da http://www.italy.indymedia.org/node/1180
DELLA SERIE: IL 15 NON DEVE SUCCEDERE NULLA CHE POSSA INCRINARE LA SFILATA PRE-ELETTORALE DI UNITI PER L'ALTERNATIVA.
NOI SIAMO I BUONI CHIUNQUE TURBI LA PACE SOCIALE O ANCHE SOLO INSIDI LA NOSTRA EGEMONIA E' UN CATTIVO E BAMBAM CASCATE ( do you remeber Manuel DeSantis - ESC 14 dicembre) O BOTTIGLIATE ( do you remeber mayday milano )
Il 15 ottobre a Roma, con uno dei pullman che arriveranno da tutta Italia, tornerà in piazza. Ma Luca Casarini ci tiene a dire: «Sono uno dei tanti, in questo movimento senza leader che vive in rete. Si vanno superando le figure del passato e io mi metto fra queste». C’è una cosa che si chiama “Uniti per l’alternativa” di cui Casarini fa parte insieme a Luigi De Magistris, a Maurizio Landini.
Seattle, Genova 2001. Gli indignati del 2011. Come è cambiato Casarini, di cui le cronache recenti dei giornali riportano un romanzo uscito per Mondadori e l’apertura della Partita Iva?
«Sono sempre la pecora nera per i giornali, è evidente. A parte questo Casarini è in battaglia, non faccio il parlamentare, sto nei movimenti, come è nella mia natura. E per lavorare ho aperto la partita Iva, sono uno delle cosiddette partite Iva di seconda generazione, insieme ad altri due abbiamo creato una piattaforma di coworking».
Roma, 15 ottobre, protesta o proposta?
«Sono due cose che stanno insieme, viviamo un tempo in cui bisogna riconquistare la democrazia. Ribellarsi, indignarsi, disobbedire, come avrei detto 10 anni fa, è la precondizione per proporre. Io sono cresciuto in un mondo in cui il matrimonio fra capitalismo e democrazia era dato per scontato. Ora assistiamo al divorzio fra democrazia e capitalismo, alla dittatura finanziaria. La proposta è una società che si rimette in moto per ricostruire una dimensione democratica».
Ma l’attenzione mediatica è sull’ordine pubblico.
«È sempre stato così, c’è un rapporto stretto tra tumulto e tensioni sociali. L’importante è capire verso cosa si va. Verso la guerra fra poveri, verso una giungla di individualismi esasperati, oppure verso la conquista di una nuova società? Si fanno i conti con poteri che non vogliono ascoltare. Lo denuncia anche Obama, che pensava di cambiare Wall Street e si è reso conto che prima bisogna cambiare Washington. E in Italia, altro che tende in Bankitalia, c’è una cricca che ha occupato palazzo Chigi».
Protesta non violenta?
«Io parlerei di protesta pacifica ma negli Usa le proteste sono state pacifiche eppure ci sono stati 500 arresti. In Cile, il paese dove i Chigago Boys hanno sperimentato il neocapitalismo, c’è un movimento possente, eppure c’è stato un morto. Grecia, Spagna, Tottenham. Ci sono tante ribellioni. A me interessa che si parli al Paese, come si costruisce la condivisione, il consenso, come i movimenti si rivolgono alla società, che non si isolino».
Il modello è quello dei referendum?
«L’alternativa si costruisce con milioni di persone, non con centomila. Le famiglie e gli operai fanno i conti con l’aumento della povertà, anche il Papa parla dei precari. Il motore sono le condizioni materiali di vita. Sono state le parrocchie a mobilitarsi per l’acqua bene comune, altrimenti non ci sarebbero stati 27 milioni di voti».
La differenza con il G8 di 10 anni fa?
«A Genova si chiuse un’era. Oggi i movimenti sono consapevoli che il grande vuoto della politica è determinato dal fatto che non c’è spazio, chiunque sia al governo. Se il welfare viene tagliato, sulla base della lettera della Bce, fa poca differenza se a tagliare è Berlusconi o Enrico Letta».
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