Global Forum, corte d’Appello
di Napoli dichiara prescritti reati per dieci poliziotti
Il processo si riferisce ai fatti denunciati da
esponenti dei movimenti no-global e da cittadini all'interno della caserma
della polizia "Raniero" dove furono condotti manifestanti per essere
identificati dopo gli scontri con la polizia. "Un’altra triste pagina per
democrazia” scrive il sindaco di Napoli Luigi de Magistris su Twitter
Nessuna
condanna. La Corte d’Appello di Napoli ha stabilito che i reati
contestati a dieci poliziotti accusati di abusi e pestaggi nei
confronti dei partecipanti della manifestazione contro il ‘Global Forum‘
svoltosi a Napoli nel marzo del 2001, sono prescritti. Il processo si riferisce
ai fatti denunciati da esponenti dei movimenti no-global e da cittadini
all’interno della caserma della polizia “Raniero” dove furono condotti
manifestanti per essere identificati dopo gli scontri con la polizia nel
tentativo di superare la ‘zona rossa’.
In primo
grado agenti e due funzionari furono condannati dalla
quinta sezione anche per il reato di sequestro di persona. Già in primo
grado erano state dichiarate prescritte le ipotesi di reato di violenza
privata, lesioni, abuso d’ufficio e falso. Per la procura di Napoli, gli 85
manifestanti che furono portati alla ‘Raniero’ furono picchiati e ‘tenuti
segregati’; Riesame e Cassazione avevano annullato l’ordinanza per tale ipotesi
di reato. Quando nel 2001 gli agenti della Squadra mobile si presentarono dai
colleghi per notificare loro le ordinanze di custodia cautelare, i poliziotti
presenti in questura attuarono una catena umana intorno l’edificio di via
Medina, per impedire gli arresti.
Il 17 marzo
di quell’anno ci furono scontri violenti perché il corteo dei movimenti
no-global intendeva violare la zona rossa a ridosso di palazzo reale dove si
svolgeva il Global forum. La rete No global presento’ un libro bianco sui
pestaggi, raccogliendo le testimonianze dei ragazzi della ‘Raniero’. Pero’ ad
accusare i poliziotti, nel corso del tempo, sono rimasti in pochi. Il reato di
sequestro di persona era l’unico non ancora prescritto. ”Prescrizione
pestaggi e abusi in caserma Raniero di Napoli (Global Forum 2001). Un’altra
triste pagina per democrazia”. Così il sindaco di Napoli Luigi de Magistris
su Twitter.
C’è un
settore della spesa pubblica che va a gonfie vele e purtroppo non è la scuola,
non è la sanità. In contro-tendenza con tutti gli altri comparti, quello della Difesa
nel 2012 ha subito meno tagli e ha ricevuto più fondi, forte di un doppio
trattamento di favore che è proseguito fino all’ultimo, con una serie di colpi
di coda che fanno discutere. L’ultimo si è consumato il 28 dicembre scorso
con la proroga – quasi in sordina e a governo ormai dimissionato – delle missioni
internazionali. Un provvedimento di solito accompagnato da forti tensioni e
polemiche ma passato stavolta sotto silenzio, nonostante si portasse in pancia
un vero e proprio giallo sui numeri. A prima vista il decreto sembra infatti
ridurre la spesa rispetto al passato. Il budget messo sul tavolo dal governo è
stato infatti pari a 935 milioni, inferiore di mezzo miliardo rispetto a quello
del 2012. Il testo pubblicato in Gazzetta, però, indica che la copertura
finanziaria alle operazioni militari è relativa soltanto ai primi nove mesi
dell’anno, cioè fino al 30 settembre 2013. Insomma, alla fine dei conti il risparmio
potrebbe essere solo sulla carta, un taglio col trucco. Un epilogo molto
simile a quello dei tagli generali alla spesa strutturata del comparto difesa,
anch’essi oggetto di fortissime polemiche, sia in Parlamento che fuori. Quelli
di Tremonti prima e la spending review poi, si sa, sono stati “congelati”
temporaneamente in vista della riforma dell’intero comparto. Quella che il generale
Di Paola ha scritto per un anno e la Camera ha votato (distrattamente) il
12 dicembre, mentre fuori da Montecitorio le associazioni per il disarmo e i
radicali protestavano inascoltati. Contestavano al governo metodo e merito: gli
eventuali risparmi che si otterranno da questa operazione, sbandierata come una
rivoluzione epocale, non torneranno affatto alle casse dello Stato, non
contribuiranno per nulla al risanamento del debito pubblico o a garantire più
servizi ai cittadini. Quelle risorse, a differenza dei tagli degli altri
settori, resteranno a disposizione della Difesa e saranno impiegate per
finanziare l’acquisto di nuovi sistemi d’arma, compresi i contestatissimi F35
che costeranno 15 miliardi di euro. La loro riduzione, urlata a gran
voce e da più parti, si è fermata a 41 esemplari. Di novanta, a quanto pare,
non si poteva proprio fare a meno. Dunque anche a questo servirà la riduzione
di 43mila unità, il 25% del personale civile e militare attualmente impiegato
nella difesa. Idem per i frutti, molto incerti, del fantomatico piano di
vendita del 30% delle caserme che dovrebbe andare a compimento in cinque
anni. Quello che si profila, stanti questi fondamentali, è un’escalation di
investimenti nel-l’industria bellica nei prossimi 10-15 anni. Sulla cui
assoluta necessità per il nostro Paese si dibatte da tempo. Qualcuno, e non è
la prima volta, sta mettendo in dubbio anche le reali “performance” delle
nostre industrie. Le associazioni pacifiste, ad esempio, hanno confrontato i
dati sull’export dichiarati nella relazione al Parlamento e quelli contenuti
nel Rapporto annuale dell’Unione Europea. E hanno scoperto una curiosa incoerenza
tra i numeri: nel 2011 l’Italia avrebbe esportato armi e sistemi di difesa per
2,6 miliardi, per la Ue “appena” uno. Delle due l’una, o i dati sono ampiamente
inattendibili o i ritorni degli investimenti militari non sono poi così certi,
come ostentato da un governo che ha continuato a indossare l’elmetto. Materia
di riflessione per la nuova legislatura. E infine ecco un altro colpo di coda,
stavolta assestato dalla casta con le stellette: l’ausiliaria per
generali e ammiragli in congedo, una sorta di indennità di chiamata, nel 2013
salirà del 21%, con un costo aggiuntivo per i contribuenti civili di 74 milioni
di euro.
da Il Fatto
Quotidiano del 9 gennaio 2013
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