismo israeliano, del
governo imperialista italiano.
In questa battaglia sono importanti i
fratelli proletari immigrati egiziani che sono nel nostro paese, la
cui mobilitazione in queste circostanze difficile e anche molto
confuse è indispensabile.
Salutiamo positivamente le
manifestazioni di Milano e di Torino che denunciano con forza ciò
che sta avvenendo realmente in Egitto: “con l'esercito che ha
attaccato brutalmente bambini, uomini e donne, e con i manifestanti
nelle piazze sottoposti al terrore totale degli spari della polizia
nelle strade, dagli elicotteri e con cecchini dagli edifici”.
Proletari comunisti - PCm
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