Dal punto di vista della partecipazione
di massa, il Congresso del nuovo PCN-Maoista ha avuto una partenza entusiasmante.
Molti del previsto sono stati i delegati, militanti, simpatizzanti
e volontari che hanno partecipato alla cerimonia pubblica di
inaugurazione dei lavori. Considerando la capienza masssima stimatsa dell'ampio spiazzo su cui era montato il palco, oltre 10.000 lo hanno riempito per due terzi e, tenendo conto del continuo ricambio di folla durante le oltre 4 ore di interventi, si può
stimare che abbiano partecipato forse anche il doppio.
Quella che invece ha pienamente
corrisposto alle previsioni è stata l'articolata composizione della
gran massa raccolta in piazza: gente da tutto il Nepal, dalle regioni
da dove nel 93 era partito il processo dei 10 anni di guerra
popolare, con una ben evidente presenza delle donne e delle
nazionalità oppresse e lo schieramento ordinato, entusiasta e sempre
presente del contingente delle brigate dei giovani volontari,
responsabili del servizio d'ordine.
Ai lati del grande palco c'erano due
enormi pannelli, visibili anche dal fondo della spianata, dedicati ai
martiri della guerra popolare, con centinaia di volti, con nomi e
date, sovrastati dai ritratti dei classici del comunismo
internazionale. Dietro le sedie dei relatori e dirigenti, un altro
striscione gigante annunciava il 7 congresso.
La serie di interventi e saluti è
stata aperta dal Segretario generale del Partito Ram Bahadur Thapa e
chiusa dal presidente del partito, compagno Kiran. Nel mezzo, tra gli
altri, i canti e le parole delle ricostituite squadre di azione
culturale, l'intervento di un rappresentante della nazionalità
oppressa del Terai, gli interventi, molto ben accolti e tra i più
applauditi dei compagni Matrica Yadav e Moni Thapa, che oggi hanno
annunciato il loro ritorno al Partito dopo che già anni fa avevano
abbandonato con quello di Prachanda e Battarai, denunciandone già
allora la degenerazione, i brevi saluti delle delegazioni
internazionali da Europa e Nordamerica.
Del contenuto dei discorsi, ovviamente
tenuti in nepalese e non disponibili in forma scritta, non possiamo
riferire molto se non poche battute riassuntive che il compagno
incaricato dell'accoglienza ci ha tradotto sommariamente. Ha preso
molti appunti e più tardi terremo una riunione in cui cercherà di
ricostruire per noi i contenuti del dibattito di oggi. Riportiamo qui solo pochi flash.
I due maggiori dirigenti hanno spiegato
i vari passaggi della relazione che sarà discussa nella parte non
pubblica del congresso. Lo hanno fatto in forma semplificata,
rinunciando a slogan e terminologia rigorosa, spiegando che quello
per cui il partito lotta e va discutere come ottenere è un “sistema
politico nepalese”: un sistema e un potere nelle mani del popolo
nepalese, che dia risposte alle sue esigenze e difenda l'indipendenza
della nazione. Per fare questo occorrono tre cambiamenti: cambiare il
partito e noi stessi, cambiare l'assetto di trattati ineguali e la
dipendenza dall'India, cambiare e rendere attuale il programma della
rivoluzione. Cambiare tutto ciò resta una sfida difficile, ma
possibile da vincere.
Nelle esibizioni delle squadre
culturali è risuonato l'interrogativo: dove è finito? Dove è
finito tutto il sacrificio, l'entusiasmo, la crescita e le conquiste
plasmate dagli anni della guerra popolare? L'intervento del
rappresentante del popolo del Terai ha portato la riflessione che in
passato le singole minoranze si sono impadronite del diritto
all'autodeterminazione proclamato dal Partito per fomentare
particolarismo e separatismo, anche su questo occorre cambiare.
I pungenti e, come già detto,
applauditissimi interventi di Yadav e Moni Thapa hanno espresso
appello all'unità: “siete finalmente pronti ad accettare il mio
saluto?”, “io oggi sono pronto a andare insieme a voi”; la
ricostruzione circostanziata di alcuni episodi e passaggi salienti
del cambio di natura della e tradimento di Prachanda e Battarai;
alcune indicazioni critiche “per riprendere la via rivoluzionaria
occorre concentrarsi sui dirigenti perché cambino il loro stile di
vita e di lavoro” “senza ripresa dell'attività militare, non c'è
ripresa della rivoluzione”.
Il congresso continua i suoi
lavori con le sessioni a porte chiuse.
Il rappresentante del Partito Comunista maoista -Italia è ammesso a partecipare e a intervenire anche nella parte a porte chiuse.
Daremo conto del nostro intervento nel blog di domani.
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